"Se, accogliendo la definizione di Alejandro Nat, interpretiamo la comunit come "un gruppo specifico di persone che vive in un'area geografica delimitata, condivide una cultura comune, organizzato intorno a una struttura sociale, che si mostra consapevole della sua identit", non difficile sostenere che tutto quanto costituisce il mondo di un istituto penitenziario comunit non , se non nella condivisione - non voluta - degli spazi. Eppure, chi conosce il carcere lo sa, in quegli spazi definiti da altri, non voluti, non cercati, si costruisce e si vive una cultura che diventa comune, si definisce una struttura sociale, prende forma un'identit. Un'identit che ricerca, giorno per giorno, una sua definizione e una sua affermazione, e i cui attori si muovono in un protagonismo che insieme collettivo, individuale e di gruppo. [...] La sfida allora andare a ricercare quella "terra di mezzo", quegli elementi "altri" che determinano e caratterizzano un istituto penitenziario, rendendolo diverso da un altro, che costituiscono "quella comunit", non eludendo ma gestendone i conflitti e integrando gli interessi degli attori coinvolti. Credo che le interessantissime esperienze raccontate in questo testo costituiscano proprio questo: la sfida alla ricerca di un possibile nell'impossibile, laddove gli aspetti teorici hanno saputo declinarsi nella concretezza della quotidianit, andando a ricercare gli elementi su cui far leva in ogni diverso contesto". (Francesca Romana Valenzi) |