Un incontro a prima vista singolare quello tra Mario Vargas Llosa e il Decamerone. Ma, come scrive il Premio Nobel nel prologo che precede il volume, i dieci giovani che durante la peste del 1348 si rifugiano in una villa di campagna per sfuggire a una realt intollerabile, evocando un mondo parallelo e creando una realt fittizia fatta di storie fantastiche e di sogni, incarnano la ragione stessa della letteratura. E non dunque certo un caso che il grande scrittore peruviano riparta proprio dall'opera rivoluzionaria del Boccaccio mettendo in scena, nella stessa villa Palmieri nella quale i giovani si erano rifugiati, alcuni dei protagonisti del Decamerone, nonch lo stesso Boccaccio, dando voce a ciascuno in una narrazione che ha l'immediatezza di una pice teatrale. I venti capitoli dei "Racconti della peste" spaziano dunque in un universo fantastico che si oppone alla terribile realt della pestilenza: da "L'uomo-veleno e il fanatico" a "Una storia d'amore", da "Ingannare la peste con la menzogna" a "Il racconto pi depravato e perverso", il percorso dei racconti si snoda, come nel Decamerone, in fantasie buffe, storie tragiche, storie d'amore e di violenza. L'amore, il desiderio, il potere della fantasia e le relazioni tra le classi sociali sono la chiave di quest'opera che raccoglie l'essenza dello spirito del capolavoro boccaccesco: la lussuria e la sensualit ingigantite per il terrore dell'apocalisse. |