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Arte / Re:Carità romana
« Ultimo post da Doxa il Febbraio 08, 2024, 09:14:40 »
Dopo la pala d'altare di Caravaggio, che ho descritto nel precedente post,  numerosi pittori vollero esprimere il loro talento artistico dedicandolo anche  al tema di Pero e Cimone. La “moda” iniziò nel 1610-12 e durò circa due secoli.  Si diffuse in Italia, Francia, Paesi Bassi, parteciparono pure gli spagnoli Jusepe de Ribera e Bartolomé Esteban Murillo.
 
Oggi offro alla vostra visione la “Carità romana” immaginata da un pittore di origine tedesca ma risiedeva ad Anversa, in Belgio,  mi riferisco a  Pieter Paul Rubens, che dal 1600 al 1608 soggiornò in varie città italiane, in particolare a Venezia, Mantova e Roma. In queste località  affinò la sua arte ammirando le opere di noti  pittori italiani.

Il fiammingo Rubens è considerato un precursore dello stile barocco.


 Pieter Paul Rubens, Carità romana, olio su tela, 1612 circa, Museo dell’Ermitage, San Pietroburgo.
 
Nel 1630 Rubens tornò su questo tema ma titolò la tela “Cimone e Pero”


Pieter Paul Rubens, Cimone e Pero, olio su tela, 1630, Rijksmuseum, Amsterdam.

In questa versione   padre e figlia sono  seduti su un baule.  Pero è una bionda donna pletorica, di carnagione chiara.  L’attenzione ai dettagli nel corpo dell’uomo e nei vestiti mostra la capacità dell'artista di creare una sensazione di realismo nel suo lavoro.


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Arte / Re:Carità romana
« Ultimo post da Doxa il Febbraio 06, 2024, 18:50:23 »
6 Visitare i carcerati:  quest’opera di misericordia viene raffigurata da Caravaggio con gli stessi personaggi  visti nella prima opera di carità:  “Dar da mangiare agli affamati”, con Pero che  allatta il padre rinchiuso nel carcere.


 

7 Seppellire i morti: c’è un uomo con la fiaccola che fa luce sul percorso,  un altro che trasporta la salma,  della quale si vedono i piedi sopra un lenzuolo bianco. 




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Arte / Re:Carità romana
« Ultimo post da Doxa il Febbraio 06, 2024, 18:44:46 »
4 Ospitare i pellegrini: quest’opera di carità è riassunta da due figure: 

l'uomo in piedi  sulla sinistra  indica un punto verso l'esterno della composizione,  come se volesse invitare il pellegrino, San Giacomo, raffigurato con il bordone e la conchiglia sul cappello (simboli del pellegrinaggio a Santiago de Compostela).  Vicino a lui  c’è un terzo personaggio,  forse un altro pellegrino.





5 Visitare gli infermi: allo stesso san Martino di Tours  è collegata la figura dello storpio in basso nell'angolo buio a sinistra della scena; è  disteso, è visibile un suo piede,   ha le mani congiunte in preghiera e chiede aiuto al cavaliere.



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Arte / Re:Carità romana
« Ultimo post da Doxa il Febbraio 06, 2024, 18:39:29 »
Le sette opere di misericordia  corporale: 1  Dar da mangiare agli affamati 2 - Dar da bere agli assetati 3 - Vestire gli ignudi 4 - Alloggiare i pellegrini 5 - Visitare gli infermi 6 - Visitare i carcerati 7 - Seppellire i morti.

1 Dar da mangiare agli affamati: rappresentato dall'episodio di  Cimone e Pero; notare la goccia di latte sulla barba dell’anziano uomo, che sta bevendo dal seno della figlia.
 


 

2 Dar da bere agli assetati: un uomo, in secondo piano  sulla sinistra,  beve da una mascella d'asino.  Questa raffigurazione è l'unica   che si discosta dalle altre, perché  non c’è  l'intervento di un individuo   che soccorre un altro, ma l’azione divina.


 


3 Vestire gli ignudi: in primo piano un giovane cavaliere, san Martino di Tours, dona il suo mantello  a un uomo visto di spalle e seduto in terra.  Dietro la testa del santo s'intravede l'orecchio di un altro personaggio.



