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Recensione Pearl Abraham

Pearl Abraham

La lettrice di romanzi d'amore - Un brano

Mi sveglia la voce di mamma che parla in inglese.
Qualcosa non va. Telefona a notte fonda, durante lo shabbat. Sento mio padre muoversi in camera da letto, e mi chiedo perché, se davvero c'è qualche problema, non sia lui ad occuparsene.
Mamma sta chiamando qualcuno al di là della porta chiusa della cucina. Provo una strana sensazione a rimanere lì in piedi, nell'entrata, davanti a quella porta. Non mi ricordavo più, che ci fosse una porta.
Mio padre esce dalla stanza, già vestito, legandosi il caffetano nero a ricami dorati con una gartl. – È arrivato il momento che mamma vada in ospedale per avere il bambino, - dice.
-Adesso? Chi vi accompagna?
Mamma si affaccia dalla cucina e sussurra: - Zitta. Vieni dentro. Ti spiego.
Indossa il vestito premaman blu, lo stesso che usa ogni volta che esce, ma in testa adesso si è messa un morbido fazzoletto da notte trapuntato, non uno di quelli di seta stampata che porta di solito.
Mio padre ed io la seguiamo in cucina, e lei si affretta a richiudere la porta dietro di noi. Ha la pancia talmente gonfia da essere costretta a farsi da parte per lasciarci entrare. Dice che non ce la fa più a ripetere a tutti quanto sia diventata ingombrante; non era ingrassata così tanto quando era incinta di Aaron o degli altri figli.
Tiene la cornetta vicino all'orecchio, e io riesco a distinguere la voce di un uomo all'altro capo del filo.
-Cinque minuti? Bene, - dice lei, e riattacca. Poi appoggia una mano sul ventre, come per rimetterlo al suo posto, e subito un'espressione di dolore le attraversa gli occhi, invadendole il viso.
Fa un respiro profondo e bisbiglia sommessamente, in fretta; forse teme che, se riprendesse il fiato, non riuscirebbe più a finire la frase.– Stavo per venire a svegliarti, Rachel. Devo andare in ospedale. Il taxi sarà qui a momenti. Non svegliare i bambini. Domani mattina, manda i ragazzi alla sinagoga. Servi il pranzo; può darsi che a quell'ora tuo padre sia già rientrato. Non raccontare a nessuno dove si trova. È bene che si sappia tutto a tempo debito. Facciamo del nostro meglio per tenere lontano il malocchio.


© 1997, Giulio Einaudi editore s.p.a.

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