Un libro che resiste al trascorrere del tempo e che continua a catturare l?attenzione innanzitutto, con buona pace dei dotti e dei critici, un libro bello. Un bel libro di viaggi una gemma preziosa, tanto rara da suscitare in chi la trovi un senso di sorpresa e di stupore. La realt non mai avara con chi viaggia, ma si prodiga in emozioni e regala innumerevoli esperienze in un brevissimo volgere di tempo. Molto raramente viene ripagata con altrettanta generosit. Voler ridire cosa si visto e provato da pochi, saperlo ridire un dono davvero inconsueto. Bisogna che la nostalgia del viaggio, che ostinata scuote ogni ritorno, si trasformi in un nuovo miraggio. Bisogna che il narratore cerchi di nuovo una meta, che sappia ricreare nel lettore l?inquietudine che lo ha attirato lontano. Al nostro viaggiatore ebreo l?inquietudine non faceva certo difetto. Le pagine dell?Itinerario non lasciano trasparire nulla sull?uomo, sulla sua vita e sulle sue emozioni; una cosa risulta per ben chiara in ogni frase del racconto, in ogni tappa del percorso: Binyamin il suo viaggio. La lunghissima peregrinazione, che lo porta - nella sesta decade del XII secolo - da Tudela sino al limitare dell?Oriente estremo, ai confini del mare periglioso su cui domina Orione, vissuta nel libro come una necessit, quasi un dovere ineludibile.Dall?introduzione di Giulio Busi |