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Arte / Re:Carità romana
« Ultimo post da Doxa il Febbraio 06, 2024, 18:28:24 »
Nel Medioevo, la vicenda di Pero e Cimon  è tramandata da Giovanni Boccaccio nel 65/esimo capitolo del “De mulieribus claris”  (= le donne famose), testo in lingua latina scritto  tra l’estate del 1361 e quella del 1362. 

L’opera descrive con finalità morali 106 donne dell’antichità e del Medioevo. Tramite le loro azioni, sia buone che malvagie, l’autore intendeva presentare esempi  e spronare alla virtù.

L’ispirazione per questo suo libro dedicato soltanto a donne famose gli era venuta dal “De viris illustribus” di Francesco Petrarca, che descrive biografie di uomini.

Nell’ambito della pittura, nel 1606/1607  a Napoli Caravaggio dipinse  una pala d’altare dedicata alle sette opere di misericordia corporale commissionata dalla  locale “Confraternita del Pio Monte della Misericordia”, istituzione che si occupava di aiutare i bisognosi.

Sei delle sette opere misericordiose sono narrate nel Vangelo di Matteo. La settima riguarda la sepoltura dei morti.

I personaggi raffigurati sono disposti a raggiera. Tramite loro l’artista raffigura diversi episodi in un unico dipinto.


Michelangelo Merisi, detto Caravaggio, Sette opere di misericordia, olio su tela, 1606 – 1607, Pio Monte della Misericordia, Napoli

In un unico spazio sono uniti il divino e l’umano.

In alto la Madonna col Bambino,  accompagnati da due angeli con grandi ali piumate e in parte avvolti da panneggi,  osservano le vicende umane sulla Terra. 


particolare della Madonna col Bambino



particolare degli angeli

L’opera, con ombre e luci concentra in una visione d’insieme 14 personaggi che raffigurano le 7 opere di misericordia corporale  in un ipotetico, brulicante scenario cittadino partenopeo.

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Arte / Carità romana
« Ultimo post da Doxa il Febbraio 06, 2024, 14:00:41 »
Nell’antichità c’era la tendenza mito-poetica di personificare oggetti inanimati  o fenomeni naturali attribuendo loro tratti (anche psicologici e comportamentali) umani, un esempio è la caritas, raffigurata  nell’arte mentre elargisce pane ai poveri, oppure mentre allatta dei bambini. A quest’quest’ultima tipologia ho dedicato recentemente un topic.

Ma è stata pure  rappresentata come una donna che allatta un uomo anziano. Questa iconografia è conosciuta col nome di “Carità romana”, sia  per distinguerla dall'altra sia perché è collegata ad un racconto di epoca romana: una giovane donna, di nome Perus o Pero, allatta il vecchio padre, Cimon o Micon, che è in prigione, salvandolo dalla morte per inedia.

La leggenda è narrata dallo storico Valerius Maximus nel “Factorum et dictorum memorabilium libri IX”: una raccolta in 9 libri di fatti e detti memorabili,  desunti dalla storia romana e da quella greca.  Gli aneddoti  sono moraleggianti. La finalità dell'autore è quella di descrivere esempi  di comportamenti virtuosi.

Ecco la storia della “Carità romana”:  a Roma, in epoca repubblicana,  Perus, ottenne il permesso di poter andare ogni giorno nel carcere dal padre,  condannato a morire di fame.

La donna aveva partorito da poco e allattava il figlio. Durante le sue visite giornaliere al genitore,  in segreto lo nutriva con l’unico alimento a disposizione: il latte del suo seno. Tutto andò bene fino a quando le guardie cominciarono ad avere dei sospetti, infatti Cimon nonostante fosse  molto dimagrito era ancora in vita.

Un giorno un carceriere  scoprì l’azione della donna e lo comunicò ai suoi superiori,  che rimasero sorpresi e commossi, ma anziché punirla graziarono lei e il padre che tornò libero.

Questa vicenda, nei secoli ispirò numerosi artisti fin dall’epoca romana.

