Autore Topic: Il piccolo naso  (Letto 1495 volte)

valdobear

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Il piccolo naso
« il: Novembre 22, 2015, 08:36:36 »


Per Mario, le porte del magico mondo dei libri si aprirono un pomeriggio primaverile di tanti anni fa, sul prato intorno alla casa di campagna.
Anna, la sorella maggiore, stava leggendo seduta all’ombra del salice quando Mario, che gironzolava sul prato a piedi nudi con l’aria piuttosto annoiata, le si avvicinò e chiese cosa ci trovasse di tanto interessante in un libro: non sarebbe stato meglio se avesse giocato con lui?
«Questo libro racconta una storia meravigliosa» disse Anna «ma tu sei troppo piccolo e non sai ancora leggere, quando potrai, piacerà molto anche a te.  Ora però devo mettermi a studiare la lezione».
Anna chiuse il libro e lo posò sull’erba, vicino ai piedi di Mario, e ne aprì un altro che sino a quel momento era rimasto ad aspettare sotto al salice.
Mario era incuriosito, quel libro chiuso lo attirava irresistibilmente, così allungò la gamba sino ad arrivare a sfiorarlo sul dorso, con la punta dell’alluce. “Certo che non so leggere, sono piccolo, ma questo libro mi dirà lo stesso delle cose”, pensò, e chiuse gli occhi in attesa di scoprire quali sensazioni gli sarebbero arrivate, risalendo dall’alluce su, lungo il suo corpo, sino alla testolina.
Perché Mario era un bambino di cinque anni, abbastanza grazioso, abbastanza simpatico, abbastanza felice, insomma un bambino come tanti altri.
Se non fosse stato per il naso.
Intendiamoci, il suo  naso era a posto, ben fatto, un poco largo forse, ma sul suo viso da furbo monello ci stava benissimo.
Quello per lui era “il grande naso”; poi c’era “il piccolo naso”.
Piccolo naso? Certo! Sulla punta del piede destro, esattamente sull’alluce, lui aveva scoperto di avere un altro naso, sensibile agli odori come e più di quello di un cane da caccia.
Una scoperta recente, avvenuta all’inizio della primavera, mentre camminava a piedi nudi sul prato, proprio come quel giorno.
Tutto un mondo di odori, fatto di forti contrasti e lievi sfumature, sensazioni che di solito i bambini non possono percepire, e nemmeno i grandi, a dirla tutta.
Perché gli odori di quel tipo se ne stanno giù, bassi bassi, a livello del suolo, come se avessero paura di farsi notare, e se osano alzarsi vengono presi dal vento, sbatacchiati, mescolati e resi irriconoscibili.
Per fare un esempio, camminando sul prato Mario ne sentiva l’odore. E non dite che quello lo sentono tutti, anche col naso normale: tutti credono di sentirlo. Quello che assaporava Mario era il vero odore, anzi,  una sinfonia di tanti odori diversi, perché ogni erbetta, ogni piccolo fiore, ogni animaletto, aveva una sua impronta particolare; non è detto che fosse un profumo, ma lui riusciva a distinguerli uno per uno e poteva dire a occhi chiusi: «Qui ci sono dei nontiscordardimè, là invece dei trifogli e laggiù, accanto a quelle margherite, sta per sbocciare una viola.». E lo stesso per le formiche, che distingueva subito tra quelle rosse e quelle nere. Le verdi mantidi mandavano un profumo particolare, per non parlare degli scarabei stercorari che insomma, ecco, quelli davvero puzzavano, tanto che pensava: “Poveretti, col mestiere che fanno, mica hanno il bagnoschiuma profumato che li aspetta a casa”.
Allo stesso modo, da quel libro sotto il salice iniziarono ad arrivare molti profumi diversi.
C’era la carta, col retrogusto di legno, poi l’inchiostro, che aveva un certo aroma amarognolo. Ma cos’era quell’odore strano? Eppure gli pareva di conoscerlo. Ecco! La vacanza dell’anno precedente con mamma, papà e Anna, le scogliere, gli spruzzi… l’oceano! Quello che sentiva era certamente l’odore dell’oceano.
