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Recensione Banana Yoshimoto

Banana Yoshimoto

Intervista

di Mimma De Petra – IL SECOLO XIX – 27/11/2001

Serena, ma perentoria, Banana Yoshimoto, da ieri a Roma per incontrare i suoi fan ma anche per concedersi una vacanza da turista, consegna al Secolo XIX i suoi sentimenti anticonflitto. Anche se si tratta della lotta mondiale contro il terrorismo. La ferisce, soprattutto il fatto che – malgrado il divieto costituzionale – il suo Giappone pertecipi (sia pure per ora solo formalmente) ad una guerra. A fianco degli Stati Uniti, cinquantun anni dopo la tragedia di Hiroshima e Nagasaki.

E' tornata dopo più di dieci anni di successi. Kitchen, tradotto per la prima volta nel 1991 ha segnato l'inizio di un lungo amore con il pubblico italiano, soprattutto giovanile, conquistato dalla freschezza e immediatezza della sua scrittura e dalla novità del suo linguaggio, ispirato spesso a quello dei manga.

In quest'intervista Banana parla non solo della guerra, ma naturalmente del Giappone d'oggi e del suo nuovo amore per i fenomeni soprannaturali, tema che appare nel suo ultimo romanzo pubblicato in Italia “H/H”, (Feltrinelli, traduzione di Giorgio Amitrano) cui non rimane estraneo tuttavia il suo motivo conduttore: la morte.

Lei è uno dei pochi scrittori giapponesi i cui romanzi in Italia sono diventati best sellers. Come spiega questa sua popolarità?

Perché per me scrivere è una cosa naturale. Non lo considero un lavoro. Sono soprattutto i giovani italiani a leggermi. Perché hanno una sensibilità molto profondo. Credo che con i miei romanzi riescano a rendere meno forte il dolore derivante proprio da questa loro estrema sensibilità.

E l'Italia la ripaga anche coi siti Internet affollati di fan club e e-mail. Qual'è il suo rapporto con i lettori italiani?

Non ero venuta mai in Italia come turista e credo che il vostro Paese sia entrato nella mia vita in modo naturale. E' stato il destino a farmi incontrare l'Italia, anche grazie alle molte lettere e-mail che ricevo. I miei lettori italiani mi parlano della situazione della loro vita, delle loro preoccupazioni. Mi chiedono anche aiuto per risolvere i loro problemi.

Nei suoi ultimi romanzi compaiono elementi soprannaturali che si ispirano alla new age. Questo interesse deriva da sue esperienze personali o rispecchia una tendenza della società giapponese contemporanea con la sua proliferazione di sette?

Niente a che fare con queste ultime tendenze. E' un'adesione che deriva semplicemente da mie esperienze personali.

Lei crede in questi fenomeni?

Sì, fanno parte della mia vita quotidiana e non rappresentano per me qualcosa di particolarmente strano.

Altri suoi temi ricorrenti sono la morte e le solitudine. Che cosa rappresentano?

Scrivere romanzi significa scegliere temi da trattare: l'amore, la storia, altri percorsi. Ogni scrittore traccia la sua strada. Io ho scelto la morte e la solitudine come i miei grandi temi.

Nella società giapponese contemporanea il disagio giovanile ha assunto ultimamente dimensioni drammatiche (ragazzine che si prostituiscono per comprare abiti firmati, violenza nei confronti dei genitori e degli insegnanti, ragazzi che si rinchiudono in se stessi rifiutando qualsiasi contatto col mondo esterno). Qual'è la causa di tutto questo?

Non è ai giovani giapponesi che manca qualcosa, ma agli adulti. Che scaricano il loro vissuto sui ragazzi: la perdita del lavoro, il cattivo rapporto che i genitori hanno tra loro, la rottura della famiglia. Solo l'apparenza ci comunica che si tratta di un disagio dei ragazzi ma non lo è.

Quest'anno sono state tradotte per la prima volta in Italia due opere di Yu Miri, la scrittrice giapponese di origini coreane che ha affrontato il tema della famiglia e della sua disgregazione nel Giappone odierno. Qual'è la differenza tra voi?

Yu Miri ha scelto il mondo delle emozioni e delle passioni umane, mentre io insisto sulla morte. Siamo diverse anche per quanto riguarda il tema della famiglia che lei osserva dalla prospettiva delle passioni umane.

In Giappone il calcio è da alcuni anni seguitissimo. I prossimi mondiali sono vissuti come un evento straordinario. Lei che idea se ne è fatta?

Nessuna perché il calcio non mi interessa proprio. So solo che Nakata si dà da fare in Italia. Non vado mai a vedere le partite né le seguo in tv.

Il Giappone ha deciso, nonostante la sua costituzione lo vieti, di fornire il proprio appoggio alle truppe americane. Che cosa pensa della guerra?

Dalla mia posizione è molto difficile rispondere, ma sono contraria alla guerra al cento per cento. Io mi ripropongo di oppormi alla guerra attraverso i miei romanzi.

Chi sono i suoi lettori giapponesi?

Per la maggior parte giovani. Ultimamente sono aumentati anche i giovanissimi, soprattutto donne. Ma pare che abbia conquistato anche le madri, il che mi rende molto felice.

Dal suo debutto con Kitchen, avvenuto quando aveva 24 anni, che cosa è cambiato in lei come donna e come scrittrice?

Mi sono parsi molto lunghi questi anni, mi rendo conto che sto facendo questo lavoro da tanto tempo. Il mondo si allargato per me grazie alla scrittura. E i romanzi sono stati una finestra per aprirmi a dimensioni nuove.

Adesso a cosa sta lavorando?

Ho appena finito di scrivere un libro su Tahiti.

E cos'altro progetta?

Naturalmente di continuare a scrivere, ma vorrei anche fare romanzi diretti ai bambini di dieci anni.

Come vede la letteratura giapponese di oggi?

Ci sono molti giovani autori pieni di talento che però non riescono a vendere i loro libri. Questo mi dispiace molto. Adesso si giudicano gli scrittori solo in base alle vendite. Quando ho cominciato io il mondo dell'editoria non era così duro.

Lei – si sa – ama molto il cibo. Con quale significato?

Principalmente che non si mangia quasi mai da soli. Il cibo è determinante alla comunicazione tra le persone. Il cibo e la famiglia, per questo ne ho fatto un simbolo.

Che cosa pensa della situazione politica del suo paese e del primo ministro Koizumi?

Mi piace Koizumi, è meglio dei suoi predecessori. E' una persona piena di allegria e vitalità.

Che cosa significa per lei l'amore?

E' ciò che io provo nei confronti di tutto quel che esiste, non solo gli esseri umani. Per me l'amore è verso le piante, gli animali, e appunto i cibi.

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