Autore Topic: sul poetare  (Letto 479 volte)

Doxa

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sul poetare
« il: Agosto 14, 2018, 18:00:09 »
Lo scrittore Franco Loi si domanda Cos’è la poesia. Egli dice che nel passato  circolava l'opinione, anche tra i letterati, che l'andare a capo, fare una riga corta, fosse fare una poesia. Altra opinione era quella della rima: parole che, in qualche modo, finiscono con un'assonanza fanno una poesia, oppure si pensava bastasse contare le sillabe, o altri fattori tecnici. Se la poesia fosse questo, sarebbe sufficiente fare una cattedra di poesia: si sfornerebbero poeti allo stesso modo in cui si sfornano ingegneri. Non è così. Anzi, la maggior parte dei poeti non ha frequentato le università e, soprattutto, le facoltà di Lettere: Montale era ragioniere Quasimodo, geometra.
Non è possibile “insegnare” la poesia.

Per Loi la poesia  “È un movimento che attraversa l'uomo: scrivo movimento perché ‘emozione’ nasce da ‘moto”. Non sempre i moti attraversano la coscienza, a volte qualcosa avviene dentro noi e lo riceviamo attraverso i sensi, la percezione. La poesia è quel moto che nasce dal nostro essere ed usa la parola”.

I grandi poeti, che hanno anche scritto e riflettuto sulla poesia, dicono tutti una cosa: fondamentale è lo stupore che il poeta prova di fronte alla propria espressione. Il poeta non sa quello che scrive. Non bisogna credere di dover imparare a scrivere ciò che si pensa, o quello che la propria coscienza pensa. Ci si deve solo esprimere in relazione al proprio essere e non al proprio abituale io cosciente.
La poesia non ha le funzioni che le si attribuiscono, ideologiche, pratiche, ecc., la poesia ha  l’importante funzione  di rivelare l'essere e rivelare il rapporto che l'essere ha con il mondo, con gli altri. Non solo si disvela il nostro essere, ma approfondisce il rapporto fra la nostra coscienza e il nostro essere. La poesia porta alla coscienza l’intuizione nel rapporto con l’esperienza.

Il poeta deve sapere sempre mettere in relazione la propria emozione, il proprio moto, con la parola che usa. E siccome il moto nasce dalla profondità dì noi, deve saper mettere in relazione la propria interiorità con la parola. È questo rapporto stretto che fa il valore dell'espressione, il valore del dire.

Doxa

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Re:sul poetare
« Risposta #1 il: Agosto 14, 2018, 18:30:28 »
Il traduttore ed ex  insegnante Carlo Carena in un articolo titolato “L’arte di spiegare i poeti” , pubblicato il 12 agosto di quest’anno, si chiede cosa sapremmo di Virgilio senza il grammatico e commentatore Servio Mario Onorato (Servius Marius Honoratus, vissuto nel IV - V secolo) che ci informò della sua vita e spiegò i suoi poemi:  “Commentarii in Vergilii Aeneidos libros”, “Commentarii in Vergilii Bucolica”, “Commentarii in Vergilii Georgica” ?

Nell’antica Roma Servio fu maestro di grammatica e  famoso interprete di Virgilio, di cui scrisse “Vita di Virgilio”  ed il commento all'Eneide, alle Bucoliche e alle Georgiche, condotto con metodo scolastico, con molte osservazioni grammaticali e retoriche e interessanti cronografie: dominante nel commento è la presentazione di Virgilio come il "savio".

Servius era consapevole che il commento ad un genere letterario è anch’esso un genere letterario, con le sue norme.

Il commentatore di poeti e testi poetici svolge la funzione di interprete per il volgo, come nell’antica Grecia la Pizia per gli oracoli di Apollo. E un interessante manuale  per commentatori è stato pubblicato da Sveva Frigerio: “Commentare un testo poetico. Strumenti, metodi, forme”.

La Frigerio è docente all’Università di Ginevra. Questo suo libro fa seguito ad un altro precedente, titolato: “Linguistica della nota”, dedicato alle annotazioni fornite sulle loro opere dagli autori stessi. Ma la nota altrui, l’allografia, si caratterizza rispetto all’autoriale per la prevalenza della funzione esplicativa e informativa rispetto alle correzioni, al prolungamento del testo e alle giustificazioni e sfumature che costituiscono la sostanza delle note d’autore.

Le principali caratteristiche degli elementi costitutivi dell’edizione annotata (introduzione e commento) sono più o meno i medesimi indicati da Servius quindici secoli fa: nel commentare gli scrittori bisogna considerare questi punti: “poetae vita”, titulus operis”, “qualitas carminis”, “scribentis intentio”, “esplanatio”.

