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Recensione Diego Cugia

Diego Cugia

Intervista

E' stato l'anno del trionfo del “reality show”. In “No” lei mette in scena l'ultima frontiera di questo genere tv. Ma è davvero così pericoloso?

“Pericoloso è indulgere a fare i guardoni, cioè fare finta di vivere succhiando la vita degli altri, oltretutto falsa, perchè indotta come quella dei criceti in gabbia, ma che appare vera perchè la vedi in tv. Pericoloso è copiare questi format stranieri, senza lo sforzo di avere idee nostre, senza il coraggio di rischiare qualche punto di share in meno, per una sfida nuova, un'idea diversa di spettacolo. Criminale infine, è dare tutta questa importanza all'audience che oggi è sinonimo di “bello”. Quando è solo somma di numeri. E far credere che sia equivalente di “democrazia”, mentre è solo dittatura, del mediocre e del facile, perchè non si ha mestiere sufficiente a farsi concorrenza su un livello un poco superiore.”

Cosa vorrebbe fare in tv oggi? E come pensa di trasformare “NO” per il cinema?

“Vorrei che mi avessero chiesto di rifare Alcatraz. Magari per rispondere di “NO”. Mi sembra pazzesco che una piccola trasmissione, che ha fatto battere il cuore, riflettere, appassionare e anche arrabbiare un milione e mezzo di giovani, sia finita come se non fosse accaduto nulla. Che terribile errore. Erano giovani che si rifiutano di guardare la tv o di ascoltare la solita minestrina dei dee-jay. La Rai li ha vinti e ripersi in una mano sola. Come diceva Nanni Moretti, “facciamoci del male”. Per quanto riguarda “NO” ho appena finito la sceneggiatura. Lo produrrà Rai-Cinema con i suoi alleati internazionali. Spero che ci sia qualcuno al mondo disposto ancora a dire “NO”. Cioè sì: a una grande storia d'amore e rabbia nell'Italia di oggi, perchè non diventi quella di domani”.

Lei è stato autore di Celentano, quest'anno non l'ha più chiamata, come mai?

“Quando Celentano mi chiamò non ebbi il minimo dubbio perchè è un grande artista, punto. Ed erano anni che mancava dalla tv. Un successo annunciato, ovvio. Ma chi, allora, avrebbe potuto dire con certezza che i nostri figli avrebbero amato così tanto quello che ai loro padri faceva ballare i primi rock? La sfida era questa. Ad Adriano ho dato mille ideee. Lui ne ha scelte cinque. Ha fatto benissimo a non chiamarmi. Gli avrei riproposto le altre 995.”

C'è chi dice no, cantava Vasco Rossi. A che cosa lei dice no?

“No a quelli che si sono rifatti tutto e continuano a rifarsi: tette, macchine, telefonini e tessere di partito. No ia Rifatti, che stanno invadendo tutto, occupando tutto, e insegnano ai figli una cosa sopra ogni altra: “Fregali tu per primo”. No all'unico “valore” dei Rifatti: essere più furbi di te. E fotterti. Sì – non gridato – ad un'Italia in cui si smetta di parlare solo di soldi e di successo, e si ritorni finalmente a parlare di noi e della nostra storia. Sì – non gridato – alla lealtà, alla coerenza, alla passione, al senso dello Stato, al rispetto dei diversi, degli oppressi, della propria patria e di quela altrui. No, con sana rabbia, a chi usa tutti i mezzi per sedurti, sia che voglia venderti uno spazzolino, sia che voglia incassare il tuo voto. Se non c'è un'etica bisogna farla. Mi diverto a “Striscia la notizia”, ma se diventassero ministri non mi farebbero più ridere.”

Raffaella Silipo – LA STAMPA – 11/03/2001


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