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Recensione Henning Mankell Intervista
Tradotto dal "The Guardian" , di Gennaio 12, 2002
traduzione di vincenzo ciccone.
I suoi romanzi parlano dell'Africa e della Latvia, ma rimangono unicamente Svedesi. Wallander si schiaffeggia la faccia ogni mattina con acqua fresca, raramente dorme, lascia che la sua salute collassi, vede la morte ovunque. Ma tiene sempre il colpo.
Mankell pensa che la vita sacrificata di Wallander faccia parte del suo modo di essere " Ho voluto scrivere di come sia difficile essere un buon ufficiale di polizia. Spesso gli ufficiali di polizia di polizia mi raccontano che le cose cambiano troppo rapidamente perché possano facilmente starci dietro. Wallander non è mai cinico. Non dice mai che non gliene importa".
"Naturalmente questo lo danneggia, ma lui prende le sue responsabilità, ed è quello che amo in lui. Si sente stanco per il troppo lavoro. Ma se non lavora si sente peggio, gli lascerebbe un grande buco dentro di sé. Penso che sia della generazione calvinista, nel senso che sei portato a lavorare e pregare. Questa è la sua vita.
"Ma in molti sensi è un uomo comune, come quando si strugge per l'autobus che non è riuscito a prendere. Ma non è che mi piaccia molto, Se Mr Wallander sedesse nella sedia accanto alla mia , non penso che saremmo buoni amici.
La memoria di Mankell va indietro fino al villaggio svedese nel 1950. " Era lontano da qualsiasi cosa, ricorda di quando a scuola ogni giugno pensava di raccogliere i fiori primaverili, ma era sempre freddo e buio. Viveva nel profondo della foresta. Quando a volte vi ritorna, ferma la macchina nella foresta per diventare all'istante invisibile e ascoltare il silenzio, "l'oro del nostro paese". Sua madre lo lascio quando era ancora un bambino, aumentando il suo isolamento. Ma era amato sa suo padre, e ancora negli anni lo è profondamente.
" Ho deciso di diventare un autore, quando mia nonna mi insegnò a scrivere a sei anni, Posso ancora ricordare la sensazione di poter trasformare le storie in parole. Era un miracolo. Ho ancora un fotografia sul muro dei più grandi idoli io abbia mai avuto nella mia vita, ed ero io ad otto anni. Questo perché la forza dell'immaginazione aveva lo stesso valore della vita reale, uno strumento di sopravvivenza. Quando mia madre scomparve, la immaginavo. Questo era quello che sapevo fare meglio.
Quando ero piccolo c'era un piccolo fiume, e mi ricordo che rimanevo nella parte alta pensando che un giorno lo avrei attraversato per vedere le rive del fiume Congo. Quello che ho sognato da bambino lo sto facendo ora. Non esattamente, ma non ho mai cambiato la strada che avevo preso.
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