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Biografia Camillo Berneri
Camillo Berneri
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Luigi Camillo Berneri nacque il 20 Luglio 1897 a Lodi, in Lombardia. Suo padre era un segretario comunale autodidatta, la madre - Adalgisa Fochi - era una maestra elementare, autrice di testi di pedagogia, impegnata in conferenze e attività di promozione dell'alfabetizzazione. Il di lei padre era stato camicia rossa garibaldina, mentre il nonno mazziniano e carbonaro. I primi anni di vita di Camillo sono movimentati: rischia di morire per denutrizione a pochi mesi, quindi la famiglia si trasferisce a Milano - dove la madre diventa redattrice di una rivista scolastica, nel 1904 è a Palermo (in Sicilia) - dove si ammala di tifo, nel 1905 è in Romagna (a Cesena e a Forlì) la regione più rossa e repubblicana del regno. A Varallo Sesia Berneri si ammala di enterite. Ma solo col trasferimento a Reggio Emilia inizia per Camillo Berneri l'attività politica. Nel 1912 è già iscritto alla FGS (Federazione Giovanile Socialista) quando si tiene il Congresso della stessa nella sua città, una delle prime governate da un'amministrazione rossa in Italia. Berneri è membro della corrente "culturista": ovvero sostiene l'importanza del partito come mezzo per portare l'elevazione culturale tra le masse per renderle coscienti dei loro diritti. Tra i 700 iscritti alla FGS di Reggio Emilia Berneri è l'unico studente. Il,1° Febbraio 1914 scrive il suo primo articolo per l'Avanguardia ("Le Menzogne del Vecchio Testamento") pieno di attacchi anticlericali sullo stile del giovane Mussolini (allora socialista). Ma non appena Mussolini diventa interventista (cioè favorevole all'entrata in guerra contro l'Austria-Ungheria) e Lido Caiani, direttore dell'Avanguardia, decide di seguire Mussolini, Berneri riesce a cacciarlo dal giornale con l'aiuto di Amadeo Bordiga (nel 1921 fondatore del PCd'I - il Partito Comunista d'Italia). La crisi di Berneri nei confronti del partito socialista avviene in seguito ai tumulti di piazza avvenuti durante un comizio (25 Febbraio 1915) a Reggio Emilia dell'ex-socialista, ora interventista, il trentino Cesare Battisti. La posizione ufficiale del partito diventa un ambiguo "né aderire né sabotare" nei confronti della guerra. Ma Berneri, assolutamente contrario alla guerra, lascia il Comitato Centrale della Federazione Socialista di Reggio Emilia e si fa amico di Torquato Gobbi, ventenne rilegatore di libri anarchico. In questo periodo conosce - e sposa non ancora maggiorenne - Giovanna Caleffi, intelligente, lavoratrice e anarchica. Diverrà la compagna della sua vita di cui scrisse: "Un harem è più povero di varietà di una donna profondamente amata". Chiamato alle armi Berneri inizia la propaganda anarchica tra i soldati e persino tra gli ufficiali, ragion per cui fu in seguito imprigionato nel carcere di Pianosa (nell'omonima isola vicino all'isola d'Elba). Finita la guerra si unisce a Errico Malatesta, appena rientrato dall'esilio, con cui collabora a Umanità Nuova. Ma collabora anche con riviste antiautoritarie non anarchiche, come Rivoluzione Liberale del liberale Piero Gobetti (che morirà esule a Parigi in seguito ad un pestaggio dei fascisti). A Firenze frequenta Piero Calamandrei (in seguito partigiano antinazista del Partito d'Azione e futuro "Padre" della costituzione democratica italiana), e Nello e Carlo Rosselli che con lui frequentano all'università le lezioni di Gaetano Salvemini. Tutti sono concordi nel "non mollare" difronte alle aggressioni degli squadristi fascisti. Berneri frequenta anche le lezioni di psicanalisi di Bonaventura, che torneranno utili quando scriverà un saggio sulla psicologia di Benito Mussolini. Deve lasciare Firenze in seguito alle persecuzioni fasciste e si ritira in Umbria ad insegnare alla scuola normale e dove continua l'opera di propaganda politica. Quindi nel 1926 fugge con moglie e figlie in Francia. In Francia viene espulso come "anarchico pericoloso" e quindi viene espulso anche da Belgio, Olanda, Lussemburgo, Germania