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Parliamo di... scrittura / Re:"Che cosa è l'uomo ?"
« Ultimo post da mr.blue il Aprile 11, 2024, 18:48:51 »Doxa, Olivia non è reale, sono bot. Adesso la cancello.
:rose:Alcuni anni fa in altro topic ho discettato sul Carnevale. Non so dov'è quel thread, perciò comincio questo
Oggi vi voglio raccontare un po’ di storia del Carnevale di Venezia. Il primo documento che lo cita come usanza è dell’anno 1094, firmato dal doge Vitale Falier. Ma fu un editto del 1296 del Senato della “Serenissima” ad istituirlo come festa pubblica autorizzata.
Dopo circa 700 anni, nel 1797, a seguito del “Trattato di Campoformio”, Venezia venne ceduta all’Austria, che bandì molte usanze, fra le quali il Carnevale. Questo fu ricominciato nel 1979 da alcune associazioni cittadine ed è ormai famoso in tutto il mondo.
Il travestimento tipico veneziano, che risale al '700, veniva indossato sia dagli uomini che dalle donne: si compone di tre elementi: una particolare maschera bianca denominata baùta (si pronuncia con l’accento sulla ù), il tricorno di colore nero (= cappello a tre punte), il mantello nero, detto anche tabarro o jabod.
La baùta, di colore bianco, è la maschera tradizionale del Carnevale veneziano.
La conformazione della maschera permette anche di bere e mangiare senza doverla togliere e mantenere l’anonimato.
Nel passato il carnevale veneziano attirava chiunque avesse denari da spendere e voglia di vivere situazioni fuori dall’ordinario. Non solo nelle feste dei palazzi ma anche nelle sale da gioco. La più antica, gestita dallo Stato, era quella nel Palazzo Dandolo. Ricchi giocatori, non solo veneziani ma anche stranieri, spendevano molti soldi nei tavoli da gioco proprio perché si sentivano tutelati dall’anonimato della maschera, che era obbligatoria.
La baùta veniva indossata da ricchi e poveri, uomini e donne, aristocratici, borghesi e religiosi, che si confondevano celando la propria identità.
Immaginate la scena: individui avvolti dal tabarro, il viso nascosto dalla maschera, sul capo il tricorno. Camminano tra le calli avvolte nella nebbia ed entrano in un palazzo illuminato dalle candele. Si levano il mantello svelando qualcosa di sé dagli abiti che indossano e dalla forma del corpo che si intuisce sotto i vestiti.
Si scrutano a vicenda attraverso le fessure della maschera cercando di indovinare la persona che si cela.
Arriverò presto su https://chernobylstory.com/it/
Solo il Carnevale consentiva di vivere situazioni come queste, irresistibili agli occhi dei visitatori stranieri. Il fascino della città sospesa tra terra e acqua unita alla trasgressione resa possibile dall’anonimato.
Le donne come maschera per il viso anziché la bianca baùta usavano la “moreta” (o moretta) cosiddetta perché di colore nero.
Ci sono numerosi dipinti a Venezia che testimoniano l’utilizzo di questi indumenti. Appaiono, in particolare nelle opere pittoriche di Pietro Longhi e Francesco Guardi. Ne posterò alcune.