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Biografia Gustaw Herling
Gustaw Herling
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Gustaw Herling (Kielge, 1919 - Napoli, 2000), uno dei più grandi scrittori polacchi, vittima dei gulag comunisti e combattente contro il nazifascismo, ostracizzato dagli intellettuali e dall’editoria filo-comunisti nel secondo dopoguerra, specialmente in Francia e in Italia. Nato in una famiglia ebraica, studiò letteratura polacca all'università di Varsavia, fino a quando lo scoppio della seconda guerra mondiale non lo costrinse a interrompere gli studi. Attivo nella Resistenza polacca contro l’invasione dell’Unione Sovietica, allora alleata con il nazismo (e poi anche del fascismo italiano, quando entrò in guerra), fu catturato dall’NKVD (la polizia segreta comunista) a Leopoli, nel marzo 1940. Internato in un gulag nella regione di Arcangelo, fu liberato dopo due anni, nel 1942. Entrò nel II Corpo polacco del generale Władysław Anders e prese parte alla campagna d’Italia, con valore particolare alla battaglia di Montecassino. Al termine della guerra, impossibilitato a rientrare nella Polonia comunista, si stabilì definitivamente in Occidente: prima a Roma, poi a Londra e infine, stabilmente, a Napoli. Sposò Lidia, una delle figlie di Benedetto Croce (del quale era già studioso nell’età giovanile, attratto dalla sua ‘religione della libertà’). Nel dopoguerra fu tra i fondatori della rivista Kultura, edita a Roma in lingua polacca ed espressione della cultura polacca in esilio ed ebbe contatti tra gli altri anche con Ignazio Silone, che aveva conosciuto e denunciato come lui il volto demoniaco del comunismo, subendo lo stesso ostracismo. Il libro suo più noto è “Un mondo a parte”, una delle prime drammatiche testimonianze sui Gulag comunisti, che saranno poi più esemplarmente descritti dai russi Aleksandr Solzenicyn (autore di ‘Arcipelago Gulag’) e Varlam Salamov (autore di ‘Racconti della Kolyma’). Fu scritto a Londra dal luglio 1949 al luglio 1950 ed ebbe un immediato successo nel mondo anglosassone, con traduzioni anche in America. Esso racconta la prigionia e poi la deportazione in un campo di lavoro presso Arcangelo, nel nord della Russia, dal 1940 al 1942, uno dei luoghi dell’arcipelago gulag, dove morirono, soprattutto di lavoro forzato e di fame (ma anche di torture e di fucilazioni), milioni di poveri esseri umani, uomini e donne, sia russi che di tanti altri paesi, sotto il terrore comunista staliniano. Scrisse Bertrand Russell ”è il più impressionante e quello scritto meglio. Herling possiede una rara forza descrittiva, semplice e vivida…i filocomunisti occidentali che rifiutano di credere all’evidenza di libri come quelli di Herling, sono evidentemente esseri senza umanità, perché, se così non fosse, essi non negherebbero l’evidenza, ma ne sarebbero turbati…Sia i comunisti che i nazisti hanno dato la tragica dimostrazione che in una larga parte del genere umano l’istinto del torturatore perdura e aspetta solo l’occasione per manifestarsi in tutto il suo nudo orrore.” E indicava nella comprensione senza perdono l’unica via “per evitare il diffondersi di un simile contagio a tutto il mondo…per comprendere ed eliminare le fonti della crudeltà nella natura umana deformata da cattivi sistemi sociali.”(1) Il libro era naturalmente nell’indice dei libri proibiti delle dittature comuniste, compresa quindi quella polacca (anche se circolarono copie clandestine). In Francia era stato acquistato dall’editore Plon, ma il comitato di redazione filo-comunista impose di rompere il contratto. Portato all’attenzione dell’editore Gallimard, ebbe la lettura positiva di Albert Camus, ma il clima era quello dell’egemonia marxista-comunista di un Sartre, che, nella polemica sui campi di concentramento sovietici proprio con Camus, aveva detto “Anche se tali campi esistessero, non dovremmo parlarne, né scriverne, per non togliere la speranza ai lavoratori.” Questo modo infame di atteggiarsi verso la verità, la giustizia e l’umanità da parte degli intellettuali francesi filo-comunisti così egemoni durò fino a metà degli anni Ottanta, e vi fu la possibilità di una traduzione in francese (1985 presso l’editore Denoel) solo dopo che i libri di Solzenicyn avevano provocato un terremoto nel mondo intellettuale francese. Anche in Italia, come in Francia ( i paesi dove esistevano i più forti partiti comunisti, che avevano una egemonia nel mondo editoriale, universitario, giornalistico, che perdura tuttora), il libro di Herling ha avuto un ostracismo, che è stato superato solo dopo lo scossone epocale del 1989, della fine formale del comunismo sovietico, dell’abbattimento del muro di Berlino. La prima vera diffusione italiana di ‘Un mondo a parte’ è del 1993 presso Feltrinelli, dopo una edizione fugace nel 1958 presso Laterza editore di Bari. L'isterismo e il fanatismo intellettuali comunisti italiani giunsero a tal punto da chiedere l'espulsione dal territorio nazionale di Herling (vedi www.premionapoli.it/herling.html). Questa vicenda è solo una delle tante, ma anche molto significativa, del clima di deformazione, di rimozione, di lotta, (anche di ‘sabotaggio’, per usare la parola di Herling) contro la verità, la giustizia e l’umanità che gli intellettuali comunisti italiani hanno compiuto nella loro storia specialmente in epoca stalinista, ma anche successivamente, e si spera e ci si augura che essi siano chiamati doverosamente al tribunale della storia, anche per non continuare a intossicare il clima etico-civile di questo povero, sventurato paese, che già sconta gli effetti nefasti quotidiani di tanti aspetti della dogmatica millenaria pedagogia cattolica (e ora anche dell’islamismo e religioso-dogmatica e fanatica in genere) e di quella ventennale del fascismo. Gli unici conforti in relazione agli effetti positivi che può avere questo libro, vivamente consigliato nella lettura, sono nella possibilità di una libera circolazione negli ambienti post-comunisti dell’Est, con tirature ad es. di 300.000 copie al 1993 in Polonia e la traduzione di esso anche in Russia. Nella prima traduzione in italiano del 1993, Herling faceva notare come non è stato affatto superato il tempo del disprezzo verso l’uomo e come non bisogna mai interrompere le nostre meditazioni, i nostri approfondimenti lucidi e impietosi e coraggiosi sulla natura e sulle sorti dell’uomo. E richiamava lo scritto di Primo Levi “Se questo è un uomo”. Herling si è costantemente interessato anche al fenomeno dell’antisemitismo, peste mistica spirituale non solo della Germania e della sua Polonia cattolica, ma di tanti altri paesi europei, come l’Italia e la Francia ed Auschwitz è stata sempre nel fondo delle sue riflessioni e delle sue angosce. Nazismo e comunismo hanno offeso e negato l’umanità dell’uomo. Il libro comincia con una frase di Dostoevskij, tratta dalla sua opera” Memorie da una casa di morti”, lungamente letta e riletta da Herling durante la detenzione nel gulag, nella quale è racchiusa anche l’origine del titolo del libro ”Questo è un mondo a parte, che non somiglia a nessun altro, con le sue leggi speciali, i suoi usi, i suoi costumi, le sue abitudini: una casa di morte vivente, una vita come non esiste in nessun altro luogo, e gente che non ha pari. E questo mondo a parte che io mi accingo a descrivere”.

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