L’originaria basilica di San Pietro in Vincoli fu costruita nel 442 per volere di Licinia Eudoxia (augusta dell’Impero romano d’Occidente), figlia dell’imperatore d’Oriente Teodosio II e moglie dell’imperatore d’Occidente Valentiniano III.
“Donna Licinia” fece edificare la chiesa per far custodire le (false reliquie) catene (in latino
vincula, perciò il titolo San Pietro in Vincoli) che secoli prima avevano imprigionato l’apostolo Pietro a Roma nel carcere Mamertino, insieme a quelle relative alla prigionia dello stesso discepolo a Gerusalemme. Le due catene sono custodite in un’urna sotto l’altare maggiore. Viene esposta ai fedeli una volta l’anno: l’1 agosto.
Il reliquiario con le catene.
Fu la “turca” Licinia (nata a Costantinopoli nel 422 e morta in quella città nel 493 circa) a chiamare a Roma il re dei Vandali Genserico, causando il saccheggio dell’Urbe nel 455.
La chiesa di San Pietro in Vincoli fu ricostruita nell’ VIII sec. ed ebbe ulteriori interventi edilizi nei secoli successivi.
Nel braccio del transetto destro c’è il mausoleo che doveva essere la tomba di Papa Giulio II. Fu commissionato a Michelangelo nel 1505, ma l’opera subì varie interruzioni. Fu completata nel 1545, trentadue anni dopo la morte di Giulio II, che invece è sepolto in Vaticano nella basilica di San Pietro, insieme allo zio, il pontefice Sisto IV.
Nel progetto originale il monumento funebre era più grande. Previste più di 40 statue come ornamento della stanza funebre ed anche l’ampliamento della basilica.
La versione definitiva, dopo che il progetto ebbe la sesta modifica, fu di sette statue per ornare il monumento funebre, tra le quali il Mosè, realizzato da Michelangelo Buonarroti tra il 1513 e il 1515.
Michelangelo Buonarroti, monumento funebre per il pontefice Giulio II, basilica di San Pietro in Vincoli.
Nel registro inferiore, alla destra del Mosè, la scultura che raffigura la biblica Rachele con le mani giunte (simbolo della vita contemplativa), invece sulla sinistra c’è Lia (vita attiva).
La statua del Mosè, alta m 2,35. E’ seduto, guarda verso destra, ha il piede destro posato sulla base, la gamba sinistra sollevata e la sola parte anteriore del piede poggiata sul basamento.
Mosé con la mano sinistra si tocca la barba, con il braccio destro regge le tavole della Legge.
Inizialmente era seduto in posizione frontale. Secondo un documento, 25 anni dopo aver concluso il marmoreo Mosè, Michelangelo ebbe l’incarico di modificarlo: nel 1542 fece ruotare la testa per distogliere lo sguardo del profeta dagli altari nell’abside e nel transetto dove c’erano custodite le cosiddette “catene” di San Pietro.
Per ottenere la torsione, abbassò la seduta di 7 cm, rimpiccolì il ginocchio sinistro per portare indietro la gamba e girò a destra la barba per mancanza di marmo a sinistra. II naso fu ricavato dalla gota sinistra.
Le corna sulla testa forse le realizzò per un errore di traduzione del Libro dell’Esodo (34, 29) dove si narra che Mosè mentre scendeva dal Monte Sinai aveva due raggi sulla fronte. La parola ebraica "karan" (= raggi) fu confusa con "keren" (= corna), generando la presenza dell’originale dettaglio nella statua.
Nel registro superiore: al centro, nella nicchia c’è il gruppo scultoreo della Madonna col Bambino; davanti, la marmorea urna sepolcrale che avrebbe dovuto contenere il corpo di Giulio II, raffigurato sdraiato su un fianco, come se fosse adagiato su un triclinium anziché sul coperchio del feretro; sulla destra di questo, la statua che simboleggia la Sibilla, sulla sinistra è rappresentato un profeta assiso.
The end