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Recensione Ugo Riccarelli

Ugo Riccarelli

L'angelo di Coppi

In sella alla sua lucida bici da corsa Fausto Coppi si vede superato, su una strada di campagna, da un ragazzo che pedala sopra una bicicletta vecchia e pesante. Ma è un giovane in carne e ossa colui che scorazza per quelle colline fitte di nebbia o un fantasma partorito dall’immaginazione allucinata, forse già febbricitante, del “campionissimo”? E chi era mai Guy Moll, misterioso pilota che con la sua audacia gelò il cuore di un Enzo Ferrari ancora giovane in un’epoca di eroi, quando i motori erano “sculture nere” che avevano il compito di scagliare nel vento certe ruote “enormi e dure come il marmo”? Ed è veramente esistito, nella realtà, o è esistito solo in una pagina di Jorge Luis Borges, o neppure là, un cronista sportivo chiamato Luvanor Cruz, inviato da “El Grafico” di Buenos Aires nella lontana città di Torino per scoprire, nella dimessa architettura del vecchio stadio Filadelfia e nell’andirivieni di undici maglie granata, il segreto dell’invincibilità? Questi racconti di Ugo Ricciarelli, ispirati al mondo dello sport e alle imprese, alla gloria, alle miserie dei campioni, sono, come è facile capire, qualcosa d’altro. Sono un magnifico modo per raccontare la grandezza e la debolezza degli uomini, rappresentano sogni ed ossessioni e un’intensità di grado massimo, quella che si può produrre solo nei frangenti estremi della vita, quando non si tratta di amministrare la routine, le banalità quotidiane, ma di confrontarsi con la speranza della vittoria o il fantasma della sconfitta. E questo sia che Ricciarelli racconti le iniziali disgrazie, poi lo splendore e infine la rovina di Manuel Francisco dos Santos, detto Garrincha, ex bambino della favela di Pau Grande, ex poliomielitico, poi indimenticabile ala del Brasile di Pelè, sia che ricordi la vera storia di Fuga per la vittoria, la partita veramente giocata tra un gruppo di calciatori reclusi in campo di concentramento e la grande Flakelf delle Forze Armate tedesche, sia che immagini lo scontro tra la squadra di Ostia e quella del Caos, che ha il suo allenatore e giocatore in campo nella persona di Pier Paolo Pasolini , incaricato di tirare il rigore decisivo contro un portiere chiamato Riccetto. Sono racconti che commuovono, che tangibilmente ci fanno sentire il boato della folla e la tensione prima della competizione, la grandezza di una finta, di una pedalata, di una controsterzata, il cuore in gola prima di tirare un calcio di rigore o di pronunciare una parola d’amore.

Gianpaolo Mazza (gianpaolo.mazza@virgilio.it)

Di gianpaolo.mazza

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