 Nella tragica vicenda che coinvolse il grande pensatore comunista Antonio Gramsci, incarcerato dal regime fascista per otto anni, riveste un rilievo particolare la sua vicenda sentimentale. Come delegato dell’appena nato Partito Comunista Italiano, Gramsci parte nel 1921 per Mosca, dove verrà ricoverato nel corso dell’estate in un sanatorio alle porte di Mosca, per curarsi dalla malattia nervosa che da tempo lo colpiva. Qui ha modo di conoscere Eugenia Schucht, anch’ella ricoverata nella clinica, figlia di un dirigente del Pcus, molto vicino a Lenin, la cui sorella Giulia veniva spesso a trovarla. Giulia è bella, alta, ha molto fascino e rapidamente Gramsci ne viene conquistato. Come in seguito ricorderà “il primo giorno [...] non osavo entrare nella tua stanza perché mi avevi intimidito [...] al giorno che sei partita a piedi e io ti ho accompagnato fino alla grande strada attraverso la foresta e sono rimasto tanto tempo fermo per vederti allontanare tutta sola, col tuo carico da viandante, per la grande strada, verso il mondo grande e terribile [...] ho molto pensato a te, che sei entrata nella mia vita e mi hai dato l’amore e mi hai dato ciò che mi era sempre mancato e mi faceva spesso cattivo e torbido” . Giulia e Antonio si sposeranno e avranno due figli, ma la loro sarà sempre una vicenda sentimentale segnata da distanze e incomprensioni. Insomma, un amore alla fine infelice perché per ragioni oggettive non ebbe modo di dispiegarsi pienamente. Un rammarico, e quasi un senso di colpa, percorre le lettere che Gramsci scrive di continuo alla sua amata, fino al giorno della sua morte. Alla fine, un amore strozzato dalla storia. |