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Biografia Gigi Proietti
Gigi Proietti
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Gigi Proietti nasce a Roma, in una traversa di Via Giulia chiamata via di S. Eligio, a qualche metro di distanza da dove nacque anche Ettore Petrolini, il 2 novembre del 1940. Una data niente male per vedere la luce, Scorpione (per chi ci crede, creativo e sensuale) ascendente Vergine (perfezionista e dubbioso), secondogenito del Sor Romano e della signora Giovanna, fratello minore di Anna Maria. Non si sbottona facilmente sulla sua vita privata, perciò ci sono poche notizie sui suoi genitori: rispetteremo la sua scelta, limitandoci a dare giusto poche note biografiche, che sono di pubblico dominio e derivano da quelle poche volte che si è convinto a parlare della sua vita privata. Dunque, il Sor Romano era originario di un piccolo paese umbro, Porchiano dal Monte, dalle parti di Terni. Qualcuno dice che fosse anarchico, Gigi sostiene che la realtà era probabilmente più complessa, ma che la definizione tutto sommato gli calzava abbastanza bene. Nella vita era stato diverse cose, e tutte le aveva fatte benissimo. Per avere un’idea di come fosse il sor Romano, basta pensare a Giovanni Rocca, che è un dichiarato omaggio al genitore. Per lui Gigi ha scritto, assieme a F. Simone, A. De Sanctis, P. Pintucci e L. Romanelli, una splendida canzone intitolata La vita è ‘n’osteria. Sulla madre Gigi si è sbottonato ancora meno, raccontando talvolta, molto raramente, solo qualche breve aneddoto su quanto fosse birbaccione ai suoi tempi. Da ragazzino, infatti, era talmente vivace che un paio di scarpe gli durava pochissimo. La madre, per tranquillizzarlo un po’, gli comprò degli zoccoli. Ed era anche un piccolo delinquente, che rubava i soldi dalle tasche del padre. Una volta, alla ricerca di qualche spicciolo, trovò invece un biglietto della mamma che diceva: "Cosa cerchi?". Per nulla intimorito, lasciò un altro biglietto: "Ho cercato e non ho trovato. Riproverò". Ma, giusto per dare un’idea della tempra di questa donna, Gigi racconta anche che, ai tempi del trionfale successo di A me gli occhi, please, la signora si recò a vedere lo spettacolo, che, come tutte le sere, si concluse in un tripudio. La accolse in camerino esaltato come poteva esserlo un trentaseienne osannato dal pubblico e le chiese se le fosse piaciuto: lei rispose "Abbastanza". Gigi non ha mai dimenticato la lezione di umiltà impartitagli dalla madre con una sola parola. Sulla sorella non si è assolutamente mai pronunciato, sappiamo soltanto che è più grande di lui e che risvegliò l’istinto musicale del nostro quando ebbe in regalo una fisarmonica. A giudicare, molti anni dopo, dai risultati dell’educazione che gli è stata impartita, dovevano essere tutti delle persone splendide. Il piccolo Gigi non resta molto tempo a godersi i fasti di una delle vie più belle di Roma, poiché i suoi si trasferiscono dapprima dalle parti di via Veneto, portandoselo in bilico su una carrozza riempita di tutti i loro beni, e poi nella borgata del Tufello, in via Capraia, dove impara a convivere con il bello ed il brutto della borgata, che gli rimarrà nel cuore. Dice di essere cresciuto con la speculazione edilizia, e in effetti ha migrato da un punto all’altro della città eterna, seguendo prima gli spostamenti della sua famiglia, poi quelli suoi. Baseball.jpg (42933 byte)Da piccolo è uno scavezzacollo, non portatissimo per il calcio, al quale preferiva il ping-pong ed il baseball (!), gran frequentatore di oratori, tentato ad un certo punto della sua adolescenza di prendere i voti, salvato in extremis da una salutare crisi mistica che lo sposta a sinistra. Prende la maturità classica presso il liceo ginnasio "Augusto" con: Italiano 7, Latino 9, Greco 7, Storia 6, Filosofia 7, Matematica 7, Fisica 6. Ancora adesso si diletta con qualche traduzione dal latino, che gli è sempre piaciuto infinitamente. Il tema è su Giacomo Leopardi (…prendendo spunto dalle sue opere si chiede al candidato di esaminare il riscontro autobiografico e filosofico dell’autore), e ci sguazza come un pesce nell’acqua, perché ha approfondito con letture in biblioteca "l’affascinante e complessa figura del poeta di Recanati". Ma all’orale si impappina sul nome di un Ministro dell’Interno post-unità d’Italia (Salandra) e fa ridere tutta la commissione ribattezzandolo "Salasso". Non fa il militare per esubero di leva. Molti anni dopo farà una ferma prolungata di sette anni nei Carabinieri. Poi si iscrive a Giurisprudenza, perché il padre vuole il pezzo di carta, ma lui non ha voglia di frequentare, anche perché nel frattempo ha iniziato a suonare nei tè danzanti in locali come il Pichetti, il Gran Caffè Professionisti di piazza Cavour, ed un curioso locale, sito in Via 21 Aprile, che ogni stagione cambiava nome, chiamandosi di volta in volta Ar 21 Aprile, Golden Spider Garden, Er Nilo. Poco più tardi il salto di qualità nel night vero e proprio, in locali come Le Grotte del Piccione e il Brigadoon di Piero Gabrielli. Come ormai sanno tutti, faceva finta di suonare il contrabbasso, sul quale in realtà languidamente si appoggiava facendo il piacione con la sigaretta nascosta nella mano libera mentre cantava un repertorio vastissimo. Molti nomi hanno avuto i complessi