Nel vuoto della quarantena, la bora pulisce l'aria, il mondo sfebbrato, respira. La casa miagola, geme, rimbomba come un pianoforte pieno di vento mentre la citt stessa vibra come un sismografo su linee di faglia. E un mattino Rumiz sale per una botola fin sul tetto, che diventa il suo veliero. L il suo sguardo si fa aeronautico, gli spalanca la visione della catastrofe e allo stesso tempo del potenziale di intelligenza e solidariet che pu ancora evitarla. Gli svela un'Europa col fiato sospeso, dai villaggi irlandesi alle isole estreme delle Cicladi, dalle valli pi segrete dei Carpazi al lento fluire della Neva a Pietroburgo. Milioni di persone che vegliano, incerte sul loro futuro. Gli affetti veri sono resi pi vicini dalla forzata lontananza, e si scrive a chi si ama come soldati in trincea, mentre il virus accelera la presa d'atto di un processo che obbliga a riprogettare il proprio ruolo di cittadini in un mondo diverso. Della clausura Paolo Rumiz tiene un diario che entra sotto la pelle della cronaca, per restituirci il cuore di una grande mutazione, al termine della quale non saremo pi gli stessi. |