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Recensione Reinaldo Arenas Prima che sia notte
Reinaldo Arenas Prima che sia notte
Amore. Erotismo. Rivoluzione. Reazione. Ribellione.
Saviano lo ha annoverato fra i grandi testi che ci ricordano quanto sia pericolosa la parola, quanto faccia paura a chi vuole comandare su tutto e tutti e avere il controllo. Perché la parola sfugge ad ogni controllo, la parola racconta, rende reali le cose di cui si fa delatrice, avvicina il lettore al dramma della rivoluzione e della dittatura, le parole passano attraverso le sbarre e trovano sempre un modo di fuggire.
Ma quello di cui vorrei parlare, a proposito dell'autobiografia di Reinaldo Arenas, non è tanto il suo significato politico e sociale, nonostante non si possa prescindere dal contesto nel quale Arenas ha vissuto, che ha condizionato tutta la sua vita e la sua opera letteraria e che gli ha fatto scrivere, a proposito della sua generazione, che quella era ormai perduta, perché la giovinezza l'aveva vissuta tra canti comunisti e marce forzate, fra educazione e rieducazione, fra tentativi più o meno riusciti di svilire, umiliare, distruggere la scintilla, la bellezza che era in loro e che li faceva vivere, che li faceva muovere e respirare, che li spingeva a fare l'amore in mare, dove si respirava la libertà. Quello di cui vorrei parlare a proposito di Prima che sia notte è la fortissima carica erotica che attraversa tutta l'opera e che ha fatto storcere più di un naso e ha lasciato in molti il ricordo sbiadito di un'autobiografia con montagne di sesso. Il sesso, l'erotismo di cui Arenas si nutriva era qualcosa di sublime, una ricerca perfetta della bellezza, del piacere soave che dà la conquista consumata in segreto, in libertà, che dietro le sbarre diviene squallida ma che fa da motore alla sua narrazione, alla sua stessa voglia di libertà. Nella libertà, ritrovare la macchina da scrivere e scrivere contro il regime, ma anche amare appassionatamente, anche uomini da una notte appena, e con l'energia di quegli amori comporre poemi e opere immortali. Lo stesso Arenas lo ammette in questo lungo e sofferto racconto di una vita: l'amore fisico, consumato senza sosta e senso di colpa lo aiutava a scrivere, lo ispirava, lo rendeva capace di percepire e catturare la bellezza, quest'energia informe e magnifica che si raggiunge con fatica e si smarrisce con facilità.
Non solo la denuncia, ma la ricerca della bellezza e, sì, della bellezza erotica in Arenas diviene strumento di denuncia, di opposizione al regime, di rivoluzione: è lo spazio libero nel quale esprimersi, nel quale annegare, è la dimensione sublime nella quale perdersi e sentirsi se stessi in completezza e pienezza. Una bellezza ricercata, curata, non piegata alla necessità o allo svilimento del prurito, negata a se stesso in carcere, dove non poteva sopravvivere intatta e pura, e che gli fa rimpiangere più di qualsiasi altra cosa il mondo fuori dalle sbarre e dalle catene della sua isola.
La bellezza è l'arma ultima contro il regime, è l'arma contro cui il regime non ha proiettili efficaci né raggi infrarossi abbastanza sensibili, né mura abbastanza alte.
"La bellezza per la bellezza è pericolosa per ogni dittatura, perché essa implica un ambito che va oltre i limiti che la dittatura assegna agli esseri umani; il suo territorio sfugge al controllo della polizia di regime che non può, pertanto, regnarvi. Per questo irrita i dittatori che vorrebbero distruggerla in qualsiasi modo. La bellezza, in un sistema dittatoriale, è sempre dissidente, perché le dittature sono di per sé antiestetiche, grottesche. Praticare la bellezza è per i dittatori e i lodo scagnozzi un atteggiamento reazionario."
[Reinaldo Arenas]
Di Hellionor
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