Autore Topic: Ho visto anche zingari felici  (Letto 589 volte)

Birik

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Ho visto anche zingari felici
« il: Giugno 22, 2018, 12:14:10 »
Ho visto anche zingari felici
Se in  un’epoca caratterizzata da forti flussi migratori, ci sentiamo incapaci, inadeguati al loro contenimento, è perché i flussi non si arrestano, al massimo si incanalano.
 Tutta la storia è costellata da forti migrazioni causate spesso da guerre o carestie, popoli che si muovono alla ricerca di una vita migliore e che spesso lo fanno in armi, come  per esempio i Barbari quando scesero in Italia o gli anglosassoni alla conquista di nuove terre in America. A volte sono stati i governi ad incentivarle, per lavorare la terra o in cerca di manodopera, a volte per rinnovare il sangue di popolazioni troppo imparentate
 Pacifico fu  lo spostamento verso Ovest di popolazioni nomadi dell’India Nord Occidentale intorno all’anno 1000. Un’ultima casta fatta di ramai, allevatori, fabbri, che in uno spostamento lento e preordinato, si avvicinarono all’Europa balcanica prima e alla Spagna poi, passando per l’Egitto.  Cosa li spinse a lasciare la loro terra non si sa, mentre si è quasi sicuri della loro provenienza: Rajastan e Gujarat.
Dall’evoluzione della lingua e dall’acquisizione di nuovi vocaboli si può intuire il percorso fatto in vari secoli da questi camminanti, Persia, Armenia, AsiaMinore, Europa e che oggi sono sparsi ovunque nel mondo.
Non conoscevo la loro origine fin quando non mi sono trovata nel mezzo di una rappresentazione folkloristica  in Rajastan. Le danze, la musica e i costumi non sembravano affatto quelli dell’India classica, I fiati, gli ottoni, addirittura la fisarmonica, i corsetti e i gonnelloni delle donne, le danze ritmiche, i lunghi baffi degli uomini, tutti con l’anello all’orecchio: non c’erano dubbi, erano gypsies.
Su come poi sia modificato il linguaggio, la religione o l’organizzazione sociale nei vari gruppi di appartenenza (Rom, Sinti, Gitani) , gli studiosi non sono del tutto concordi, c’è un vuoto dato dalla mancanza di una letteratura scritta e dalla ramificazione dell’ondata migratoria non orientata in una sola direzione.
Nei secoli  hanno subito le più violente persecuzioni,  non ultima la follia di un’associazione svizzera attiva fino agli anni ‘ 70 che in quarant’anni  ha rinchiuso centinaia di bimbi in ospedali psichiatrici. Tutto nato dalla schedatura degli Jenishe negli anni trenta, quando il governo elvetico scelse la strada della pulizia etnica. Con la scusa di alfabetizzare si appropriò di giovani vite mai più restituite alle famiglie.
 I loro lavori tradizionali che erano la ferratura dei cavalli, la lavorazione del rame, l’allestimento di spettacoli circensi e giostre, sono ormai scomparsi  e i Romani’ si arrangiano come possono; una buona percentuale è diventata stanziale, occupa case popolari e vive di lavori come facchinaggio e pulizie,  altri, specie quelli che abitano i campi, non agiscono  nella legalità. La stessa illegalità che si vive in ogni ghetto, sia esso periferia , campo nomade o centro per rifugiati. Illegalità data dalla disperazione di vite che sono facili prede della criminalità organizzata.  Allora io non parlerei di schedatura, che evoca un troppo triste periodo storico, ma piuttosto farei un serio mea culpa per le mancate politiche (e lo spreco di fondi europei destinati alla loro integrazione) a favore di un popolo che ha tutto il diritto di vivere nella legalità e secondo le proprie tradizioni.