e Spagna. A quel punto, non potendo più essere espulso in nessun'altro paese, può risiedere legalmente in Francia. Negli anni trenta a Parigi vive con un negozietto - dove ospita i fuoriusciti italiani più ricercati - e facedo opera di schedatura nelle biblioteche e sui giornali per conto di Salvemini, il suo professore antifascista. I problemi sorgono quando Guido Miglioli, cattolico antifascista, gli presenta e garantisce per Ermanno Menapace, che però non è un fuoriuscito antifascista, ma un pericoloso agente infiltrato dell'OVRA, la polizia politica segreta del regime fascista. Menapace sfrutta la polemica sorta tra Berneri e Giuseppe Donati - cattolico antifascista che aveva accusato il regime per l'assasinio di Matteotti e di Giovanni Minzoni, un parroco di Argenta - aiutandolo economicamente per le pubblicazioni contro Donati. Anche Donati, però, è stato avvicinato da un agente del'OVRA infiltrato, che a sua volta lo sovvenziona per scrivere contro Berneri. La situazione si complica quando dalle carceri italiane riecono a fuggire - e raggiungere Parigi - Carlo Rosselli ed Emilio Dolci. Una serie di bombe esplodono a Nizza e nei bar di Cannes. Il regime fascista tenta con questi mezzi di addosare la colpa agli anarchici e costringere il governo francese a rimpatriarli. Camillo Berneri nel frattempo preparava un attentato ad Alfredo Rocco, autore del famigerato "Codice Penale Rocco" (tuttora in vigore nella "democratica" Repubblica Italiana) per la sua visita a Bruxelles. Menapace fa in modo che Berneri sia arrestato in Belgio e che sia trovato in possesso di una pistola e di alcune foto del guardasigilli Rocco. Quindi si dilegua e torna a Roma. Il processo (22 febbraio 1930) scagiona gli amici di Berneri, ma lo condanna a sei mesi, mentre condanna in contumacia Menapace a due anni, accogliendo la tesi che è stato il mandante. Tornato in Francia Berneri subisce un secondo processo per gli stessi fatti e viene condannato a un anno e due mesi, viene amnistiato il 14 Luglio 1931 e espulso dal paese, ma, essedo già stato dichiarato indesiderabile (persona non grata) nei paesi confinanti, può restare a Parigi. La vita a Parigi prosegue con la stesura di testi e l'opera di proselitismo tra i fuoriusciti italiani. In questo periodo sua figlia si sposa con Vernon Richards, anarchico inglese che poi scrisse un testo su Malatesta e partecipò alla guerra civile spagnola. L'attività di autore si esplica in numerosissimi articoli libertari apparsi sulle più varie riviste europee e nord-americane. Tra le opere maggiormene notevoli sono i suoi studi sulla psicologia di Mussolini, visto non come un buffone e un teatrante, ma come un politico fine che sa utilizzare trovate teatrali per soggiogare le masse (in contrasto con Gramsci che nel duce vedeva il buffone, non il politico). Altro tema iportante fu l'antisemitismo, analizzato in El delirio racista e in Le Juif antisémite nonché in molte lettere ad amici. Analizzò "l'odio di sé" espresso da molti ebrei marxisti e attaccò Marx stesso per il suo silenzio imbarazzato sulla questione ebraica. Precorrendo i tempi della Shoà Berneri scrisse che "l'antisemitismo sarà ancora per lungo tempo all'ordine del giorno della stupidità umana". Il suo appoggio al mondo ebraico era dovuto al fascino che per provava per i senza patria: "sono i senza patria i più adatti a formare le basi della grande famiglia umana". Tristemente il suo Le Juif antisémite fu attaccato nel 1937 dalla rivista fascista La Nostra Bandiera degli ebrei di Torino, che di lì ad un anno avrebbero patito l'inizio delle leggi razziali in Italia. L'attacco teorico di Berneri alla concezione di stato si attua nell'individuazione della burocrazia come strumento di oppressione dello stato accentratore - sia borghese che sovietico. In questo polemizzò con Trotzki che vedeva nella burocrazia sovietica un "assurdo storico"; per Berneri non era un assurdo, ma una naturale conseguenza dell'aver voluto mantenere l'apparato satale, il ché faceva sì che la società sovietica non fosse "senza classi" ma