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Recensione Cinzia Pierangelini

Cinzia Pierangelini

Eraclito e il muro

Cinzia Pierangelini Eraclito e il muro
Cinzia Pierangelini Eraclito e il muro

Già conosciuta in campo letterario (sua l’ottima raccolta di racconti “Dall’ultimo leggio”), Cinzia Pierangelini fa il suo esordio nel difficile ramo dei romanzi con “Eraclito e il muro” ed è una prima di classe, a conferma delle eccellenti qualità dell’autrice.


Ambientato in un tipico paese siciliano, è la storia di un critico musicale votato a stroncare artisti e musicisti del locale teatro lirico. La sua non è solo una vocazione, che trova origine in un carattere chiuso e misogino e nella sua totale inattitudine all’arte, ma è anche una ribellione alle chiuse regole di un mondo dominato dall’ipocrisia e da norme non scritte e misteriose. Quando la sua attività si scontra con gli oscuri interessi del “potente” del luogo, in concomitanza con una depressione insorta per effetto di uno scherzo, viene abilmente rinchiuso in una clinica per malati mentali dove, di fronte al comportamento fuori dalle regole degli altri ricoverati, ritrova il piacere di vivere e anche l’amore che, per motivi del tutto abietti, viene stroncato. Dimesso, perché apparentemente guarito, cercherà una plateale vendetta, che solo in parte si realizzerà, e finirà i suoi giorni in carcere.


Al pari del principe Salina del Gattopardo, Cinzia Pierangelini riafferma che in questo mondo tutto cambia, pur restando alla fine sempre uguale, e chi è disposto a contrastarne le regole finirà per essere rinchiuso in una solitudine senza speranza, come il grande filosofo greco Eraclito.


E il muro del titolo? È  quello del teatro, dove ignoti si divertono ad annotare maldicenze, di tanto in tanto ricoperte da una mano di bianco, prontamente e nuovamente imbrattato, a riprova dell’immutabilità della vita.


Scritto in modo scorrevole, accattivante, con la tensione di un thriller, anche se non lo è, è un libro che si legge tutto d’un fiato, pur se più di una volta è opportuno e salutare soffermarsi su certe riflessioni, come la chicca filosofica del consueto ritardo del treno da Palermo.


Lo stile è quello solito e piacevole dell’autrice, in questo testo ancor più perfezionato, con descrizioni mirabili del paese, quasi dei quadri di armonia figurativa. Interessante poi è l’inserimento di modi di dire e antichi proverbi in dialetto siciliano, utilizzati soprattutto come incisi, con il preciso scopo di rafforzare il concetto senza sovrabbondare.


Inutile che dica che ne consiglio vivamente la lettura.


 

Di Renzo.Montagnoli

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