Parlare di riabilitazione e di fine vita sembra una contraddizione nei termini stessi. Di fatto quando nel 2003 dovevamo avviare il nostro Hospice territoriale ?Altachiara? e reclutare il personale, trovare un fisioterapista disposto a lavoraci stato molto difficoltoso. Anche i fisiatri di fronte alla richiesta di compilazione di un programma fisioterapico per un malato terminale storcono il naso i pi rispettosi, si rifiutano e si mettono in cattedra i pi arroganti. Il punto di vista dei malati terminali sia oncologici che per malattie croniche degenerative, invece molto diverso. La possibilit di fare fisioterapia spesso rappresenta una delle opportunit pi desiderate. Potersi recare in modo autonomo in bagno, potersi spostare dal letto alla carrozzina, mettersi nella prospettiva di poter recuperare almeno minimamente le proprie autonomie una eventualit ambita da ogni persona, anche da chi giunta al termine della propria esistenza. La vita umana ha un suo esordio ed una sua fine, e se la fine non avviene a causa di un trauma o di suicidio, avviene necessariamente per malattia: morire di malattia un evento naturale. la norma. Allora perch cos difficile parlarne? Spesso il medico l?unico interlocutore per le persone giunte a fine vita, come se la morte altro non fosse che il fallimento della scienza medica, come fosse il risultato di un errore nel processo decisionale o terapeutico di qualcuno. Altri professionisti della salute come infermieri, operatori socio-sanitari e soprattutto fisioterapisti possono offrire un contributo decisivo a queste persone. L?esperienza personale e diretta ci insegna come spesso i malati terminali vivano in funzione dell?attesa del momento riabilitativo, e parlino con orgoglio dei risultati conseguiti. L?intervento fisioterapico un momento privilegiato poich prevede il contatto fisico, l?interazione diretta tra operatore e paziente. Comunicare con le persone giunte al termine della propria vita e con i parenti delle stesse crea imbarazzo, non affatto semplice. A volte le parole suonano vuote e di circostanza. La comunicazione attraverso il contatto cutaneo il pi antico mezzo di comunicazione sia inteso in senso antropologico, sia in termini di psicologia dello sviluppo. Nei momenti di sofferenza il contatto fisico comunica solidariet, vicinanza, fratellanza pi delle parole ed in modo trans-culturale. In quest?opera affrontiamo anche riflessioni importanti sul significato della vita e della morte con cui il personale sanitario deve ogni giorno confrontarsi per lavoro. Analizziamo il significato del lutto, il suo valore personale nell?espressione del dolore, sociale nella condivisione dello stesso, il significato e la funzione del lutto anticipatorio. Accompagnare, sostenere e contenere il paziente in questa esperienza grazie al contatto fisico una opportunit che pu essere considerata. Cercare di mantenere anche in situazioni talvolta drammatiche uno sguardo ed un atteggiamento positivo e propositivo non semplice ma almeno da parte del personale sanitario, sarebbe auspicabile. L?intervento fisioterapico percepito come mezzo per fornire un aiuto, un contatto fisico gradito, e al contempo professionale. Il significato, la modalit, le indicazioni alla fisioterapia nelle cure palliative sono descritte alla luce dei principali studi. Nel trattare le tipologie di fine vita ci siamo occupati sia del paziente in stato di terminalit, di solito oncologico, sia del paziente con malattie croniche end-stage, per esempio affetto da patologie neurologiche in cui non si prevede una guarigione, n un qualche miglioramento. Abbiamo analizzato gli stati che sono stati erroneamente assimilati al malato terminale: lo stato di coma e la locked-in, proprio per scongiurare la confusione che pu condurre a conclusioni errate. |