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Mai visti sole e luna (Gli elefanti. Narrativa)


Ferdinando Camon Libri


"Leggere Mai visti sole e luna come l'opera dell'estrema nostalgia contadina, dell'ultima elegia di una cultura scomparsa, oppure come la rinarrazione, a tanta distanza di decenni, della guerra e della resistenza e anche degli anni che seguirono la guerra, significa ridurre alquanto il significato di un'opera che porta invece in sé un messaggio di universale portata, di eterno valore. Il fatto è che quel mondo delle campagne e quel tempo restano i soli in cui sia possibile mostrare la tragicità della condizione umana nella sua assoluta evidenza, ad ammaestramento e a esemplificazione per una società e un tempo in cui non si fa altro che inventare maschere per non vedere la realtà immodificabile dell'uomo". (Giorgio Bàrberi Squarotti)
 
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Mai dimenticare!
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Devo ammettere che la lettura dei libri di Ferdinando Camon riserva sempre grandi sorprese, e non solo per quanto concerne il tema trattato, ma anche per come esso viene esposto. Su questultimo aspetto ritorner in argomento approfonditamente pi avanti, perch credo che ben pi importanti siano i contenuti, tali da scuotere una naturale indolenza estiva che mi porta a cercare prose facili e meno impegnative. No, con Mai visti sole e luna, dobbligo leggere soffermandomi su svariati punti, lasciandomi trascinare dalle apparenti digressioni di cui infarcito il racconto e con le quali lautore conduce per mano a scoprire i reali e autentici significati di questa sua fatica.
Ancora una volta lo scenario quello agreste, il mondo quello contadino, lontano mille miglia dalle visioni idilliache delle Bucoliche di Virgilio, una terra aspra su cui spezzare le reni per trarre il necessario per il proprio sostentamento, una civilt sempre uguale nel tempo che lindustrialismo del dopo guerra ha spazzato via. Uomini e natura, natura e uomini, quasi unidentit che non lascia scampo: si viene al mondo sulla terra, alla terra si ritorna quando si muore, in una vita gi scolpita nella pietra del tempo, fatta di poche gioie e di molti dolori. unesistenza dura e lo ancora di pi se si aggiungono alle tante difficolt e privazioni quotidiane una guerra (la seconda) e la feroce occupazione tedesca. il barbaro germanico che nellassoluta condizione di essere superiore schiaccia, tortura, uccide i contadini, visti non come uomini, ma come paria, come individui inferiori, eguali ai loro animali. Mi sale un brivido lungo la schiena nel ricordarmi di certe nefandezze raccontate nel libro: sono massacri del tutto inconcepibili che non possono trovare giustificazione e le cui vittime gridano ancora giustizia, senza essere ascoltate. Anzi, il tempo smussa, sfuma, la resistenza nelle campagne diventa un evento lontano, talmente lontano che i figli dei figli dei figli di quei protagonisti ora possono perfino chiedersi se qualche cosa c stato, o ancor peggio non chiedono nulla, non gli interessa, meglio ignorare il passato per vivere sradicati senza uno scopo, succubi del presente.
E pur in questa tragedia, che si rincorre di pagina in pagina, e nonostante lesperienza dellautore, perch laspetto autobiografico non per nulla secondario, le capacit narrative sono sorprendenti, accompagnate da un velo dironia che nel capitolo che d il titolo allintera opera (Mai visti sole e luna) si trasforma nella satira dellalfabetizzazione serale.
Per il sipario si apre ogni volta sul mondo contadino e curiosa al riguardo la parte della contrapposizione fra campagna e citt, questultima fonte di tanti guai, perfino della guerra, abitata da individui incapaci di integrarsi, a differenza dei contadini, che vivono nella natura e secondo i ritmi della stessa.
Convengo per con Giorgio Brberi Squarotti, autore della postfazione, che giustamente scrive che leggere Mai visti sole e luna come lopera dellestrema nostalgia contadina, dellultima elegia di una cultura scomparsa, oppure come la rinarrazione, a tanta distanza di decenni, della guerra e della resistenza e anche degli anni che seguirono la guerra, significa ridurre alquanto il significato di unopera che porta invece in s un messaggio di universale portata. E quale questo messaggio? La societ moderna, in cui lapparenza vela qualsiasi realt, in cui tutti sembrano felici senza esserlo, in cui la ricchezza la pietra di paragone per definire qualit che non sono tali, impedisce di vedere a differenza di una civilt contadina in quel tempo, nuda e scarna, che non impone visioni artefatte, ma si presenta tale e quale - la vera tragica condizione umana, immutabile da epoche immemorabili: si nasce per poi morire e si paga il prezzo della morte vivendo.
Quindi, questo libro porta diversi messaggi, anche se forse ce n uno che allautore interessa in modo particolare: limportanza della memoria. E in questo senso Ferdinando Camon ha ben presente il concetto che, senza memoria, un fatto, per quanto aberrante e tragico, come se non fosse mai accaduto. Non quindi un caso se nella dedica ha riportato a penna queste parole: non c giustizia dopo le grandi stragi. E vero, la storia ce lo insegna, larmadio della vergogna non fantasia, ogni scusa buona per seppellire il passato, quando scomodo. E questo un ulteriore messaggio: il perdono interessato ai carnefici, senza piet per le vittime, un trionfo di quellanimalit che in noi e che puntualmente, qualora le circostanze lo richiedano, si ripresenta.
E veniamo allesposizione, a un italiano parlato che ha il grande pregio di essere corretto, bello ed efficace anche trascritto, con periodi lunghi che non stancano, anzi incollano il lettore alla pagina, con il ricorso non infrequente, ma esatto e insostituibile, al dialetto, in un contesto generale che sembra porgere una realt in palmo di mano.
Camon deve aver voluto molto bene alla sua gente, a questi campagnoli, spesso ottusi e in lotta perenne con una natura indomita, un mondo ormai scomparso, sostituito da unagricoltura industriale anonima, come anonimi sono gli attuali agricoltori, cos diversi da quei contadini che nella loro umilt non si sono mai nascosti il destino di ogni uomo.
Mai visti sole e luna un romanzo stupendo, un vero e proprio capolavoro.


Renzo.Montagnoli

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