Andavamo a Terrarossa, un posto che se ne stava in una galassia di mondi immaginari. Il paese delle tenebre dove la meraviglia dell'elettricit non era ancora giunta e la luce si faceva con la teda, una scheggia di pino resinosa rubata agli alberi delle cime pi in alto dell'Aspromonte. Scrive cos Gioacchino Criaco immergendosi nella storia e nei personaggi di Saverio Strati. E ancora: I Cucchi li chiamavano o i Sambali, quelli di Terrarossa, perch cinici come i piccoli del cuculo e induriti come il cuoio: gente di malavita, in giro nella notte a razziare armenti e col coltello alla cinta pronto a sfregiare la faccia. Lo scenario un luogo tra i pi impervi e inaccessibili della montagna calabrese, dove la bellezza della natura fa da contrasto a un paese segnato dalla miseria e dalla disperazione - dall'abbandono di chi lo governa. L giungono quattro mastri muratori a costruire le case popolari, impresa a cui tutta la comunit collabora. Ma la farina del tesseramento non arriva mai, a causa degli intrighi mafiosi del podest, del segretario politico, del medico. E la rabbia serpeggia. I muratori, venuti da fuori, incitano il paese alla rivolta, che divampa in un finale drammatico. "La teda" il racconto di un mondo ancestrale, rischiarato da una luce arcaica mentre altrove ha gi corso il progresso. la descrizione di un Aspromonte archetipico. |