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Biografia Giuseppe Rensi
Giuseppe Rensi
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Giuseppe Rensi nacque a Villafranca di Verona nel 1871 e morì a Genova (città in cui tenne la cattedra di filosofia morale) nel 1941. Giovane avvocato socialista, fu costretto a riparare in Svizzera in seguito ai disordini del 1898. La ?filosofia dell'assurdo? elaborata da Rensi rappresenta un momento particolarmente significativo del pensiero italiano nel Novecento e degno di essere analizzato dal punto di vista sia teoretico che etico. Infatti essa si pone non solo come esempio di una riflessione originale, che è il frutto dello spirito con cui il Rensi ha interpretato preesistenti correnti di pensiero come il realismo e lo scetticismo, ma anche come momento di rottura nei confronti della tradizione filosofica dominante e come espressione di un tormento esistenziale che non si acquieta né con l'ottimismo filosofico, né con la dittatura di regime. Il dramma vissuto dal Rensi coincide con quello che vivono tutti coloro nei quali domina per qualche tempo una fede altissima e assoluta, che fa, poi, posto al dubbio più tetro. Nei quarant'anni di attività svolta in qualità di scrittore filosofico e polemista, egli ha tentato di approfondire i fondamenti primi del conoscere e dell'agire umano, sfidando i più consolidati ermeneuti e storiografi senza scoraggiarsi di essere fuori corrente. La sua ambizione è stata quella di sviluppare un pensiero che rimanesse pur sempre legato al vissuto, ma non più nel tentativo di ricomporne i frammenti secondo le classiche prevaricazioni sistematiche, bensì nell'intento di accettarne e riprodurne l'instabile morfologia. Fu questa la via che lo condusse allo scetticismo inteso come «filosofia della vita» e come «filosofia dell'epoca». Tutto ciò serve a spiegare il carattere altamente problematico del suo approccio alla tradizione filosofica. Essendosi volto con grande fervore all'analisi della filosofia hegeliana, questa gli rivelò contraddizioni e antinomie tali da insinuare in lui un dubbio, che non era quello metodico e sereno di Cartesio, ma, invece, il segno di uno scetticismo tragico e disperato, tale da non poter essere colmato da nessuna certezza duratura. Ma anche il realismo non è esente da contraddizioni. Esso, infatti, afferma che le cose esistono da sé, spazializzate, temporalizzate, categorialmente concatenate, avendo in sé le forme proprie della conoscibilità, le quali sono anche forme del loro Essere, del loro essere cose: esse sono, perciò, del tutto conoscibili. Di fatto, invece, esse si sottraggono per grandissima parte alla conoscenza; sono ciascuna un infinito, di cui noi, in un processo senza fine, scopriamo sempre nuove proprietà, così che quelle ancora da scoprire prevalgono infinitamente su quelle già scoperte. Emerge, dunque, il dramma dell'incomprensibilità della natura e della realtà da parte dell'uomo, in quanto ciò che è irrazionale è reale e ciò che è razionale è irreale e questo è anche il dramma dell'uomo che non ha legge interiore stabile e assoluta ed è perciò incapace di responsabilizzarsi. Se la filosofia ha una storia, sostiene il Rensi, ciò basta a mostrare che gli uomini non hanno mai conosciuto la verità, in quanto dire che la filosofia ha una storia equivale a dire che un sistema non offre mai una visione compiuta della verità e che nuovi sistemi intervengono, se non sempre a negare, a criticare quelle verità che li hanno preceduti. Il pensiero di Rensi finisce, cosí, col muoversi con un ritmo paradossale, attraverso, cioè, la pura negazione e la pura affermazione: negazione della ragione, affermazione della volontà. All'interno della volontà deve emergere la libertà, intesa come causalità. La libertà è imparentata con l'idea dell'essere, la quale è la base esplicita e diretta del conoscere: entrambe - idea dell'essere e libertà - sono come due facce di un'unica medaglia. La ragione - o la conoscenza - ha bisogno dell'intervento della libertà per la propria esplicazione; mentre la libertà, quando si è pienamente realizzata, è totalmente autonoma, e contiene in sé anche il conoscere: ciò avviene nell'amore. Infatti, l'uomo che ama - o che conosce - non è altro che l'essere umano pienamente realizzato. L'uomo è essenzialmente libertà; e quest'ultima altro non è che amore. E l'amore è pienamente autonomo, anzi è la stessa autonomia: l'amoreha in sé le sue ragioni e il conoscere La filosofia del Rensi si può suddividere in tre periodi ben distinti tra di loro, secondo l'indicazione che lui stesso tracciò nell' ?Autobiografia intellettuale? (1939): nel primo domina il misticismo idealistico; nel secondo lo scetticismo e il realismo; nel terzo il misticismo spiritualistico. Durante il primo periodo, che dura fino alla vigilia della prima guerra mondiale, Rensi tenta la fondazione di un misticismo venato di religiosità, che si rifà a Platone, San Paolo e Malebranche. Ne costituiscono un valido documento i volumi: ?Le Antinomie dello spirito?; ?Sic et Non: metafisica e poesia?; ?Il genio etico e altri saggi?; ?La trascendenza: studio sul problema morale?. Successivamente, l'urto delle ragioni espresso dalla violenza del conflitto