In una Istanbul labirintica e malinconica descritta con straordinaria vivezza e precisione, un giovane avvocato, Galip, parte alla ricerca della moglie scomparsa. Prima di lasciarlo, Rya ha scritto una lettera d'addio, e al di l delle diciannove, vaghe parole contenute nel messaggio, Galip colpito dal fatto che la moglie abbia usato una biro verde. Una biro come quella che Galip aveva perso in mare quand'era bambino durante una gita in barca con Rya, e che Cell, fratellastro di Rya, aveva inserito in una magistrale puntata della sua rubrica sul "Milliyet" dove immaginava tutti gli oggetti che sarebbero venuti alla luce "il giorno che il Bosforo andr in secca". Tutto a Istanbul inestricabilmente legato, e come in un sogno tutto pu assumere un altro significato e ogni nome diventare pseudonimo. Cell un giornalista importante, amato e odiato, ma comunque molto letto. Dice di s che avrebbe preferito occuparsi soltanto di argomenti solenni, battaglie decisive e amori infelici. Si ritrova invece a essere uno scrittore "pittoresco", impegnato in un'opera enciclopedica di ricostruzione della citt, attraverso gli oggetti della modernit dai nomi occidentali e quelli polverosi e mezzi rotti della tradizione ("le cose che ci siamo lasciati alle spalle"). Ma Cell non pu aiutare Galip nella sua indagine perch scomparso anche lui. |