che avesse proletari e burocrati autocrati. Per Berneri la salvezza dalla burocrazia - e quindi dallo stato - veniva dal federalismo; non quello amministrativo, imposto dall'alto, che avrabbe riprodotto in piccolo tanti staterelli, ma quello derivato dalla rivoluzione sociale, che avrebbe prodotto comuni indipendenti - liberamente federati - in cui i gruppi corporativi avrebbero soppiantato completamente le funzioni dell'organizzazione statale burocratica. Per l'Italia - stante le sue diversità regionali - vedeva come un assurdo il volerla governare mediante un'unica legislazione e un'unica amministrazione: ciò avrebbe portato all'ascesa di una burocrazia parassitaria. Dal punto di vista economico Berneri dichiarava: "sul terreno economico gli anarchici sono possibilisti, sul terreno politico sono intransigenti al 100%!". Con questo intendeva dire che se la critica allo stato e la negazione del principio di autorità erano mete irrinunciabili, la forma economica anarchica doveva rimanere apera e sperimentale. Personalmente riteneva si dovesse sperimentare la libera concorrenza tra lavoro e commercio individuali e lavoro e commercio collettivisti. L'obbligo alla collettivizzazione veniva vista così condannata se frutto di un'imposizione ma non come libera scelta. Questo portava alla conclusione che l'anarchia non avrebbe portato ad una società dell'armonia assoluta, ma alla società della tolleranza. Il 12 Luglio 1936 arriva a Parigi la notizia del colpo di stato in Spagna. Gli antifascisti italiani lanciano il motto "Oggi in Spagna, domani in Italia" e si preparano a partire. Berneri arriva in Catalogna il 25 Luglio con un carico di fucili e munizioni. Lì gli viene subito offerto un posto nel Consiglio dell'Economia, ma non appena capisce che si tratta di una specie di ministero, rifiuta. Berneri fece invece un comizio a Barcellona, in Plaza de los Toros, difronte a centomila persone, portando i saluti e la solidarietà degli anarchici italiani alla rivoluzione catalana. Quindi con Angeloni e de Santillan (della CNT-FAI) organizza una colonna anarchica italiana all'interno della formazione Francisco Ascaso nella caserma di Pedralbes (ribattezzata "Bakunin") e il 19 Agosto, tra la folla in festa, lascia Barcellona per il fronte aragonese. Il 21 arrivano a Vicien e occupano l'altopiano della Galocha, che domina la strada tra Huesca e Saragozza. Il 23 Agosto partecipa agli scontri durissimi sul "Monte Pelato", dove muoiono gli anarchici Angeloni - cantando l'Internazionale - Perrone e Centrone, ma l'attacco fascista viene respinto completamente. A causa di un calo della vista e dell'udito Berneri viene allontanato dal fronte e torna a Barcellona. Lì cerca di avvertire delle importanti implicazioni di un imminente sbarco fascista nelle isole Baleari, fa opera di propaganda, scrive per Guerra di Classe e attacca il governo madrileño per la politica compromissoria, contraria all'autonomia catalana e il comportamento ambiguo dei governi francesi e inglesi. A Barcellona frequenta gli "Amigos de Durruti" e quando scoppiano gli scontri con i comunisti la sua casa, dove vive con altri anarchici viene attaccata il 4 Maggio 1937. Vengono tutti definiti "controrivoluzionari", vengono disarmati, privati dei documenti e si fa loro divieto di uscire in strada. Per le strade si continua a sparare quando, il 5 Maggio 1937, giunge dall'Italia la notizia della morte in un carcere fascista di Antonio Gramsci. Allora Berneri, dopo aver scritto l'ultima lettera alla figlia - il suo testamento spirituale, esce e si dirige a Radio Barcellona dove commemora la morte del comunista Gramsci che aveva scritto su Ordine Nuovo: "Non ammetteremo mai di essere avversari degli anarchici, avversarie sono due idee contradditorie, non due idee diverse". All'uscita da Radio Barcellona Berneri si incammina per la Piazza della Generalitat, lì dei comunisti lo chiamano a gran voce, prima che abbia il tempo di voltarsi aprono il fuoco con dei mitragliatori e lo lasciano, cadavere, al suolo.

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