Le componenti necessarie ad un commento poetico: l’introduzione (la premessa o avvertenza), l’annotazione esplicativa dei punti non chiari come approfondimento.

Nel XX secolo la pratica del commento testuale alla poesia varia caso per caso ed è condizionato dai destinatari dell’edizione libraria.

Doxa

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Re:sul poetare
« Risposta #2 il: Agosto 24, 2018, 07:02:13 »
Il poeta fiorentino Mario Luzi disse che la poesia è una necessità nel cammino della vita. Riordina le esperienze, dà significato al nostro essere e al nostro soffrire, a  ciò che pare non averne. E’ quel supplemento di verità di cui sentiamo bisogno.

Ma non bisogna confondere i “versificatori” con i poeti che dicono cose che vanno oltre il tempo.

Sono molti gli aspiranti poeti che si “autoleggono” ma non acquistano libri di poesia.

Si dice che ormai non c’è più posto per la poesia, ed è vero, ma la poesia non vive di mercato.

Negli scaffali delle librerie i testi di poesia ci sono in vendita, ma vengono acquistati soltanto dagli studenti obbligati a leggerli. E quando smettono di andare a scuola non li acquistano più. 

Il feeling tra poeti e lettori è inficiato dai tanti libri di cosiddetti poeti senza vocazione e senza “mestiere”, che fanno stampare le loro poesie a loro spese dalle tipografie o da piccoli editori. Sono opuscoli o libri fatalmente destinati alla lettura da parte di amici o al cestino dei recensori.

piccolofi

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Re:sul poetare
« Risposta #3 il: Agosto 25, 2018, 02:10:19 »
Completamente d'accordo, Stranamore, sulle considerazioni che fai o citi relative alla poesia.
La poesia è una necessità, dei singoli che la sentono e della vita : una vita solo arida, materiale e concreta manca d'aria alla lunga.
Nei nostri tempi il pensiero, i libri, la poesia, sono merce per pochi. O forse è sempre stato così?
Credo di no, in altri tempi il sentire e l'intelletto avevano più diritto di cittadinanza, non erano sviliti e soppiantati dall'esasperante banalità delle sole parole  verbali e delle sole cose materiali e goderecce.
Si legge poco, i libri non vengono acquistati se non eccezionalmente, e questo fa parte dello status culturale di una società che io vedo molto in regresso.
Però.. c'è anche una parziale giustificazione, e consiste nel fatto che gli scrittori validi faticano ad affermarsi e ad esistere alla visibilità dei più a causa di quelle che mi appaiono come le mafie nel settore.  Se ci si pensa, i vari premi letterari sono attribuiti da consorterie di cui in qualche modo occorre far parte,o di cui si deve avere il gradimento, e perciò può avvenire che non si affermino all'attenzione gli scrittori migliori o con più potenziale, ma solo quelli pre-selezionati da queste consorterie che sono le giurie dei vari premi.
La gente acquista i libri che hanno avuto una risonanza mediatica, ma non è detto che questi libri siano all'altezza delle legittime aspettative di un lettore.
Mi è capitato di sfogliare incipit o pagine di libri premiati o valorizzati da un battage pubblicitario, e.. di rimanere assolutamente delusa.
Io, col mio giudizio, li ho scartati, trovandoli mediocri.
Il vero poeta, o il vero scrittore, ha una capacità di presa che tiene avvinto il lettore, che lo trasporta nel proprio mondo, che gli fa provare emozioni, sensazioni di bellezza e anche di gioia, comunque appagamento.
Non ne nascono tanti, ma soprattutto può accadere che i veri talenti restino nell'ombra in quanto non co-optati dalle consorterie degli scrittori già affermati, che vanno per la maggiore e che, costituiti in giurie, decretano il successo o meno degli altri e magari per ragioni non sempre limpide.
Forse mi sbaglio, o forse no. Comunque è quello che penso.
Anni fa mi era capitato fra le mani un vecchio libro scovato in solaio dei tempi dei miei  : bellissimo, ma di autore rimasto ignoto ai più.
E così la sua opera non aveva procurato piacere a nessuno o perlomeno a pochi, data la mancanza di affermazione ufficiale e dunque di risonanza.
Forse anche la faccenda della " autopubblicazione ", che ha preso piede oggi, è un modo di reagire al dover passare da filtri imposti e ufficiali, sulla cui imparzialità di giudizio io nutro dubbi.
In fondo, se ci si pensa, non esiste campo in cui non alligni una sorta di lobby, che sceglie i nuovi ammessi con criteri nepotistici o comunque di amicizia.
E il campo della scrittura non fa eccezione.
Questo costituisce un limite, un ostacolo, anche alla diffusione di buone opere, capaci di attrarre i possibili lettori.
La poesia e la scrittura fioriscono sul terreno della libertà, mentre le pastoie li uccidono.