Autore Topic: Speranza  (Letto 486 volte)

Doxa

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Speranza
« il: Marzo 15, 2018, 09:45:32 »
Paolo di Tarso nella prima Lettera ai Corinzi afferma: “Queste sono le tre cose che rimangono: la fede, la speranza e la carità” (13, 13). Tale dichiarazione fu usata dalla tradizione cristiana per la classificazione delle tre virtù teologali, quelle cioè che hanno alla loro radice la grazia divina, infusa nei credenti.

La seconda di queste virtù, la speranza, costituisce quasi il filo conduttore della Bibbia. Essa, infatti, è protesa verso il futuro messianico.

Gli eventi negativi nella vita motivano alla “di – sperazione” e non alla speranza, come confessa nel veterotestamentario “Libro di Giobbe” l’omonimo patriarca, la cui fede è messa alla prova da parte di Dio: “I miei giorni scorrono veloci come una spola, svaniscono senza un filo di speranza … La mia speranza dov’è nascosta ? Qualcuno ha intravisto la mia felicità ?” (7, 6; 17, 15).

L’apostolo Paolo usa due vocaboli greci per descrivere la speranza:

“elpìs”, che col relativo verbo risuona 86 volte nel Nuovo Testamento;

“hypomoné”, che evoca l’idea di un “rimanere sotto” un peso da reggere, ma con la certezza che giungerà la sosta per sgravarsi dal peso.

La speranza è collegata con l’attesa e la pazienza. Significativa è al riguardo la parabola del grano e della zizzania: “Il regno dei cieli si può paragonare a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. Ma mentre tutti dormivano venne il suo nemico, seminò zizzania in mezzo al grano e se ne andò. Quando poi la messe fiorì e fece frutto, ecco apparve anche la zizzania. Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: Padrone, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene dunque la zizzania? Ed egli rispose loro: Un nemico ha fatto questo. E i servi gli dissero: Vuoi dunque che andiamo a raccoglierla? No, rispose, perché non succeda che, cogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano. Lasciate che l'una e l'altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Cogliete prima la zizzania e legatela in fastelli per bruciarla; il grano invece riponetelo nel mio granaio” (Mt 13, 24 – 30).

Forte è la tentazione di reagire con ira, irrompendo e devastando la zizzania ma con essa anche il grano. La speranza è, invece, fermezza pacata e misurata, che sa attendere il tempo in cui Dio interverrà col suo giusto giudizio.

Doxa

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Re:Speranza
« Risposta #1 il: Marzo 15, 2018, 19:41:33 »
Nel mio precedente post ho scritto che l’apostolo Paolo usò due vocaboli greci per descrivere la speranza: “elpìs” e “hypomoné”.
Ma “Elpìs”  nella mitologia greca era la personificazione dello spirito della speranza.

Nell’VIII secolo a. C. l’antico scrittore greco Esiodo nel suo poema in esametri  “Le opere e i giorni” dice che la speranza  era tra i doni custoditi nel vaso regalato a Pandora, donna creata dal dio Efesto. 
Pandora aveva avuto l'ordine di non aprire mai il vaso, ma la curiosità la spinse a trasgredire: aprì il vaso ed uscirono tutti i mali, soltanto Elpìs, la speranza, rimase dentro perché Pandora riuscì a richiudere il vaso.

Nella mitologia romana, l'equivalente della greca Elpìs era la dea Spes, tradizionalmente definita “Spes ultima dea”, espressione passata nel detto popolare “la speranza è l'ultima a morire”, in quanto, come era narrato nel mito del “Vaso di Pandora”, essa è l'ultima risorsa e consolazione per l'umanità.

A Roma, nell’antichità furono costruiti due templi dedicati alla dea Spes: uno era sul colle Quirinale, nel “Vicus Longus”, l’attuale “via Nazionale”, un altro nel “Foro Olitorio”, fatto costruire dopo la prima guerra punica dal console Aulus Atilius Calatinus (Aulo Atilio Calatino).

Nel Forum Holitorium (=mercato per la vendita di frutta e verdura) c’era una zona sacra con tre tempietti, dedicati rispettivamente agli dei Giano, Speranza e Giunone Sòspita. Erano allineati con lo stesso orientamento tra l’attuale sede stradale ed il vicino fiume Tevere, ma è incerta  l’attribuzione della loro posizione.


Ricostruzione della posizione dei tre templi del Foro Olitorio. In alto a sinistra  la parziale sagoma del teatro di Marcello.

Resti visibili delle colonne perimetrali di uno dei tre templi sono murati nel  lato sinistro della chiesa dedicata a San Nicola di Mira,  poi denominata  basilica minore di San Nicola in Carcere, perché  nel Medioevo fu anche utilizzata come prigione.
Questa chiesa fu edificata su gran parte del tempio che era al centro.

