Sono in pochi a sapere che, durante la prigionia, alcuni tra i pi bei racconti dei Grimm furono tradotti da Antonio Gramsci, con la mente rivolta ai figli nipoti e ai suoi figli che non aveva pi visto da quando avevano l'uno due anni e l'altro due mesi. Ventiquattro fiabe che chiamava "novelline elementarissime", alle quali lavorava per amore, per combattere l'abbrutimento carcerario e perfezionare lo studio della lingua. Le lettere ai figli raccolte in questo volume rivelano la dimensione pi intima e pedagogica di uno dei pi importanti pensatori del ventesimo secolo. Gramsci era un padre che discuteva con i piccoli dei grandi scrittori, in particolare di Puskin, Gorki e Tolstoj in quella maniera dimessa e naturale che hanno le famiglie abituate a farne argomento di vita. Molto commovente la lettera in cui raccontava in riflessivo dettaglio le sue ventiquattro ore in una cella di tre metri per quattro e mezzo. |