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Recensione Enzo Barnabà

Enzo Barnabà

Morte agli Italiani.

Questo volume era stato anticipato dallo stesso autore nel 1990 con un più breve saggio contenuto nell'opera collettanea Gli italiani all'estero, Autres passages, edito dal Circe parigino a cura di Jean Charles Vegliante (si veda la recensione su Altreitalie, 6, 1991),
Gli scontri di Aigues-Mortes sono solo uno dei tanti episodi di rivalità etnica e di lavoro nella difficile congiuntura di fine secolo. Essi sono diventati tristemente celebri non solo per la gravità dell'epilogo ma perché suscitarono subito un'accesa reazione dell'opinione pubblica francese e italiana ed ebbero anche un'ampia ripercussione diplomatica nelle già difficili alleanze internazionali dell'epoca.
Aigues-Mortes era una delle tante mete del lavoro stagionale degli immigrati italiani in Francia: l'esodo verso il Sud-est francese interessava per lo più i piemontesi delle aree meridionali della regione per i quali i percorsi nel Midi si iscrivevano nell'ambito di una mobilità territoriale diretta verso quei lavori agricoli, edili e minerari che permettevano un'integrazione dei redditi familiari al proprio paese senza ricorrere a un esodo definitivo. Tanto è vero che sul macabro bilancio dei morti durante i massacri - nove, tra liguri, toscani e piemontesi - ben cinque operai erano appunto piemontesi. I lavoratori italiani coinvolti nel massacro del 17 agosto erano occupati presso le saline della Fangouse e svolgevano il faticoso e dequalificato lavoro del trasporto del sale. Nei lavori erano occupali anche operai francesi con i quali scoppiarono i contrasti che portarono al massacro degli italiani.
Gli avvenimenti di Aigues-Mortes sono inquadrati dall'autore nella crisi economica francese di quegli anni e in quella specifica del Midi, che si vedeva sempre più subordinato alle scelte del governo di Parigi proprio quando la filossera e la crisi di alcuni settori della produzione agricola colpivano gravemente la viticoltura locale. In mezzo a queste difficoltà economiche si aggravarono i rapporti tra gli operai italiani immigrati e i nativi: rapporti già difficili non solo perché gli immigrati contribuivano ad abbassare i livelli salariali ma erano spesso crumiri che mettevano in discussione gli esiti delle rivendicazioni. Inoltre il sistema di lavoro esistente era un altro motivo di tensione costante; il cottimo - praticato dai capisquadra italiani imponeva infatti indesiderati e pesanti ritmi di lavoro anche ai nativi.
Su entrambi i fronti i protagonisti degli scontri furono le frange più dequalificate della manodopera, gli addetti ai lavori delle saline reclutati sia tra la manovalanza immigrata sia tra i trimards, ossia tra quegli operai francesi che con l'industrializzazione avevano assistito alla fine della propria autonomia e al crollo del tradizionale sistema del compagnonnage. In tale contesto non esisteva ancora una forza organizzativa e politica dei partiti operai, dei socialisti in particolare; gli organismi internazionali erano solo dei progetti, mentre l'organizzazione sindacale dei lavoratori immigrati era ancora una meta da raggiungere. Non esisteva dunque una coscienza soggettiva né un'organizzazione internazionale che fosse in grado di tutelare i diritti di tutti i lavoratori.
A questi fattori economico-sociali si accompagnarono inoltre le responsabilità politiche francesi. Con le incitazioni, indirette o esplicite, alla caccia allo straniero le autorità locali si fecero portavoci di quel clima di revanchismo politico stimolato dalle sconfitte militari della Francia, dalla gara colonialista e dal connesso razzismo, fomentato anche dalle frizioni franco-italiane provocate dall'occupazione francese della Tunisia e dalla guerra doganale. Durante gli scontri l'odio verso gli stranieri fu incoraggiato dai sentimenti xenofobi diffusi dalla stampa nazionalista e fu legittimato dalle stesse autorità mediante comunicati che chiedevano l'espulsione degli italiani e inneggiavano all'amore di patria. Basti ricordare - a dimostrazione della capillare diffusione dei sentimenti antitaliani nella società civile francese e della forza coercitiva della xenofobia espressa dai giornali - che gli italiani feriti durante gli scontri furono rifiutati a lungo dall'ospedale locale mentre ai colpevoli fu consentito di fuggire dal dipartimento e - nel dicembre dello stesso anno, quando l'attenzione interna, internazionale e anche quella italiana, era ormai diminuita - di essere anche assolti al processo che li vide imputati,dell’eccidio.
