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Recensione Maurizio Bettini Con i libri
Le prime pagine
La scrittura di Aconzio
Tutto era cominciato il giorno in cui Cidippe navigò verso Delo, in pellegrinaggio. La ragazza aveva solo diciannove anni e dell'isola si diceva che fosse piena di meraviglie. Il viaggio non durò più di poche ore, alla sera già attraccavano, e il mattino seguente la visita cominciò. Piena di stupore, Cidippe si appoggiò all'albero dalle corna di capra, e a lungo contemplò la palma a cui Latona si era tenuta abbracciata per partorire Apollo. Un luogo santo per tutte le donne. Ma giunta di fronte al tempio di Artemide, in pieno mezzogiorno, qualcosa le rotolò fra i piedi. Era una mela, fresca e lucente come se fosse appena caduta dall'albero. Cidippe si guardò intorno meravigliata, ma non c'erano meli attorno a lei, solo marmi e cespugli di ginestra. Dopo un istante di incertezza la nutrice si decise a raccogliere quel frutto misterioso e vide che sulla buccia erano incise delle lettere. La donna non sapeva leggere e porse la mela a Cidippe. "Leggi", le disse, e la ragazza lesse ad alta voce. Sulla buccia era incisa questa frase: "Giuro per Artemide di non sposare altri se non Aconzio". Quando Cidippe capì il significato di quello che stava leggendo era troppo tardi. Aveva già pronunziato il giuramento.
Il giovane Aconzio osservava la scena di nascosto. Ormai Cidippe si era legata a lui per sempre, l'amore a prima vista era riuscito a realizzarsi con la stessa rapidità con cui era stato concepito. Com'erano potenti i caratteri dell'alfabeto! Anche se Cidippe, finito il suo pellegrinaggio e tornata casa dai genitori, avesse dimenticato quello strano episodio, il giuramento che la mela le aveva strappato avrebbe comunque continuato a legarla per sempre ad Aconzio. E così accadde. Perché qualche tempo dopo i genitori della ragazza, ignorando ciò che era capitato alla figlia, la promisero a un altro sposo. Ma ecco che, proprio alla vigilia delle nozze, la povera Cidippe si ammalò per volere di Artemide. La dea pretendeva il rispetto del giuramento fatto in suo nome: Cidippe avrebbe dovuto sposare Aconzio oppure morire. Adesso Cidippe giace nel suo letto, vegliata dall'ignaro fidanzato, e non sa se leggere o meno la lettera che Aconzio le ha mandato per chiederle di soddisfare finalmente il giuramento e di sposare lui. Solo così potrà scampare alla morte. Ma Cidippe non ha il coraggio di leggere quella lettera. E se fosse un altro inganno? e se quelle frasi servissero solo a vincolarla più strettamente?
Aconzio è un uomo che scrive. Per legare a sé la persona che ama si è servito dei caratteri incisi sulla buccia di una mela; per convincerla a compiere finalmente il giuramento che le ha estorto, le ha inviato una lunga lettera. Il comportamento di Aconzio è molto strano. Se si era innamorato di Cidippe, come diceva, perché non le era andato incontro sulle gradinate del tempio di Artemide? Avrebbe potuto dichiararle il suo amore con frasi gentili. Era bello, era ricco, era nobile, la fanciulla non lo avrebbe certo rifiutato e i suoi genitori avrebbero accondisceso volentieri al matrimonio. Invece se n'è rimasto nascosto dietro le colonne del tempio per catturarla come un'esca, come se fosse un pesce o un passerotto, e l'ha ridotta in fin di vita. Anche adesso, che Cidippe sta per morire e lui (almeno a parole) si dispera, non si decide però ad andare a parlare direttamente con lei o con suo padre. Ancora una volta preferisce starsene appartato e inviare una lettera, facendosi rappresentare dai caratteri dell'alfabeto. Perché?
© 1998, Giulio Einaudi editore s.p.a.
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