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Quattro mele annurche

Mi è stato presentato alla libreria Meroni di Como come un piccolo capolavoro e sono perfettamente d'accordo, è davvero un gioiello di contenuti e di stile. L’autrice è italiana, si è laureata in germanistica e vive nel Canton Ticino; a mio parere, il suo stile narrativo, così rigoroso, è stato condizionato dallo studio della lingua tedesca.

Il titolo ricorda il peccato di Eva quando coglie la mela nel Paradiso Terrestre, simbolo di conoscenza e libertà. Come scrive l’autrice

"Mele.
Prime ad apparire sulla terra furono quelle annurche.
Almeno così si dice."

A mio parere, si riferisce anche alle figure femminili importanti del libro che danno vita e luce alla storia, ognuna a suo modo.
Il libro si articola in quattro sezioni - la scorza, la polpa, il picciolo e il seme – perché vuole suggerire un percorso, una direzione di approfondimento dall’esterno verso il cuore delle cose; un’evoluzione dell’interiorità umana che si affina durante la vita.
Breve ma intenso, tratteggia con sorridente indulgenza il carattere dei personaggi principali, soffermandosi sulla loro passione culinaria e solleticando i sensi del lettore. La voce narrante descrive la sua infanzia gioiosa in cui assisteva e aiutava i genitori nella preparazione di conserve e pietanze squisite; dove olio, pomodori e spezie erano trattati come gioielli e il loro gusto era assaporato con rispetto ed entusiasmo. I momenti dedicati ai pasti erano occasioni di incontro e direi di comunione, sottolineati dalla lettura di poesie. Poi il lettore viene catapultato in una realtà inaspettata che lo lascia senza fiato; e capisce che questo affresco di vita famigliare cantato con la voce del cuore scandisce i suoi ritmi solo nei fine settimana mentre gli altri giorni appaiono come spazi temporali irrilevanti, inesistenti, ignorati. Purtroppo, i momenti radiosi finiranno e la protagonista dovrà abituarsi a una realtà diversa, di solitudine e amarezza. L’autrice descrive magistralmente il dolore in tutte le sue sfumature e il lento percorso che porta alla guarigione e all’equilibrio. Riporto alcuni brani:
"Era bella, mia nonna. Il suo naso minuto e dritto, gli occhi verdi e vellutati come le foglie di salvia, la bocca rossa e tonda mi sorpresero sempre portandomi oltre ogni ruga. Nel suo adamantino chiarore trovai spesso la consolazione, il conforto e la pazienza."
“Mio padre le si avvicinò con passo leggero, rispettoso del terreno che andava calpestando. Un passo che non gli capitò mai più di avere. Gli sembrò che quella donna fosse già stata sua e provò una felicità mista a leggerezza, una sensazione che spesso si prova quando si ritrova qualcosa di caro che si credeva irrimediabilmente perso per sempre.”
"Scoprirono che ad entrambi piaceva masticare le foglie di tarassaco e quelle, filiformi, del finocchio selvatico. Si accorsero di affettare il pane nello stesso modo, tagliando dapprima le pagnotte in quattro parti e ricavando, da ciascuno di essi, delle fette né troppo sottili né troppo spesse. Non solo, scoprirono pure che non avevano mai comprato pane dal fornaio. Una mattina sì e una mattina no si alzavano alle cinque per impastare quello che spuntava dalle loro mani."

Da leggere e rileggere come una poesia.

Di MCF

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