Per comprendere fino in fondo gli avvenimenti occorre sottolineare un altro elemento, che l'autore non trascura: la crisi economica, la conflittualità operaia, l'assenza delle organizzazioni, il nazionalismo e la xenofobia francesi furono accompagnati, sul fronte italiano, dall'uso strumentale degli avvenimenti da parte delle autorità diplomatiche. In ossequio infatti alla politica estera antifrancese i rappresentanti diplomatici italiani ebbero all'inizio reazioni assai vivaci, assecondando anche le manifestazioni di piazza che scoppiarono nel nostro paese; esse seppero tuttavia rimuovere l'evento quando fu necessario far rispettare le mediazioni che si imposero nel nuovo clima politico internazionale.
L'autore fornisce una documentata cronaca dell'evento e, del clima economico, politico e sociale che favorì il massacro. La sua ricostruzione dei fatti di Aigues-Mortes si basa su un ampio materiale documentario tratto in gran parte dagli archivi del dipartimento del Gard - entro cui si trova Aigues-Moites - e dalla stampa francese e italiana, nonché dai resoconti consolari. L'uso privilegiato di questi documenti - soprattutto dei rapporti di polizia e dei verbali del processo - risponde a una precisa scelta di metodo; nella sua analisi l'autore privilegia infatti la cronaca degli avvenimenti e le testimonianze dirette dei protagonisti. Tale procedimento ha l'esplicito obiettivo di seguire le sequenze spazio-temporali dei movimenti, delle posizioni assunte in essi dai vari attori sociali e delle manipolazioni di opinione che a essi si intrecciarono; una scelta che va apprezzata proprio per le caratteristiche dell'argomentò affrontato; essa consente infatti all'autore di ricostruire con la dovuta attenzione un episodio così controverso, pieno di lati oscuri e sul quale pesano tuttora le interpretazioni dell'epoca. L'uso delle testimonianze ha anche un'efficacia narrativa: richiamando le scene dell'accaduto - apprezzabile tentativo di opporsi al trionfo attuale dell'immagine - l'autore rimanda di fatto alla sequenza visiva dei vari episodi di violenza. La scelta di ricostruire la cronaca incalzante degli avvenimenti ha così la funzione di mostrare i vari passaggi dell'episodio e di leggere anche, attraverso di essi, l'insensatezza della violenza xenofoba.
Proprio quest'ultima, assieme alle strumentalizzazioni politiche che di essa furono fatte, rende attuale il contenuto del volume; l'analisi minuta della conflittualità tra i lavoratori italiani e francesi sposta continuamente la prospettiva del lettore dal passato al presente e lo aiuta così non solo a risalire a un episodio del passato opportunisticamente «rimosso» da molti, ma ad affrontare anche i problemi di quella che è stata ridefinita recentemente come la «grande migrazione» di oggi. Di fronte alle nuove ostilità, che mostrano il moltiplicarsi dei sentimenti xenofobi nella realtà odierna, aggravati in molte società contemporanee proprio da quegli aspetti che si possono leggere nei fatti di Aigues-Mortes — la crisi economica, la disoccupazione, la conflittualità, il conservatorismo e la le­gittimazione della violenza xenofoba da parte di governi, gruppi di opinione e media — è importante richiamare la memoria di quanto è già accaduto nella lunga storia delle mi­grazioni di lavoro; la memoria di uno scomodo passato che il breve saggio di Barnabà aiuta appunto a richiamare.

Paola Corti, Altreitalie, 13, 1995

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