A Pompei, nel parco archeologico c’è la domus di Marcus Lucretius Fronto, sepolta durante l’eruzione del Vesuvio del 79 d. C.. Fu costruita nel II sec. a. C.,  successivamente ristrutturata  e ampliata.  Ha  decorazioni pittoriche di notevole qualità.



Pompei,  atrio della domus di epoca romana di Marcus Lucretius Fronto

A fianco del tablinum c’è   un cubicolo, affrescato dopo il terremoto del 62 d. C.. Ha la zoccolatura  di colore rosso scuro, decorata con la raffigurazione di piante. La zona mediana ha le pareti di colore giallo ocra, con al centro due scene contornate da raffigurazioni con ghirlande,  frutta e amorini in volo:  in un riquadro, il mito di Narciso, nel momento in cui ammira la sua immagine riflessa nell’acqua, nell’altro è rappresentata la giovane Pero che allatta in prigione il vecchio padre Micon salvandolo dalla morte a cui era stato condannato.

Completa la decorazione  due medaglioni con ritratti di fanciulli ai lati dell’ingresso. Forse era la camera da letto dei figli del proprietario a cui probabilmente erano rivolti i due esempi: la vanità e l’amore filiale verso i genitori. 

L'ambiente è illuminato  dalla luce esterna che attraversa una finestra.


Narciso si specchia nell’acqua, 50 – 79 d. C., Museo Archeologico, Napoli


Micon e Pero, affresco, 50 – 79 d. C., Museo Archeologico, Napoli
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Anch'io Scrivo poesia! / Nel Giardino della Vita...
« Ultimo post da Regina D'Autunno il Febbraio 05, 2024, 11:59:27 »
La mano di un giardiniere
nel giardino della vita,
è come un incantesimo fiorito
che fa dell'esistenza di ognuno
un tappeto di fiori dal dolce profumo,
ma anche di fiori che non conosciamo
e vanno scoperti tutti indistintamente,
sia che odorino di dolce nettare
che di amaro fiele...
 :-[
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Pensieri, riflessioni, saggi / Re:Alterità
« Ultimo post da ninag il Febbraio 02, 2024, 22:15:53 »
Mi piace questa parola, ha qualcosa di lieve e sfumato.
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Pensieri, riflessioni, saggi / Re:Alterità
« Ultimo post da Doxa il Febbraio 02, 2024, 07:56:13 »
Riguardo l’alterità ci sono numerosi libri. Ne indico un altro recente:  “Alterità sul confine fra l’Io e l’altro”, scritto da Pierpaolo Donati  e pubblicato dall’editrice “Città Nuova”.

L’autore afferma che nell’incontro con l’altro/a la domanda da porsi è: “Chi sono io per te e chi sei tu per me ?”.  Nella relazione interpersonale c’è un confine che ci divide: può generare incomprensioni oppure empatia.

Donati dice che l’alterità non è un’esperienza statica, non è la semplice presa d’atto: “io sono così e tu sei diverso”. E’ un’esperienza dinamica, che si pone a tre diversi livelli di realtà: mentale, situazionale, relazionale.

A livello mentale consideriamo l’alterità quando pensiamo l’Altro come uno che potrebbe crearci problemi, che è antipatico.

A livello situazionale valutiamo l’alterità in un contesto, in una situazione che può essere occasionale, come capita quando un individuo ci ferma nella strada e non sappiamo chi è, oppure può essere abituale, come avviene quando ci troviamo in un contesto familiare.

A livello relazionale è necessario chiederci che tipo di comunicazione vogliamo avere con l’altro. Significa configurare la relazione come un’adesione convergente per annullare il confine che separa ma definisce il Me e il Te.

Un esempio del confine che divide la relazione interpersonale è in un affresco di epoca romana, rinvenuto in una villa rustica pompeiana forse appartenuta a Publius Fannius Synistor.


Sulla destra l’anonimo pittore personificò due nazioni:  la  Macedonia e la Persia,  con allusione alle vicende connesse ad Alessandro Magno.  Lo scudo segna il confine tra le due figure, simboleggia la qualità enigmatica della relazione tra i due Stati e rappresenta l’alterità fra due entità che rimandano a popoli con culture e civiltà diverse. Così dice l’autore del libro!

