Autore Topic: Avv. Zaina Processo penale  (Letto 404 volte)

Birik

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Avv. Zaina Processo penale
« il: Febbraio 09, 2017, 15:42:34 »
Riflessione a margine del tristissimo episodio di Vasto. Ormai i processi penali sono diventati vere e proprie ordalie, che devono soddisfare non già la sete di giustizia, bensì la sete di vendetta delle parti lese e dei loro familiari.

Nessuna delle istituzioni ha mai tentato di spiegare a persone, del tutto profane dei meccanismi procedimentali, quale sia la effettiva funzione del processo penale italiano che, se non ricordo male non è stato scritto nè da Robespierre, nè da Davigo o Travaglio e non è stato concepito nel corso della Rivoluzione Francese o di Mani Pulite (per fortuna).

Questa carenza culturale e di umiltà – da addebitare sia alla politica, che alla magistratura, che anche ai media sempre più proni dinanzi ai nuovi signori del diritto – ha generato i mostri odierni. Mostri, molte volte, seppure a fatica, comprensibili sullo stretto piano umano, giammai condivisibili su quello giuridico e sociale.

Se un processo – o di esso alcune imputazioni – si prescrive, perchè mai non sentiamo levare alti lai o proteste nei confronti di Procure della Repubblica che indulgono in indagini, soventi inutili, che ritardano la fase definitoria dinanzi al giudice terzo?

Perchè non si ha mai il coraggio di rivolgersi nei confronti di chi (il PM) è il vero arbitro e signore della prescrizione o, comunque, dello sviluppo del procedimento/processo? Se volete parlare di prescrizione studiate il codice di rito e bene, eviterete sciocchezze.

Questo giacobinismo d’antan si è evidenziato, poi, nel settore dell’omicidio stradale, che è divenuta una vera caccia alla streghe. Non si fraintenda. Chi commette una violazione del codice della strada che comporta conseguenze gravissime (morte o lesioni) deve pagare il proprio debito sanzionatorio. Le pene detentive e accessorie, però, c’erano già prima ed erano adeguate. In realtà, mancano tuttora gli strumenti scientifici e giuridici per potere raggiungere prove di responsabilità.

Una delle circostanze che più solleticano i giornalisti è quella che il conducente fosse sotto l’effetto di alcol o droghe. Se per il primo l’accertamento è ormai inequivoco, per le seconde non lo è affatto. Le analisi del sangue, delle urine e del tampone salivare, costituiscono metodiche inidonee a stabilire se il conducente fosse alla guida in stato di effettiva alterazione da sostanze stupefacenti.

Ma questo nessuno lo dice e basta una generica positività (segno di un’assunzione che potrebbe risalire a giorni prima del fatto) per potere dare in pasto il colpevole al popolo (novello terzo stato) che non chiede altro di processarlo mediaticamente (per la gioia del Giletti o della D’Urso di turno).

La giurisprudenza è troppo ondivaga e teme di introdurre principi che la popolazione non sia in grado di cogliere e condividere, assumendo decisioni che i soliti esaltati potrebbero volutamente fraintendere. Politica e media lasciano lo spazio al battistrada, guardandosi bene dall’intervenire e mettendosi opportunisticamente in scia.

È il linciaggio preventivo dell’imputato (non protetto adeguatamente dalla presunzione di cui all’art. 27 Cost.) che appare inaccettabile. Tutti si cibano di dotte citazioni della Costituzione, ma, alla fin fine questo homo homini lupus pare non interessare a nessuno. Sciacquiamoci la coscienza, tanto è successo ad altri, ma se dovesse succedere a noi saremmo capacità di sopportare questo atteggiamento?


Autore: Avv. Carlo Alberto Zaina
Nato a Rimini nel 1956. Patrocinante in Cassazione e Magistrature Superiori. Laureato a Bologna nel 1980, iscritto al foro di Rimini, esercita la libera professione. Segue l'intera parte legale di Dolce Vita e risponde alle domande degli utenti sul forum di Enjoint.



E invece homo homini lupus interessa eccome. Il sistematico depauperamento delle risorse destinate alla cultura ha prodotto nell'ultimo ventennio una gioventù qualunquista e disinteressata ai grandi temi; in contemporanea la crisi economica ha portato la classe media a scivolare nella povertà, subita con la giusta rabbia. L'unione delle due cose (oltre alle cause da lei citate) ha fatto si che una bella fetta della popolazione si sia lasciata andare a sentimenti di rivalsa, giustizialisti, razzisti e di intolleranza. Il risultato è ciò che lei Carlo chiama "giacobinismo d'antan". Alla fine a nessuno interessa quale sia la funzione del processo penale perchè il processo si fa in piazza e in quella allargata e pericolosissima dei social, dove il capolavoro delle classi dominanti ha chiuso il cerchio: far si che l'odio si sviluppi in orizzontale nella guerra fra poveri (anche di mente), e non in verticale, verso il potere. Un gentile saluto
Birik