Per quanto le figure di Rembrandt ci appaiano intimamente scosse da una vita profonda, per quanto lunghe siano le fila del destino a cui sono intrecciate, nessuna di esse presenta quell'elemento caratteristicamente enigmatico tipico della Monna Lisa o del Giuliano de' Medici di Botticelli, delle teste dei giovanetti di Giorgione a Berlino e a Budapest, o del Giovane inglese di Tiziano a Palazzo Pitti. Paragonato con essi il modo di concepire e di rappresentare di Rembrandt incomparabilmente pi vibrante, procede nell'indistinto e, per cos dire, all'infinito, privo di trasparenza logica; ma nonostante questo l'uomo rappresentato per noi molto pi aperto, pi illuminato, un essere che ci familiare. E questo non dipende per nulla dal fatto che i modelli di Rembrandt fossero uomini meno complessi, pi lineari degli italiani del Rinascimento, che erano pi differenziati e ricchi di tutte le finezze della cultura. Nasce piuttosto dal fatto che la concezione che Rembrandt ha dell'uomo, pi complessa, pi ricca di elementi, apparentemente meno chiara, ha reso percepibile nel fenomeno attuale la sequenza spirituale di sviluppi e di destini che lo hanno formato, rendendo possibile quindi il riviverlo e il comprenderlo dall'interno. |