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Fulvio Tomizza Libri


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Fulvio Tomizza riuscito con questo libro a dare una visione completa di un popolo spurio, che solo alla fine della prima guerra mondiale si accorto di essere italiano o slavo, non per scelta individuale, ma in quanto questa suddivisione divenne forzata.


Questa gente, costituita per lo pi da poveri contadini e che parlava un dialetto a met fra litaliano e il croato, non appena le terre su cui vivevano passarono allItalia, si trov improvvisamente, e non autonomamente,  italiana. E cos la nostra lingua divenne quella unica e ufficiale a tutti gli effetti, tanto che durante le messe al celebrante fu imposto di usarla, al posto del latino; a quelli che italiani non erano fu rivolto un deciso invito ad emigrare, ad andare nel neonato stato jugoslavo.


In forza di ci quelle popolazioni decisero di essere italiane o croate, con fratture insanabili anche allinterno della stessa famiglia, e fu in quella circostanza che non pochi, magari aggiungendo solo una vocale, italianizzarono il loro nome.


E sar unaltra guerra a rimescolare le carte, a far perdere definitivamente la propria identit a quella popolazione contadina, a quel mondo arcaico che in seno allimpero asburgico conviveva senza problemi, consapevole solo di essere una comunit.


Di questa tragedia, perch di tragedia si tratta, Fulvio Tomizza parla in La miglior vita, romanzo certamente non facile, da leggere con attenzione per poter comprendere attraverso il racconto di un sagrestano, Martin Crusich, non solo la realt di questo microcosmo, ma anche, allargandone la visione, gli aspetti cruciali di un secolo.


Cos ci narra di due grandi guerre, di cambiamenti di nazionalit, di esodi volontari oppure forzati, di una grande epidemia di vaiolo, di un terremoto, di una rivoluzione socialista, e questo partendo dal particolare, da quel piccolo paese di Radovani in cui Martin Crusich ombra fidata dei ben sette parroci che si succedono,  dalla figura solenne e ieratica di Don Stepe al personaggio tormentato di Don Miro, vittima di una passione, di cui si punir autodistruggendosi con il vizio del bere e nulla facendo per curarsi dal cancro che lo ha colpito. Dopo di lui, stante il regime socialista, la parrocchia non avr pi il suo prete e nellabitazione riservata ai sacerdoti si ritirer Martin, testimone di unepoca e custode ultimo della memoria.


Scritto cos pu sembrare poca cosa, ma questo romanzo, non solo unico nel suo genere che potremmo definire epico di frontiera, ma anche una storia di uomini complessi e semplici al tempo stesso, di sentimenti, di gioie e di dolori. Al riguardo, le pagine in cui viene descritto il trasporto a casa su un carretto trainato da un asino e alla cui guida c Martin del cadavere dellunico figlio Antonio, partigiano morto combattendo, sono di una bellezza indescrivibile; non c il ricorso alla facile commozione, anzi questo viaggio, che forse una metafora di un popolo cos smembrato e che pu ritornare alle sue case solo quando non pi in vita, descritto con uno stile asciutto, senza indulgere a pietismi, ma proprio per questo tocca livelli di alta drammaticit che segnano profondamente lanimo del lettore, apparendo del tutto naturali.


Il romanzo termina con lultima annotazione di Martin Crusich, che avverte che la sua ora sta per arrivare, e che scrive: Scende sulla terra il vuoto dei cieli o su di noi si spalanca la miglior vita? Questo non sapevo, che il mondo muore a ogni morte di un uomo.  E un per chi suona la campana che conclude in modo superbo un romanzo di rara bellezza.



Renzo.Montagnoli

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