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Dal gioco alla realt
------------------- Ormai non sono pochi i romanzi che ho letto di questo autore, opere che, per la loro struttura, possono apparire storiche, biografiche e di pura creativit, senza che tuttavia sia possibile identificare esattamente ognuno di questi tre aspetti, essendo fusi, compenetrati luno allaltro in modo del tutto perfetto. Eppure, le vicende istriane, le descrizioni di questo territorio ai margini orientali del confine italiano appaiono sempre in una luce viva, propria di chi l ha vissuto per poi preferire espatriare, con impressa tuttavia una nostalgia che di volta in volta si fa malinconia e addirittura dolore. Questo terzo romanzo di Tomizza ovviamente ambientato in Istria e si svolge nel corso della seconda guerra mondiale, allincirca dai giorni immediatamente antecedenti l8 settembre 1943 fino alla fuga dei tedeschi, incalzati dallavanzata degli alleati e dei partigiani titini. E un periodo insolito, perch agli inizi la guerra ancora lontana, per poi apparire improvvisamente e sconvolgere un microcosmo di gente che ha sempre vissuto in unimmobilit temporale, proprio della civilt contadina, pur nellavvicendarsi di dominatori. E per quanto le etnie siano cos diverse, resistono in un equilibrio, per quanto fragile, ma cementato dal comune destino, dal ricorso a un plurilinguismo, da un reciproco rispetto di cui si perder la memoria con lavvento del regime del maresciallo Tito. Di questuomo nel libro si accenna appena, presente, ma pur lontano, una novit di cui si avvertono forse i pericoli, ma che in quel periodo solo una lontana eco, perch ci che veramente preoccupa loccupazione tedesca e con essa il volto tragico e disumano di un conflitto bellico di cui in precedenza cera stato solo un vago sentore e magari qualche segno doloroso, come il ritorno di un reduce privo di entrambe le gambe. In questo contesto i ragazzini giocano alla guerra, quasi temono di non prendervi parte, tanto lontano il rombo dei cannoni, ma poi lorrore arriver a toccare anche quei luoghi, romper fili intessuti da uomini che avevano trovato nella loro diversit un motivo per convivere in pace. E dopo non sar tutto pi come prima, si spezzer un incantesimo e la protervia e la ferocia delloccupante tedesco martorier quelle genti, troncher quellimmobilit sopravvissuta ad altre guerre, invariata nei secoli, determinando gli inizi della fine della civilt contadina. E strano come, al riguardo, anche nei romanzi di un altro grande scrittore, Ferdinando Camon, sia il tallone germanico a recidere radici, a scuotere alle fondamenta una comune esperienza di vita che aveva resistito inossidabile fin da epoche remote. E se la chiave di lettura di La quinta stagione pu essere molteplice (romanzo di formazione, per quanto la guerra non abbia nulla di formativo, storia di una comunit, che poi non sarebbe mai stata pi quella, valore dellamicizia, un affratellamento che fa maturare) non occorre dimenticare la bellezza delle descrizioni, la semplicit di riti primordiali quali il corteggiamento contrapposta alla solennit di una natura che per dare pretende tutto, la crudele tensione di un conflitto e alcune pagine che raggiungono, sempre senza enfasi, vette sublimi. Tomizza ancora una volta riuscito gradualmente a trasmettermi visioni e sensazioni a cui impossibile resistere e giunti allultima pagina ci si accorge che questo territorio lontano ora assai pi vicino, impresso com dentro la memoria. La lettura indubbiamente raccomandata. Renzo.Montagnoli
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