europeo e mondiale portò il Rensi alla negazione della razionalità del reale: se gli uomini fanno ricorso alla violenza, ciò vuol dire che la ragione non esiste, ma che esistono solo le ragioni, in un mondo caotico e irrazionale che è pluriverso e non universo. Egli approfondì, perciò, la sua riflessione sull'irrazionalità del reale, che risulta centrale in tutta una serie di opere quali: ?I lineamenti di filosofia scettica?; ?La filosofia dell'autorità?; ?La scepsi estetica?; ?Introduzione alla scepsi etica?; ?Apologia dell'ateismo?; ?Le aporie della religione?; e, infine, ?Critica della morale?. Proprio nel corso di tale approfondimento il Rensi associa lo scetticismo all'irrazionalismo e si accosta al positivismo e al materialismo in funzione polemica nei confronti dell'idealismo del Croce e del Gentile. Siamo, cosí, nel pieno del secondo periodo al quale appartengono opere come: ?Polemiche antidogmatiche?; ?Interiora rerum?; ?Realismo?; ?Spinosa?; ?Le aporie della religione?; ?Raffigurazioni Schizzi d'uomini e di dottrine?; ?Le ragioni dell'irrazionalismo?; ?Motivi spirituali platonici?; ?Il materialismo critico?; ?Vite parallele di filosofi: Platone e Cicerone; Ardigò e Gorgia?. Infine, nell'ultimo periodo prevale una forma di misticismo che non sorge, però, improvvisamente, essendo già chiaramente presente nelle opere maggiormente influenzate dallo scetticismo. Quest'ultimo fu, infatti, sempre sollecitato da un'innata, profonda religiosità, sicché non stupisce che il filosofo si apra alla voce del divino, poiché egli cerca nella negazione assoluta un criterio positivo che consenta la negazione stessa. Questo criterio, che ad alcuni critici è parso assimilabile al "Dio cristiano", il Rensi lo definisce, piú semplicemente, come "il divino in me". Appartengono a quest'ultimo periodo: ?Apologia dello scetticismo?; ?Lo scetticismo?; ?Schegge?; ?Cicute?; ?Impronte?; ?Passato, presente e futuro?; ?Sguardi?; ?Frammenti d'una filosofia del dolore e dell'errore, del male e della morte?; ?Paradossi di estetica e dialoghi dei morti?; ?Poemetti in prosa e in verso?; ?Testamento filosofico?; ?La morale come pazzia?; ?Lettere spirituali?; ?Sale della vita?. Il realismo da una parte e lo scetticismo (politico, giuridico, etico ed estetico) dall'altra, non sono considerati dal Rensi contrastanti, contraddittori e inconciliabili tra loro. Per il realista esiste una realtà oggettivamente costituita fuori della coscienza del soggetto percipiente ed essa ha una sua struttura ordinata, è, cioè, costituita da «cose categorialmente concatenate tra di loro, che si rivestono da sé degli elementi categoriali, si unificano o si sintetizzano a mondo a sé» Per lo scettico la verità altro non è che la non verità, perché lo scetticismo si riduce alla negazione della razionalità del reale e della deducibilità di esso dalla ragione, cioé alla negazione del razionalismo e dell'idealismo. Lo scetticismo, infatti, nega che il mondo, il reale, i fatti abbiano una ragione, siano una ragione e che questa possa approdare al reale medesimo. Esso non si è mai sognato di negare la verità dei fatti, ma ha negato che questi siano deducibili dalla ragione pura, che vi sia una formula di ragione iniziale dalla quale tutti gli eventi si ricavano. Lo scetticismo nega l'esistenza di una verità assoluta: il reale è; è per questa non ragione che è; è senza essere deducibile dalla ragione; è e non è ragione Il reale non ha ragione, solo l'uomo possiede la ragione, intesa non come ragione pura ed assoluta, ma come potere di ragionare. L'uomo pretende che tutto l'essere abbia un perchè, che il suo bisogno di razionalizzazione e di spiegabilità diventi una proprietà di tutto l'essere. Ma per lo scetticismo c'è la verità intesa come certezza dei fatti, non la deducibilità di essi dalla ragione; ci sono i fatti e non la ragione dei fatti. Questi ultimi hanno verità nel senso di certezza; ma non c'è verità nel senso di ragione di essi. La verità non è afferrabile in quanto non c'è: l'inesistenza della verità vuol dire l'inesistenza dell'Essere. Essere è, perciò, una parola con la quale noi definiamo un certo fatto; ma un fatto d'altra natura non sarebbe più quello che noi chiamiamo Essere. Sarebbe la sua negazione, il non-Essere, il Nulla. L'Essere è un'idea o una determinazione nostra; è solo ciò che è tale per noi, ma nulla di assoluto; è solo ciò che è suscettibile di cadere nella percezione, cioè di essere visto e toccato, ciò che è spaziale- temporale, vale a dire ciò che è fenomenico. L'uomo, in quanto coscienza, possiede delle forme a priori che sono forme del reale; l'uomo stesso è un frammento del reale diventato cosciente. L'uomo intuisce a priori le forme come necessarie a cogliere la realtà, nonostante non abbia sperimentato tutta la realtà. Infatti egli sa a priori che tutto quello che si presenterà alla sua coscienza si presenterà nelle forme dello spazio e del tempo: ogni cosa, per essere entità manifesta, rivelabile, conoscibile, deve apparire nello spazio e nel tempo. La Ragione metafisica sostiene che il vero Essere Assoluto debba essere inspaziale e intemporale, che esista e permanga solo nel pensiero stesso.

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