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La satira di costume di Ludovic Halévy, l'autore della Carmen

Pubblicato il 09-05-2008



Cento anni addietro, l’8 maggio del 1908 moriva Ludovic Halévy, noto
commediografo e librettista francese, a Parigi ove era nato il 1° gennaio del
1834. Apparteneva a una grande famiglia di artisti e letterati e divenne ben
presto noto per i suoi “vaudevilles” e le sue commedie farsesche, nelle quali -
nell’ambito di una feroce satira di costume e assumendo atteggiamenti di rivolta
nei confronti della cultura ufficiale del Secondo Impero (1852-70) - faceva una
gustosa parodia della vita parigina del tempo, non priva di un discreto
approfondimento psicologico (“Fanny” e “Frou Frou”).
Con Henri Meilhac
scrisse numerose opere buffe e operette, musicate da Offenbach, che ebbero
grande consenso e che gli diedero fama e benessere (“La bella Elena”, “La vita
parigina”, e “I briganti” che fu tradotta da Tettoni e che venne rappresentata
presso il teatro Politeama di Napoli nel 1874) ). Scrisse anche libretti
d’opera, tra i quali quello della “Carmen” di Bizet che divenne una delle opere
liriche più popolari nel mondo. Halévy s’ispirò all’omonima novella di Prosper
Merimée, scritta nel 1845, ma ne fece un testo eterno, apportando importanti
innovazioni narrative: dilatò la magica atmosfera spagnola; addolcì il carattere
di don José, sergente dell’esercito, che nella novella era presentato come un
tipaccio; introdusse i nuovi personaggi del torero Escamillo (insieme al
colorito tema della corrida, nel IV atto) e della contadina Micaela; e fece di
Carmen una creatura ribelle e affascinante («Libera è nata e libera morirà!»),
violenta zingara-sigaraia che tutti fa innamorare e tutti tradisce, dominata
dalle passioni (dall’odio e dall’amore), che risolve con il coltello le sue
schermaglie amorose. Carmen è destinata a morire (anche le carte lo
preannunziano) perché non riesce a ricambiare il grande amore di don José, che
per lei ha abbandonato tutto (Micaela, l’esercito e la povera madre ammalata);
egli, accecato dalla gelosia per Escamillo, la uccide. Bizet ha partecipato alla
scrittura del libretto: sue sono le parole dell’Habanera, conturbante danza
spagnola simile al tango («L’amore è un uccello ribelle»). L’opera fu
rappresentata per la prima volta il 3 marzo 1875 ed ebbe delle critiche
sfavorevoli; e, poiché Bizet morì tre mesi dopo questa prima infelice, non ebbe
modo di immaginare quale successo avrebbe raggiunto il suo capolavoro. 

In seguito Halévy ritornò all’umorismo sarcastico degli inizi, dedicandosi
alle vicende della famiglia Cardinal, appartenente alla piccola borghesia
parigina, durante i primi anni della Terza Repubblica, descritte con arguzia e
sarcasmo - come dimenticare Monsieur Cardinal, uomo pieno di astio e pedanteria,
vuoto emblema di pomposità e carente moralità! - ; queste storie tragicomiche
ebbero notevole successo di pubblico. Altrettanto fortunato fu il romanzo
“L’abate Constantin”, opera edificante e sentimentale scritta nel 1882, che ebbe
moltissime edizioni in Francia (è stato tradotto anche in Italia) e che nel 1884
gli aprì la strada per l’elezione nell’Accademia di Francia.


Di Silvia Iannello


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