Quando  i resti della villa rustica fu riportata alla luce fu dagli archeologi nel 1900,  68 sezioni di pitture murali  furono tolte,  recuperati gli oggetti di valore, poi i resti  del complesso edilizio  furono rinterrati, com’era prassi. I pannelli con i dipinti parietali, realizzati tra il 40 e il 30 a. C.,  furono distribuiti in  vari musei, come il Metropolitan Museum di New York,  il Museo archeologico nazionale di Napoli, il Louvre di Parigi e il Musée Royal di Mariemont,  a  Morlanwetz, in Belgio.


Affreschi del  40 – 30 a. C.: erano nella cosiddetta “sala M” della villa  rustica di Publio Fannio Sinistore, ricostruita nel Metropolitan Museum of Art, New York.

Forse questa stanza  era adibita a cubiculum,  la camera da letto del proprietario. L’edificio è  a circa due chilometri dal parco archeologico di Pompei, nell’area che in quel tempo era denominata   “Pagus Augustus Felix Suburbanus”, nell’attuale territorio del Comune di Boscoreale. In quel villaggio  c’erano  una trentina di ville rustiche, tra le quali quella  di  Publius Fannius Synistor,  così chiamata per la presenza di questo nome su un  vaso, ma forse era di proprietà di Lucius Herius Florus,  nome inciso su un sigillo.
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Pensieri, riflessioni, saggi / Alterità
« Ultimo post da Doxa il Febbraio 01, 2024, 10:01:59 »
Alterità: questo sostantivo deriva dal latino alterĭtas,  che “discende” da  “alter” (=  altro, diverso).

In questo topic per alterità  intendo la differenza tra due identità.

L’identità comprende le caratteristiche fisiche e psicologiche  di un individuo che lo fanno distinguere dagli altri, dalle altre entità: dal latino  “entitas” (= cosa esistente).

Ognuno di noi  è un'individualità, ma  comunicante con altre”. Nessun individuo è un’isola, completo in sé stesso, ma è una parte del tutto.

Il poeta e chierico londinese John Donne (1572 – 1631)  usa la metafora di un’isola in mezzo al mare, destinata a rimanere sola come una monade, scollegata dal resto del mondo. Nel contempo offre un’altra visione suggestiva: ogni individuo, seppur isola, fa parte di un continente, è una parte del tutto.

Celebre il suo sermone “Nessun uomo è un'isola” (meditazione XVII) del 1624. Il titolo deriva da un passo del “Devotions Upon Emergent Occasions”: “No man is an Iland, intire of it selfe; every man is a peece of the Continent, a part of the maine” [...], vuole significare che ogni uomo è una componente integrante dell'umanità. 

Ecco il testo:

“Nessun uomo è un’isola,
completo in sé stesso.

Ogni uomo è un pezzo del continente,
una parte del tutto.

Se anche solo una zolla venisse lavata via dal mare,
la Terra ne sarebbe diminuita,
come se un promontorio fosse stato al suo posto,
o una magione amica o la tua stessa casa.

Ogni morte d’uomo mi diminuisce,
perché io partecipo all’Umanità.

E così non mandare mai a chiedere per chi suona la campana:
Essa suona per te”.


Il verso finale: “Per chi suona la campana”  fu usato  dallo scrittore statunitense Ernest Hemingway per titolare il suo romanzo, pubblicato nel 1940.

Invece lo scrittore statunitense e monaco trappista Thomas Merton titolò “Nessun uomo è un’isola” (No man is an island) il suo saggio pubblicato nel 1955.

Infatti una delle fasi fondamentali del ciclo della vita di un individuo può essere  la costituzione della coppia. Dal considerarsi come  “Io” al vedersi come un “Noi”, pur rimanendo due alterità, due entità.


Małgorzata Chodakowska:  la fontana “Liebespaar” (parola tedesca che significa coppia di amanti), gruppo scultoreo in bronzo, collocato  di fronte all’ufficio del registro di Radebeul, località  vicino a Dresda (Germania).

L’artista, di origine polacca, ha studiato la scultura a Varsavia e a Vienna, ma vive a Dresda, in Germania.

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