Recensioni libri

Erich Maria Remarque e il crudele inganno della guerra

Pubblicato il 23-06-2008


Centodieci anni addietro, il 22 giugno del 1898, nasceva nella cittadina imperiale di Osnabrück, in Renania, Erich Maria Remarque (vero nome Erich Paul Remark), scrittore tedesco che odiava la guerra e che, durante la I Guerra Mondiale, ancora ragazzo (aveva appena 18 anni) fu mandato sul fronte nord-occidentale presso Verdun ove si combatté una terribile battaglia; ferito più volte, soffrì anche di gravi crisi depressive che lo segnarono per tutta la vita. Nato dall’umile famiglia cattolica di un povero rilegatore di lontane ascendenze francesi (egli prese come pseudonimo l’antico nome francese Remarque, che la famiglia aveva germanizzato in Remark), dovette lasciare l’Università di Monaco per combattere la sua guerra personale in trincea. Reduce di guerra, in mezzo ad enormi difficoltà, a Berlino fece il bibliotecario, l’insegnante elementare e il cronista sportivo. Nel 1925 aveva sposato Ilse Zambona, bella come una modella, ma il matrimonio fu tempestoso: si lasciarono e si risposarono nel 1938 mentre Erich portava avanti diverse avventure sentimentali (anche con l’enigmatica Marlene Dietrich). Divenne notissimo in tutto il mondo per il romanzo-diario “Niente di nuovo sul fronte occidentale” (1929) - nel solo primo anno vendette circa 1 milione e mezzo di copie - , dura testimonianza degli orrori, della inutilità della “bella guerra” (apportatrice di distruzione materiale e disgregazione spirituale) e dell’inganno fallimentare del Nazionalismo, ma anche cronaca oggettiva e scarna di «una generazione la quale - anche se sfuggì alle granate - venne distrutta dalla guerra». Con uno stile privo di retorica e quasi “casual”, vi si narrano - in bilico tra realtà e sentimento - le vicende quotidiane di alcuni giovani soldati semplici, le cui vite prive di futuro si consumano nel fango delle trincee, in giornate apparentemente calme e silenziose sul fronte di guerra. Nulla dell’inumana tragicità della guerra é risparmiato ai sette giovani soldatini: «Questa vita... ci ha impastati d’insensibilità per farci resistere all’orrore... ha svegliato in noi il cameratismo per strapparci dall’abisso della disperazione e dell’abbandono». In Germania, il libro fu proibito nel 1930 perché accusato di «disfattismo e anti-nazionalismo» e fu dato alle fiamme dai nazisti nel 1933. Nel 1932, con l’avvento del Nazismo, Remarque (accusato ingiustamente  di essere un vigliacco o una spia o un ebreo) abbandonò la Germania per andare prima in Svizzera e poi nel 1939 negli Stati Uniti, ove prese la cittadinanza stabilendosi a New York (nel 1938 gli era stata tolta la cittadinanza tedesca ed era divenuto un apolide). Rappresentante di una «Germania diversa», si sentì sempre un esiliato solo e privo di speranze, «un uomo senza patria» che non conosceva nemmeno la lingua del paese che era divenuto la sua nuova patria. Scrisse in “Ombre in paradiso” (uscito postumo nel 1971): «Avevo alle spalle una via lunga e pericolosa, la “via dolorosa” di tutti coloro che di fronte al regime hitleriano avevano dovuto fuggire».
Seguirono, ma senza raggiungere il successo del primo romanzo, “Ama il prossimo tuo” (1941), “Arco di trionfo” (1947), “Tempo di vivere, tempo di morire” (1954) e “La notte di Lisbona” (1963), nobili storie ricche di dignità umana, tutte ispirate ad alti ideali di pace e fratellanza. Morì per aneurisma il 25 settembre del 1970 a Locarno, in Svizzera, ove si era trasferito con la seconda moglie Paulette Goddard, grande attrice americana sposata nel 1958. La città natale di Osnabrück ospita un importante “Archivio” che raccoglie le sue opere e la letteratura su di lui.
Numerosi suoi romanzi sono divenuti splendide sceneggiature di film indimenticabili, tra i quali “All’ovest niente di nuovo” (1930) tratto dal primo romanzo e diretto da Lewis Milestone (un classico e un simbolo del cinema contro la guerra, proiettato in Italia soltanto nel 1957); il film tratto da “Arco di trionfo” (1947), sempre diretto da Milestone con i superbi Charles Boyer ed Ingrid Bergman; e quello tratto dallo struggente “Tempo di vivere, tempo di morire” di Douglas Sirk (1959) con John Gavin, nel quale Erich Maria Remarque si ritagliò un piccolo significativo ruolo d’attore (durante le riprese di questo film conobbe l’amata seconda moglie Paulette).


Di Silvia Iannello


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