Anche un flash mob rito? Pu sembrare dissacrante, ma forse non lo . L'autore di questo saggio ci propone di cambiare prospettiva e si chiede non tanto che cos' il rito ma che cosa si vede attraverso il rito. La scommessa da fare consiste nello studio del rito come occhio sulla realt, come modo di vedere il mondo, la storia e l'universo. L'intreccio col cristianesimo e la sua liturgia evidente. Quest'ultima, infatti, fa trasparire la speranza cristiana non solo perch l'afferma nei suoi contenuti ma anche perch la testimonia nella sua forma. Leggere questo libro una piacevole rivelazione: dai primordi delle prime civilt all'uomo post-moderno dello smartphone, il rito essenziale, vitale e rigenerante. INTRODUZIONE Lo sguardo del rito e non solo uno sguardo sul rito. Il modo apparentemente pi ovvio di trattare la realt di guardarla come qualcosa che viene da uno sfondo lontano, talvolta estraneo, se non addirittura ostile. Anche il rito pu venire ammucchiato tra le cose provenienti da un mondo lontano ormai perduto o mantenuto come un oggetto esotico. Cos alcuni, spinti da curiosit, possono dare un?occhiata al rito; altri, sorretti da una particolare sensibilit, vanno oltre questo atteggiamento superficiale e mostrano di avere un occhio di riguardo per il rito; vi sono poi quelli che rimangono incantati di fronte a una liturgia vista per la prima volta anche se sono ben lungi dal visitarla pi volte come vorrebbe la sua natura ripetitiva. In tutti questi casi si ha un occhio sul rito, e prima o poi l?occhio si annoia, oppure si concentra su dettagli che perdono di vista l?insieme. Il caso tipico la centralit che spesso assume l?omelia, dalla quale molti si attendono suggestioni e originalit, illuminazioni e orientamenti. Se l?omelia non dice niente allora tutto sembra perso, dato che il resto della liturgia percepito come poco comunicativo se non del tutto insignificante. Si pu credere di porre rimedio a tale fallimento indagando e insegnando le innumerevoli ricchezze del rito. A parte l?esiguo numero di persone raggiunte dal rimedio proposto, rimane per il fatto che non si supera il livello dello sguardo sulla liturgia. Gli stessi studi sul rito, pur indagando a un livello pi profondo, si sono mossi spesso sul piano di una semplice oggettivazione tesa a spiegarlo dall?esterno. Senza negare valore a questa prospettiva, la scommessa da fare sul rito un?altra, e consiste nell?entrare nella logica rituale, ossia nello studiare il rito come occhio sulla realt, come modo di vedere il mondo. La domanda non che cos? il rito ma che cosa vede il rito, che cosa si vede attraverso il rito. E con ci stesso si aprono le porte all?indissolubile legame con colui o coloro che vedono attraverso il rito. L?essenza del rito non un qualche suo nucleo ma la comunit che lo vive, perch il rito una modalit con la quale la comunit guarda il mondo; la sostanza della liturgia non una qualche sua parte ma l?assemblea che lo celebra, perch la liturgia la rivelazione con la quale l?assemblea guarda la storia. Un modo di guardare che non si realizza attraverso l?uso accorto di uno strumento ma grazie al costituirsi dello sguardo. Nel rito, e non pi semplicemente col rito, la comunit costruita come sguardo sul mondo e sulla storia, sulla vita e sull?universo. Il rito non l?occhiale di cui l?uomo si serve per vedere meglio ma l?occhio di cui l?uomo costituito in quanto essere vedente. Il rischio costante di ridurre il rito a una protesi come l?occhiale; il rischio di ridurre il rito a una protesi della credenza, e la liturgia a una protesi della fede. Per questo motivo meglio ricorrere alla metafora dell?occhio. Ma anche in questo caso non mancano i rischi, strettamente legati a un?antropologia che considera il corpo, con tutte le sue componenti (occhio compreso), uno strumento dell?anima o una protesi della mente. Il corpo e il rito condividono la stessa condanna all?esilio da quel |