 

Veduta esterna della chiesa di San Nicola in carcere


 moneta coniata durante il governo dell’imperatore Claudio con la raffigurazione della Spes.

In epoca imperiale il culto per la dea Spes assunse un valore politico rappresentando simbolicamente la fiduciosa attesa di una felice successione imperiale. Da Claudio che la fece raffigurare sulle monete in occasione della nascita del figlio Britannico, la Spes venne quindi definita nelle epigrafi con l'epiteto di «Augusta, Augusti, Augustorum".

Con l'imperatore Antonino Pio la Spes assunse un valore religioso nella riproduzione della defunta moglie Faustina in una serie di monete che la raffiguravano come la diva Spes: una giovane donna che incede, sollevando l'orlo della veste con un bocciolo di fiore nella mano destra.
« Ultima modifica: Marzo 15, 2018, 19:46:41 da dottorstranamore »

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Re:Speranza
« Risposta #2 il: Marzo 20, 2018, 07:27:04 »
Nel passaggio dall’elpìs greca alla speranza cristiana attraverso la fede vetero-testamentaria ha rilievo Filone Alessandrino, un dotto ebreo contemporaneo di Gesù, ma nato ad Alessandria d’Egitto. Egli commentò l’Antico Testamento secondo la filosofia platonica. Nel mitologico e filosofico “demiurgo” esposto da Platone nel “Timeo” come essere divino dotato di capacità creatrice e generatrice, Filone vide il Dio creatore ebraico, anche se il demiurgo platonico è un dio ordinatore e non generatore.

Filone pose, fra l’altro, le basi per la metafisica della speranza, ontologicamente associata all’agire umano: senza speranza di guadagno il negoziante non si darebbe da fare, senza speranza di vittoria l’atleta non si impegnerebbe nelle gare, ecc..
Dalla classicità greca viene anche la considerazione della speranza come consolazione nelle avversità o in un bene futuro che superi il male che ci ha colpito.

Filone fa propria la definizione della elpìs come “prosdokìa agathòn” (= “attesa dei beni”) e la contrappone alla paura, come “attesa di mali”. Definisce la speranza come “gioia prima della gioia, e, seppure imperfetta rispetto alla gioia piena, è tuttavia superiore a quella che deve giungere, per due aspetti: allevia l’ansia e le preoccupazioni; annuncia in anticipo l’arrivo del bene” (in “I premi e le pene”, 161).

In un altro suo elaborato Filone afferma che “…il bene è accompagnato dalla gioia; quando è atteso è accompagnato dalla speranza. Se è arrivato ce ne rallegriamo, se deve arrivare lo speriamo…” (in “Il cambiamento dei nomi e perché avviene”, 163). Dunque, come la paura è una sofferenza prima della sofferenza, così la speranza è una gioia prima della gioia”.

Agostino, vescovo d’Ippona nel suo “Commento ai Salmi” dice che Dio ha promesso il bene: “E’ perché hai promesso che mi hai fatto sperare” (118, 15, 1), ed aggiunge: “La nostra speranza è così certa che è come se già fosse divenuta realtà. Non abbiamo infatti alcun timore, poiché a promettere è stata la Verità, e la Verità non può ingannarsi né ingannare” (123, 2).
Inoltre, nelle “Confessioni”: “Ogni mia speranza è posta nell'immensa grandezza della tua misericordia. Dammi quello che comandi e poi comanda ciò che vuoi” (10, 29, 40).
Il simbolo cristiano della speranza è l’àncora navale.
 

Nella Bibbia il richiamo all'àncora è solo nel Nuovo Testamento e simboleggia la speranza nelle promesse di Dio.

Negli Atti degli Apostoli, dove descrive l'arrivo a Malta di Paolo di Tarso e dei prigionieri: “Nel timore di finire contro gli scogli, gettarono da poppa quattro ancore, aspettando con ansia che spuntasse il giorno” (27, 29).
Nella Lettera agli Ebrei l’apostolo Paolo dice: “Perciò Dio, volendo mostrare più chiaramente agli eredi della promessa l'irrevocabilità della sua decisione, intervenne con un giuramento ... noi, che abbiamo cercato rifugio in lui, abbiamo l’incoraggiamento ad afferrarci saldamente alla speranza che ci è proposta. In essa infatti abbiamo come un'àncora sicura e salda per la nostra vita: essa entra fino al di là del velo del santuario, dove Gesù è entrato come precursore per noi, divenuto sommo sacerdote per sempre secondo l'ordine di Melchìsedek” (6,17-20).

