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Lannullamento delle fonti Pazienza Pane, e tempo. Queste parole, graffite sul muro di una cella del palazzo Chiaramonte, sede del SantUffizio dal 1605 al 1782, Giuseppe Pitr riesce a decifrare nel 1906: insieme ad altre di disperazione, di paura, di avvertimento, di preghiera; tra immagini di santi, di allegorie, di cose ricordate o sognate. Il destino, spesso, riserva delle sorprese del tutto particolari e al riguardo Leonardo Sciascia mai avrebbe immaginato che quel personaggio di Fra Diego Certamente, pi che il personaggio, la genesi del reperimento della documentazione, incompleta, che port lo scrittore siciliano a compiere un lavoro il cui grado di soddisfazione era per lui, per quanto possa sembrar strano, nella possibilit e nellesigenza di rimettervi mano. La vicenda in s non di eclatante interesse, con questo frate, recidivo, pi volte condannato a pene sempre pi severe e che infine, dopo aver ammazzato per esasperazione a manettate il suo inquisitore, viene giudicato, ritenuto colpevole e sanzionato con la pena capitale, secondo la pi classica delle forme preferite dal SantUffizio: il rogo. I diari dellepoca sono scarni, con poche informazioni, anche perch i documenti ufficiali sono stati bruciati nellincendio ordinato dal vicer Caracciolo ed quindi lecito formulare pi di unipotesi in ordine al movente, e fra queste Sciascia respinge decisamente quella del delitto passionale a suo tempo formulata da William Galt nel romanzo storico Fra Diego Meticoloso nella ricerca comera proprio Sciascia non c dubbio che anche in questa circostanza abbia proceduto con il massimo rigore, ma resta il fatto che, in assenza degli atti del Tribunale, le certezze sono poche e che quindi non difficile comprendere il perch nella sua prefazione scriva, fra laltro: La ragione che effettivamente un libro non finito, che non finir mai, che sono sempre tentato di riscrivere e che non riscrivo aspettando di scoprire ancora qualcosa Pagina dopo pagina si giunge alla convinzione che lispirazione per lopera non sia tanto la vicenda di questo frate, ma la mancanza di fonti certe, la presenza solo di indizi che possono fornire al pi latmosfera di tragedia per loperato del SantUffizio, tutti elementi che avrebbero fatto desistere qualsiasi autore, ma che per Sciascia costituiscono lidea di una riscrittura, che si avvale proprio dellannullamento delle fonti, per artatamente ricrearle, dotandole di una sottile vena ironica che giunge a vette eccelse nella pignolesca descrizione della parata che porta al supplizio. Lautore realizza in tal modo un saggio esemplare, probabilmente una delle pi acute e lucide condanne della repressione delle libert di pensiero che siano mai state scritte. E definirlo unopera incompiuta riduttivo, perch in effetti un lavoro che nel momento in cui si completa lascia aperte nuove possibilit, nuove ipotesi, non tanto forse per unaltra riscrittura, ma per una ulteriore integrazione. In pratica non c unultima pagina, ma solo una pagina che chiude una porta nella consapevolezza che se ne potrebbero aprire altre. Morte dellinquisitore non un libro facile, come possibile comprendere, ma di grande valore, senzaltro uno dei migliori fra quelli scritti da Sciascia. Renzo.Montagnoli
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