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Lattesa Dino Buzzati, giornalista e scrittore, nei suoi romanzi fugge dalla realt per fornirci una visione onirica della stessa, entrando a far parte, con pieno merito, della elite degli autori del genere fantastico. Il ricorso alla metafora per esprimersi raggiunge in lui vette eccelse e del resto la sua opera pi celebre, Il deserto dei tartari, cosa se non una metafora della vita degli uomini, sempre in attesa di un evento che non sanno nemmeno immaginare e che finir con il concretizzarsi sempre nella morte? E ci che accade al tenente Giovanni Drogo, protagonista di una vita che potremmo definire anche non vita e che arriva come sua prima destinazione alla Fortezza Bastiani, lestremo avamposto dellimpero, oltre il quale si stende una landa deserta, del tutto inanimata. In un lontano passato l correvano a briglia sciolta i tartari, durante le loro incursioni, ma ora non c che silenzio e invano tutta la guarnigione attende di veder comparire un ipotetico nemico, in uno scorrere monotono del tempo che finisce con il segregare i militari, per renderli prigionieri di se stessi, come giocatori accaniti di carte sempre fiduciosi nel colpo della loro vita. Bench Drogo arrivi alla fortezza convinto di restarvi per poco, piano piano viene ammaliato da quellatmosfera di tempo sospeso e, se da un lato, ci sono i buoni motivi per essere destinato altrove, dallaltro pi pressanti, pi forti sono le inconsce ragioni per rimanere. In una vita in cui tutto ripetitivo e regolato dalla struttura militare il giovane tenente si assopisce nel sogno di una prossima calata dei tartari, in battaglie in cui coprirsi di gloria, vivendo, di fatto, due vite, ma alla fin fine non vivendone nessuna. Solo dopo 15 anni di permanenza si accorger del tempo trascorso, di quella giovinezza appassita nel nulla e sfuggitagli di mano la prima sera che fece le scale un gradino per volta.. E troppo tardi per ricominciare e del resto la mala della fortezza, se lascia squarci di lucidit, solo perch, nella consapevolezza di non poter rimediare, ravviva il sogno per il quale restare. Passano altri anni, Drogo invecchia e proprio quando sta per lasciare quel luogo, minato da una grave malattia, per ironia della sorte il deserto si anima e i tartari attaccano. Il tenente morir in solitudine, nella camera di unanonima locanda della citt, cercando tuttavia di comprendere il senso della sua vita. E cos si convince che lautentica missione, quella suprema, quella a cui sta andando incontro e in cui prover tutto il suo valore; affronter cos la morte con dignit mangiato dal male, esiliato tra ignota gente. Ha combattuto una sola battaglia, quella autentica, da cui non si esce mai vincitori, ma grazie alla quale, pur vinti, possibile dare un senso anche ultraterreno a tutta unesistenza. La porta della camera palpita con uno scricchiolio leggero. Forse un soffio di vento, un semplice risucchio daria di queste inquiete notti di primavera. Forse invece lei che entrata, con passo silenzioso, e adesso sta avvicinandosi alla poltrona di Drogo. Facendosi forza, Giovanni raddrizza un po il busto, si assesta con una mano il colletto delluniforme, d ancora uno sguardo fuori dalla finestra, una brevissima occhiata, per lultima sua porzione di stelle. Poi nel buio, bench nessuno lo veda, sorride. Dal romanzo, pubblicato nel 1940, stato tratto nel 1976 un bellissimo film diretto da Valero Zurlini. Da leggere il romanzo, perch stupendo, e da vedere il film, perch una pellicola di grande pregio. Renzo.Montagnoli
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