Poi ne arrivò un altro, dolciastro, sgradevole, sembrava quello delle erbe morte che il signor Paolo, il giardiniere, toglieva dalla vasca della fontana.
Si corresse, “No, si chiamano alghe”. Suo padre, mentre passeggiavamo sulla spiaggia dopo una mareggiata, aveva spiegato che le alghe sono piante che crescono nell’acqua e persino nell’oceano. Infine, sopra a tutti, un puzzo così intenso che gli fece istintivamente allontanare il piede dal libro. “Che brutto! Mamma mia, sembra l’odore di un mostro enorme, sarà un orco? O forse un drago che sputa fiamme, come nelle figure del libro di San Giorgio?”. Anna era tutta intenta al suo studio ma ugualmente scorse lo scatto della gamba e notò la smorfia di disgusto del fratellino.
 «Cosa c’è, ti ha morso un ragno?».
 «Peggio, Anna; senti, quel libro parla dell’oceano e di un mostro puzzolente che ci vive?».
Anna rimase perplessa: come faceva Mario a sapere quelle cose?
«Beh sì, anche. Non è proprio un mostro, parla di un capitano e dei suoi uomini coraggiosi che danno la caccia a una grande balena bianca, e la caccia si svolge sull’oceano, naturalmente».
 «Una balena? Come quella che ingoia Geppetto?» chiese Mario, interessato.
Anna cercò le parole giuste per spiegare a un bambino di cinque anni cosa fosse una balena, ma pure lei, che di anni ne aveva quasi dieci, non ne aveva mai vista una. Però aveva visto dei disegni, e stava leggendo quel libro che diceva molte cose sulle balene.
«Una balena non ingoia nessuno, è come un pesce perché vive nel mare, ma respira aria come noi ed è molto grande, più grande persino di Bullo, il toro del signor Guido, e soffia come lui, ma soffia acqua puzzolente.».
Mario era soddisfatto, era quella la puzza e la balena era un grande mostro. Si diresse verso casa saltellando e cantilenando a gran voce.
Una volta entrato, si diresse, sempre correndo, verso la biblioteca di papà.
La scoperta degli odori nel libro era stata eccitante, voleva provare con altri libri e sapeva che lì ne avrebbe trovati molti.
“Saranno un milione”, pensò entrando nella grande stanza piena di volumi bene allineati lungo tre delle quattro pareti.
Si alzò in punta di piedi per arrivare al primo scaffale. Una bella copertina di cartoncino rosso attrasse la su attenzione. Prese il libro con fatica e lo posò sul tappeto, quindi si sedette con la schiena appoggiata alla poltrona di cuoio e accostò il piede alle pagine ingiallite.
Cercò di ignorare gli odori di carta e d’inchiostro che aveva già sentito, e si concentrò su quelli nuovi che iniziavano ad arrivare.
Prima un odore strano, certo non piacevole. Era come quello del posto pieno di lumini rossi, dove mamma e papà l’avevano portato all’inizio di Novembre. Gli avevano indicato una piccola costruzione di marmo bianco con due fotografie rotonde, quelle di un’anziana signora e di un vecchietto con i baffoni. «Qui dormono i tuoi nonni, la mamma e il papà di tua mamma» gli avevano detto.
Ma subito dopo un nuovo odore prese il sopravvento, talmente prepotente da pervadere tutto il libro. Mario sentì un brivido lungo la schiena, subito seguito da una strana sensazione alla radice dei capelli. Ritrasse il piede come se si fosse scottato.
Era l’odore della paura, lo conosceva, l’aveva sentito quando, per fare uno scherzo ad Anna, si ero nascosto sotto il suo letto e poi, al buio, le aveva tirato i piedi urlando “buuuh”. Anna si era messa a urlare, poi a piangere mentre la stanza si riempiva di quell’odore. La mamma era accorsa agli strilli ed era riuscita a calmarla facilmente, ma quando Anna le raccontò cosa l’aveva terrorizzata, a Mario toccò una ramanzina solenne e una spiegazione su come la paura potesse fare del male. «Non azzardarti a fare mai più uno scherzo del genere» gli aveva detto, molto seria in viso, «se lo rifarai, lo dirò a papà». Quella di essere sgridato davanti a suo padre era la punizione più temuta, Mario adorava suo padre e ne cercava sempre i sorrisi e le coccole.