con i quali suonava: "Gigi e i soliti ignoti", "I Ricachas", altri più o meno esotici. Sulle locandine, Gigi era indicato come cantante dalla voce "ritmico-melodico-moderna". A quest’epoca risalgono il quarantennale sodalizio con Lello Arzilli e numerosi flirts con le ragazze conosciute piacioneggiando in giro per locali. Una addirittura cinese. Un certo giorno, al Foro Olimpico, ballando un Hully Gully, incontra la compagna della vita, Sagitta Alter, una svedese di sedici anni che fa la guida turistica. Si piacciono, si lasciano, si rivedono a tratti per qualche anno al ritmo dei viaggi di Sagitta, poi decidono di restare insieme. Fino ad oggi. All'Università, pur di conoscere altre persone e socializzare, entra a far parte della squadra di basket del CUS e, soprattutto, della scuola di teatro del CUT, diretta da Giancarlo Cobelli, che gli insegna i rudimenti del mestiere. Si presenta al provino completamente impreparato, per fare qualcosa di nuovo. Gli chiedono quale sia il suo autore preferito e lui, con una gran faccia di corno, ricorda che qualche tempo prima ha visto in televisione Come le foglie di Giacosa e fa il suo nome senza avere la più pallida idea di chi sia. Lo prendono, con sua grande sorpresa, scambiandolo per un amante del genere melodrammatico, e insieme a lui ci sono Anna Mazzamauro e Piera degli Esposti. Ottiene subito qualche scrittura proprio da Cobelli, che lo ingaggia per il suo Can Can degli italiani, per il quale musica un epigramma di Ennio Flaiano che inizia così: "Oh, com’è bello sentirsi profondamente intelligenti, per il sesso sdilinquirsi, per la donna rimanere indifferenti…". Ha l’impressione che le cose siano semplici, quindi inizia a studiare come un pazzo per migliorarsi e decide che sarà il suo mestiere. Ma non abbandona del tutto l’università, e continua a studiare nei primi anni di carriera, tra un viaggio e l’altro al seguito delle compagnie, giungendo a sei esami dalla laurea con una tesi in Filosofia del Diritto sul Critone di Platone. A un certo punto della carriera universitaria si iscrive a Palermo, dove dovrebbe sostenere l'esame di Diritto della Navigazione. Dato che è in tournèe, chiede al padre di spedirgli a Pisa le dispense per preparare l'esame mentre è in viaggio di trasferimento, ma trova l'intero, pesantissimo trattato. L'esame lo deve sostenere ad ogni costo, pena la partenza per il militare, quindi raggiunge l'Ateneo co' 'sto librone intonso sotto il braccio e sotto un'acqua che Dio la mandava. Si siede completamente fradicio davanti al professore e sinceramente gli confessa di non aver neanche aperto il libro, chiedendogli di bocciarlo ignominiosamente, ma almeno di far figurare che ha sostenuto l'esame da qualche parte. Il professore invece lo interroga davanti a tutti con sua grande umiliazione, e poi gli fa la domanda fondamentale: "Ma insomma, chi è il comandante della nave?". Gigi risponde "La persona più importante" e prende 17, superando l'esame. Il primo impatto con la stampa, ai tempi eroici del teatro d’avanguardia, non è dei migliori, anche perché, lungi dal trattarsi di una critica favorevole, si tratta di un breve trafiletto in cronaca per un botto in autostrada, che titola "L’attore Troietti (sic!) coinvolto in un incidente stradale." Anche in seguito i rapporti con la stampa non si mantengono idilliaci, e Gigi ricorda che l’aggettivo che maggiormente detestava nelle critiche teatrali era "puntuale", che, a sua volta, definisce terribile. Del resto, ricorda anche che c’era un attore il cui soprannome era "beneglialtri" perché non aveva mai avuto l’onore di una citazione tutta per sé nelle critiche. Per i primi anni di carriera si dedica a quel teatro "che ce vo’ l’astrologo per capirlo", sperimentando le tecniche e le sue possibilità, come è prerogativa dei giovani. In una stagione estiva recita ne Gli uccelli di Aristofane nella parte dell’Upupa, inguainato in una calzamaglia verde, su cui il costumista aveva spruzzato vernici che avevano impietosamente stinto sulla pelle. La gente che passa gli tira i sassi. Nel Teatro dei Centouno, a via Trionfale, con Antonio Calenda e Piera degli Esposti, dove a volte sono più numerosi gli attori che gli spettatori; ma anche al Piccolo di Milano nel Dio Kurt di Moravia, produzione dello stabile dell’Abruzzo. All’inizio degli anni settanta, Domenico Modugno dà forfait per Alleluja brava gente, scritto da lui stesso e da Renato Rascel. Qualcuno dice che inventasse una lombalgia diplomatica, qualcun altro che non fosse più tanto convinto del personaggio che avrebbe dovuto interpretare. Fatto sta che Garinei e Giovannini, registi dello spettacolo, non sapendo come sostituirlo, andarono a cercare all’Aquila un giovanotto che recitava, cantava e suonava la chitarra, e che in quel momento era impegnato in un testo di Gombrowicz, Operetta. Uno di quelli che ce vo’ l’astrologo per capirlo, di cui Gigi è rimasto sempre innamorato. Gigi accettò di partecipare alle prove dello spettacolo, riservandosi di decidere in un secondo momento se debuttare, perché in fondo si sentiva in colpa a partecipare ad uno spettacolo "leggero" in un momento in cui i suoi compagni si dedicavano alla contestazione del sistema. Poi decide di tentare il balzo e decolla definitivamente.

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