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Recensione Elvira Seminara

Elvira Seminara

L'indecenza

Elvira Seminara L'indecenza
Elvira Seminara L'indecenza

 Ci sono romanzi che, girata l’ultima pagina, riescono a folgorare il lettore e a lasciarlo avvinghiato alla storia e ai personaggi anche dopo la conclusione della lettura. Il romanzo d’esordio di Elvira Seminara, docente di Storia e tecnica del giornalismo nella facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Catania, nonché redattrice del quotidiano “La Sicilia”, è uno di questi. Un romanzo pregevole, che ben figurerebbe tra quelli finalisti nei principali premi letterari nazionali e che ha vinto l'edizione 2008 del prestigioso Premio Letterario Internazionale “Nino Martoglio” (sezione “opera prima”). Il titolo è “L’indecenza”, edito da Mondadori (pag. 181, € 17).

Una coppia siciliana che abita in una bellissima villa, circondata da un rigoglioso giardino, è in crisi per via di un trauma difficile da superare. Lei, la moglie, che è la voce narrante, è in preda a una serpeggiante forma di esaurimento nervoso. Ma l’arrivo in famiglia di una nuova colf, la bella e giovane ucraina Ludmila, pare disegnare nuovi equilibri all’interno del ristretto nucleo familiare. Ma è solo apparenza. La storia, bellissima e terribile, si dipana sul gioco di sottili meccanismi psicologici, in un’ambientazione perfettamente elaborata dalla scrittura avvolgente e ipnotica della Seminara.




Elvira Seminara, chi è Ludmila?


Ludmila, forse, é l’Altro da noi. Il perturbante. La seduzione e la paura. Ma è anche lo straniero che accogliamo in casa bisognosi e diffidenti, cui deleghiamo l’enorme responsabilità dei nostri affetti, la cura dei bimbi e degli anziani. E’ in questo fatale ossimoro, il massimo dell’estraneità nel massimo dell’intimità, che si nasconde e nutre il legame, il mistero, l’insidia. O la trappola, in questo caso.


Sul piano narrativo il ruolo di Ludmi non è legato alla sua identità di “colf”, di “straniera” o di “ucraina”, nel senso che il turbine emotivo ci sarebbe stato anche se lei fosse stata un’ospite inglese capitata per lavoro o per caso fra i due. Lei è Ludmi è basta, è l’unica ad avere un nome. Gli altri non si chiamano mai.




L’ingresso di Ludmila nella famiglia siciliana segna anche l’incontro tra due mondi lontani…


È vero. Nella mia storia, essendo Ludmi ucraina, si scatena anche il conflitto emotivo-esistenziale fra i due mondi, un Occidente sazio e annoiato e un Oriente “adolescenziale”, smarrito e affamato di consumi, emozioni. La ragazza è la più forte, ha il potere della giovinezza, esprime un eros dimenticato dalla coppia, ma sarà lei a essere divorata, cannibalizzata, da quella casa.




Il romanzo affronta il tema della difficoltà a comunicare e, nella fattispecie, quello della crisi delle coppie che non riescono ad avere figli…


In un’Italia sempre più sterile e invecchiata, incapace di riprodursi in ogni senso, Ludmi col suo fulgore macchiato, la sua innocenza pericolante è forse anche una metafora.


Con lei esplode il difetto di comunicazione che già corrode quella casa. La donna non sa come chiamarla, lui glielo scrive sul foglio, lei sbaglia, poi contrae il nome per comodità: Ludmi. E la ragazza usa parole del ‘52, sbanda fra lessico e intonazioni, inciampa nell’”incedenza” (incedere, incidente, indecente…).




Che rapporto ha Elvira Seminara con la sua scrittura?


Scrivo di getto, in modo vorace e predatorio, e questo romanzo l’ho scritto in tre mesi, in un’estate…
Sono tornata, dopo, solo sulle pagine “fredde”, quelle invernali, perchè per “girarle” dovevo toccare l’inverno.


È corretto affermare che “L’indecenza” è, in fondo, un romanzo sulla decadenza?


Sì. È un romanzo sulla decadenza. Una storia di dissolvimento, di decomposizione, sfaldamento. Cento giorni. Dove si sgretola tutto, i protagonisti, la casa, le relazioni, la natura. Una lenta e oscura cremazione.


Massimo Maugeri


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