Unamuno plasma come argilla la storia di Caino e Abele - scrive Alessandro Rivali nella Prefazione -, mischiando i loro lineamenti e interrogandosi sulle zone lasciate in ombra dalla scarna e cos potente narrazione biblica. Chi era davvero Abele? Chi Caino? Lo scrittore spagnolo indaga il tarlo che spolp le esistenze dei due fratelli, che chiuse anzitempo gli occhi all'uno, che marchi la vita dell'altro, costretto a un'esistenza di deserti e solitudini: sempre in fuga, bruciato dall'esilio, senza la possibilit di relazioni autentiche. I fratelli divisi: un tarlo che ha interrogato classici vicini e lontani, da Eteocle e Polinice fino al partigiano Kyra e al suo fratello maggiore, ufficiale fascista, raccontati da Beppe Fenoglio nell'epopea del Partigiano Johnny. Lo sguardo di Unamuno di ossidiana, nero e lucente. Vuole comprendere il male, l'origine della discordia e, quindi, la natura dell'invidia. Ecco allora rinascere il dramma dei due amici fraterni, Abele Snchez e Joaquin Monegro, in un'ipotetica Spagna di primo Novecento. Abele Snchez l'"eletto". Il primo della classe, distante quanto antipatico nella sua perfezione, lontano dal pastore in qualche modo zuccheroso del nostro immaginario. Abele un pittore di talento. "ambizioso di fama, di gloria, di notoriet". Crea personaggi cos intensi che sembrano veri. Come nell'antichit l'uva dipinta da Zeusi che ingannava gli uccelli che scendevano a lacerare le sue tele. Con la sua arte, Abele sembra capace di risuscitare i morti, di farli uscire dall'intelaiatura delle cornici. Abele bello, ma non buono. Soffia la vita nei quadri, ma non ha specchi per esaminare la propria anima. un narciso senza rimedio. Gli altri uomini per lui sono comparse sbiadite, scalini da superare. Le donne, poi, trofei da collezione. Almeno fino all'incontro con la bellissima e sfuggente Elena, che lo porter a un tragico lento destino.... |