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Biografia Agostino Nifo
Agostino Nifo
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Agostino Nifo, filosofo e medico, nacque a Joppolo nel 1470 da Jacopo, buon giureconsulto tropeano, che gli fece compiere i primi studi a Tropea. Distintosi già in giovane età negli studi aristotelici, pubblicò diverse opere quali, ad esempio, il De intellectu, la sua prima opera, dove vi sostenne i principi panteistici di Averroè, il De immortalitate animae, fiera critica il De Daemonibus, il De regnandi peritia, il De pulchro et Amore. Uomo enciclopedico e formidabile conoscitore delle lingue antiche, quali l'arabo e il greco, fu anche astrologo, alchimista, negromante, erborista e cacciatore. Fu titolare della cattedra di filosofia a Padova, a Roma, a Napoli, a Pisa e a Salerno. Famoso e strapagato, il Sesso (così veniva chiamato), che godette anche dei favori di Papa Leone X, sposò la patrizia sessana Angela Landi, da cui ebbe cinque figli. Fu, nella sua vita avventurosa, un donnaiolo impenitente, tanto che si narra che la moglie stessa, per distoglierlo da uno dei suoi studi, lo aiutò a conquistare una giovanetta. Sul suo comportamento c'è una diceria rappresentata da un quadro del pittore Luigi Toro, che si trova nel salone dei quadri del Comune di Sessa Aurunca. Il quadro rappresenta il Nifo a capo coperto e tranquillamente seduto al cospetto di Carlo V: si dice che a coloro che lo apostrofavano per tanta audacia egli rispondesse che di imperatori ce n'erano tanti, ma di Agostino Nifo uno solo! Afflitto da podagra, morì di schininzia nel 1538 a Sessa Aurunca, dove fu sepolto nel Convento di S. Domenico. Ai primi del novecento i suoi resti furono traslati nella Chiesa di S. Agostino, dove tuttora riposano. A rivendicare que' distinti personaggi, che per le scienze o per illustri azioni hanno onorato la patria, è un dovere sacro, è un obbligo intrinseco a coloro che professano letteratura; e debbe essere l'opera di quello zelo, che anima alla propria gloria, all'onore ed alla civiltà. Discorrere quindi del celebre Agostino Nifo, letterato sommo, filosofo, istorico, politico, matematico non volgare, e medico principe nel suo tempo, è cosa da far piacere ai Calabresi; ed ammirarne in pari circostanza la sublimità dello ingegno, le vicende della vita e la stima in cui fu tenuto in molte parti d'Europa, è laudevole e da stimarsi a pregio. Nacque il Nifo nell'anno 1470 in Joppolo, terra della Calabria Ulteriore tra il Capo Vaticano e il fiume Metramo nel Distretto di Monteleone. Vivea nel tempo del Pontificato di Leone X, e si nomava a scienziato sì per lo Regno, che fuori, Giovanetto, per mancanza d'istruttori nella patria di lui, fu mandato dal genitore a Tropea, ove apprese i primi semi di letteratura, e vi attese alla lingua greca e latina. Cresceva e si coltivava a delizia della madre più che del padre; ma fu in quel tempo che provò il Nifo la pena non solo di aver perduto la madre, ma pure non passò guari e suo padre gli acquistò una madrigna. Vide da questa prepararglisi ogni sorta di maltrattamenti; preso perciò da dispiacere, nè potendo sofferire ora rampogne ed ora inquietudini per mere inezie, gli nacque per essa abbominazione tale che pensò partirsene. Anche la non curanza del padre vi contribuiva, e perciò Agostino uscì da casa e da Joppolo, e come meglio potè portossi in Napoli. Istruito bastevolmente nelle summentovate lingue, cercava onde vivere un'applicazione, e la rinvenne presso un gentiluomo Sessano a far da istruttore a fanciulli. Questo è stato il motivo per cui, non essendo stata a notizia dei biografisti e dizionaristi la vera patria di lui, si diedero a crederlo Sessano. Sbaglio preso ancora da' medici, dal che in alcune opere per tale si onorava; ben vero però, quantunque non lo era, pregiavasi dichiarare di quella patria cittadino. Dopo alquanti anni con gli stessi giovanetti allievi si condusse a Padova, spinto a ciò dal costoro genitore per fama di quella Università, ove il Nifo diè opera alla filosofia sotto la dettatura del celebre Niccolò Vernia. Coltivato siffatto genere di studi fece ritorno a Napoli; e poco dopo venne in Calabria. Era morto il padre, e dilapidato il patrimonio: non ebbe cosa; però fu bene accolto da altri congiunti, le cui famiglie sono fino a non molto indietro esistite, e forse ne esiste qualcheduna. Risolvette di ritornare a Napoli, si applicò allo insegnamento per vivere, e si diè a tutta possa allo studio; sì che in breve tempo divenne colto in diversi rami di scibile, principalmente nella medicina. Nell'anno 1492 fece ritorno a Padova: riconosciuto ed ammirato, venne scelto a Professore di Filosofia straordinario, e poi in seguito ad ordinario. Fu allora che incominciò a scrivere, e pubblicò prima i Trattati De intellectu, et De Doemonibus, per le cui dottrine fu dichiarato Averroista, e gli si suscitò lo sdegno dei teologi e la persecuzione. Era per piovergli sul capo forte burrasca quando il benefico Vescovo di Padova Pietro Barozzi gliela sviò, con fargli pubblicare il libro con alquante correzioni: opera che fu ristampata in diverse città e bene acclamata. Forse fu questo il motivo per abbandonare Padova; ed indi ritiratosi a Sessa, si maritò con giovane avvenente per nome Angiola, e vi ebbe figli. Roberto Sanseverino principe di Salerno, dopo replicate istanze potè averlo a Professore di filosofia nel Liceo Salernitano ove si tenne per alquanti anni. Ad un uomo sì rinomato ed illustre conveniva altro ginnasio; ed in fatti fu chiamato nell'anno 1510 nella Università di Napoli, ove sentissi dettare lezioni di medicina. Surse tanto di lui il grido, ed a tale ed a tale riputazione salì, che molte Università d'Italia facevano a gara per averlo, sì che lo chiamavano ora per le facultà, ed ora per scienze e letteratura. Era stato Professore a Bologna vivente Leone X, e poi passato a Pisa nell'anno 1519, istruiva nella facoltà di medicina con lo stipendio di cento fiorini al mese. Non pochi onori furongli compartiti, come titoli, privilegi stipendi; e ciò per l'alta stima che aveano di lui e del suo merito. Cospicuo veramente fu quello concessogli da Papa Leone X nella qualità di Conte palatino, e lo stemma della famiglia Medici, titoli che metteva egli in fronte alle sue opere. Annesso alla dignità eragli stato concesso il potere creare fuori Roma maestri di atti, baccellieri, licenziati dottori in Teologia, ed in ambo i diritti, notai e giudici a contratti, legittimare bastardi, figli adulterini ed incestuosi; ed in fine nobilitare tre persone con ascriverle tra i Cavalieri. Il breve con cui venivagli concesse tali facoltà portava segnata la data del 15 gennaio 1521. Replicate istanze facevangli i Bolognesi per riaverlo a professore nella loro cospicua università nell'anno 1525; ma prevalsero gl'inviti del Principe di Salerno a richiamarlo nel Liceo Salernitano, e lo ricolmò di onori e donativi. Da Salerno ritornò a Sessa, stanco per le fatiche e patito nella salute, ove finì sua vita nell'anno 1538. di Vincenzo Colosimo

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