La speranza fondata sulla “parola” di Dio è come un'àncora che dà fermezza al credente, egli è certo di appartenere a lui.

La simbolica àncora cristiana per la sua forma fu usata anche come significante che evoca la croce di Gesù.

L'àncora, unita al simbolico pesce, indica la fede del credente nella risurrezione.

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Re:Speranza
« Risposta #3 il: Marzo 25, 2018, 18:04:25 »
L’umanità ha bisogno di sperare. La speranza dà la forza per lottare, vivere, fare progetti, raggiungere delle mete.

I cristiani sono convinti che la speranza si possa apprendere tramite la preghiera, perché Dio ascolta le loro invocazioni.

Agostino, vescovo d’Ippona, in una sua omelia sulla “Prima Lettera di Giovanni” definisce la preghiera un esercizio del desiderio, confronto dell’Io con Dio.

Nei secoli sulla speranza connessa anche alla transitorietà e precarietà dell’esistenza umana ne hanno discettato molti filosofi, fra cui quelli della corrente esistenzialista, nata nel 18/esimo secolo ma affermata tra gli anni ’20 e ’50 del XX secolo.

Nell’esistenzialismo l’appello alla speranza è un punto centrale. Il filosofo e psichiatra tedesco Karl Jaspers nel suo libro “Sull’origine e senso della storia” dice che l’angoscia è il fondamento della speranza.

Nell’esistenzialismo francese il richiamo alla speranza generata dall’angoscia è frequente. Il filosofo Gabriel Marcel, esponente del cosiddetto esistenzialismo cristiano del XX secolo, ne “Le monde cassè” scrisse: “ La speranza, è quella che non dipende da noi [...], il cui fondamento è l'umiltà e non l'orgoglio, perché l'orgoglio consiste nel non ritrovare la forza in noi stessi”.

Già, l’orgoglio ! Indica lo stato d’animo di chi ha l’eccessiva considerazione di se stesso. L’orgoglioso è un narcisista ?

Nella tradizione cattolica l’orgoglio è un vizio capitale, induce l’individuo a riconoscersi meriti e pregi che non ha. L’insano orgoglio è considerato psicopatologia, che si contrappone al “sano” orgoglio. Il problema sorge nel momento in cui l’essere “sanamente” orgoglioso per qualcosa che fa, dice o possiede, arriva a disprezzare gli altri. L’insano orgoglio era considerato dal pontefice Gregorio Magno “la radice di ogni male”, perché fa perdere il senso delle proporzioni.

Il filosofo tedesco Ernst Bloch nella premessa a “Il principio Speranza” dice che: “L'importante è imparare a sperare. Il lavoro della speranza non è rinunciatario perché di per sé desidera aver successo invece che fallire. Lo sperare, superiore all'aver paura, non è né passivo come questo sentimento né, anzi meno che mai, bloccato nel nulla. L'affetto dello sperare si espande, allarga gli uomini invece di restringerli, non si sazia mai di sapere che cosa internamente li fa tendere a uno scopo e che cosa all'esterno può essere loro alleato. Il lavoro di questo affetto vuole uomini che si gettino attivamente nel nuovo che si va formando e cui essi stessi appartengono”.

Ne “Il principio speranza” (pubblicato in tre volumi dal 1953 al 1959), Bloch sosteneva che speranza e utopia sono elementi essenziali dell'agire e del pensare umano. Esse offrono all’individuo la possibilità di anticipare quel futuro dove realizza la sua essenza.
La speranza non è solo un atteggiamento sentimentale, è certa nella soggettività ma incerta nell’oggettività, perché continuamente sottoposta al rischio; però la speranza è connessa con l’ottimismo, che dà la forza morale per superare l’incertezza, il rischio, per conquistare ciò che si desidera.

Ancora Bloch nel suo libro “Ateismo nel cristianesimo” scrisse: “Solo un ateo può essere buon cristiano, solo un cristiano può essere buon ateo”. Questo paradosso è considerato la sintesi tra la concezione marxista della speranza e la visione teologica cristiana, dalla quale fu poi sviluppata la “teologia della speranza”.
Bloch propone una nuova lettura e interpretazione della Bibbia secondo quella che egli chiama deteocratizzazione, l'eliminare cioè dai testi sacri tutto quello che viene attribuito a Dio come monarca trascendente: configurazione questa presa a giustificazione di ogni sopraffazione del potere dell'uomo sull'uomo.

Il filosofo Remo Bodei spiega che Bloch concepisce la speranza come fattore gnoseologico, di conoscenza e di progresso, contro l’idea heideggeriana dell’angoscia come condizione di conoscenza ed esperienza dell’ essere nel mondo.