L'inizio del nuovo millennio coincide con l'espansione della galassia di pratiche e studi psicologici: sempre meno psicanalisi, sempre pi indirizzi psicoterapeutici. E le neuroscienze, pur avendo conosciuto un incredibile sviluppo, continuano a adottare un atteggiamento funzionalista che si rivela inefficace nell'affrontare il disagio esistenziale e psicologico, mai come oggi cos diffuso e capillare. Si avverte la necessit di una nuova epistemologia che si configuri come scienza degli stati interiori, capace di affrontare la domanda a cui le neuroscienze non rispondono - che cos' la mente? - e organizzare un intervento terapeutico che soddisfi il radicale bisogno di senso sperimentato da ogni paziente psicanalitico. Questa nuova epistemologia, in realt antichissima, si fonda sulla coscienza, intesa come sensazione di essere e della continuit di essere. Irriflessa, persistente, priva di relazioni, questa sensazione non abbisogna di memoria: svanite le identificazioni individuali, accantonati i particolarismi che di ciascuno di noi costituiscono il vissuto personale, rimane un sentire che non nasce, non muta, non muore. In questa prospettiva di superamento dell'io si individua un percorso terapeutico sismico, che, dopo il franamento degli strati geologici rappresentati dalle peculiarit psichiche, passa attraverso l'istante in cui la coscienza esperisce il proprio autoriconoscimento e dunque la ricomposizione di ogni frattura, di ogni dualit: di ogni trauma. |