“Allora nei libri può esserci la paura”, pensò “dovrò stare attento, la mamma dice che la paura può fare male”.
Lasciò sul tappeto quel libro e ne prese un altro, poi un altro e altri ancora, tirandoli giù da tutti gli scaffali bassi, dove poteva arrivare.
Ognuno gli diede sensazioni diverse, alcune conosciute, come il mare, i fiori, il vento, i cavalli e i boschi, altre che non riuscì a capire, piacevoli, tristi, o semplicemente impossibili da definire con l’esperienza di un bambino.
Ma a cinque anni ci si stanca in fretta persino del giocattolo più meraviglioso, e quella tempesta di emozioni ben presto lasciò Mario svuotato di energie, con la testolina confusa e piena di domande.
Si sdraiò sul morbido tappeto, circondato dai libri, l’ultimo posto sotto la testa come un cuscino, e chiuse gli occhi.
Suo padre lo trovò cosi, e dopo un attimo di stupore e un lampo di disappunto nel vedere i suoi amatissimi volumi trattati in quel modo, sorrise scorgendolo addormentato sulla rara e preziosa edizione di “Fermo e Lucia”.
Si chinò e lo prese in braccio, dandogli un bacio sulla fronte. Lui sorrise e aprì gli occhi.
«Papà, lo sai che i tuoi libri mi piacciono molto, quasi tutti. Ma qualcuno mi fa paura».
«Caro, tu non sai leggere, non puoi capire cosa dicono i libri. Invece non dovresti giocarci, alcuni sono davvero molto rari ed io non vorrei che si rovinassero».
«Mica li rovino, poi non so leggere ma i libri hanno dentro gli odori. Vedi, è come quando ci porti al cinema: non serve leggere per ridere con i cartoni animati e capire le storie che ci fanno vedere».
Il padre sorrise a quella che sembrava una sciocchezza di bimbo. «Mario, tesoro, i libri odorano di carta, magari di vecchio e di muffa, e basta. E’ vero, alcuni contengono storie che mettono paura, ma altri fanno volare con la fantasia, ti mostrano luoghi, persone e cose che mai potresti vedere o ascoltare. I libri sono la più grande invenzione dell’uomo, ma vanno trattati con amore, e occorre leggerli quando si è pronti per farlo».
Mario strinse più forte suo papà, assaporandone tutto il suo odore così rassicurante, robusto come il tabacco della sua pipa, dolce e morbido come la camicia che indossava, fresca di bucato e appena stirata.
«Io sono pronto, papà, quando mi sveglio torno dai libri, ma ti prometto di non romperli».
Da quel giorno e per alcuni anni, la biblioteca fu il mondo di Mario, che vi trascorreva quasi tutto il tempo libero. Naturalmente imparò a leggere, ma per le prime sensazioni di un libro che stava per aprire, si affidava ancora al suo nasino segreto.
Tutto cambiò quando si accorse che pure il suo corpo stava cambiando, preparandolo a entrare in un mondo senza più favole e senza più profumi segreti.
Ma i libri, per fortuna, c’erano ancora, e non li abbandonò, anzi li amò sempre e loro, in cambio, tennero viva la sua fantasia e la sua voglia di conoscere.
Dovette adattarsi a leggerli come fanno tutti, eppure… eppure ancora adesso nonno Mario, riaprendo Moby Dick, magari per leggerne alcuni passi ai nipotini, socchiude gli occhi e sembra che ritrovi il profumo dell’oceano, il sentore delle alghe e, quando la vedetta urla nel vento “Laggiù soffia!”, l’inconfondibile odore della grande balena, più grande persino di Bullo, il toro del signor Guido.
« Ultima modifica: Novembre 22, 2015, 23:28:25 da valdobear »

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Re:Il piccolo naso
« Risposta #1 il: Novembre 23, 2015, 11:45:40 »
e nonno Mario sei tu! bellissimo racconto, che scende giù nel cuore proprio come un profumo.  abow Sicuramente una storia originale, ma possibilisima, per chi ama da sempre i libri.