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Quattro racconti sullo sfondo della guerra Quando Leonardo Sciascia pubblica nel 1958 Gli zii di Sicilia gi uno scrittore considerato da Italo Calvino molto promettente e che ha gi dato alle stampe alcune opere interessanti come Le favole della dittatura, recensito da Pier Paolo Pasolini, Siamo ancora lontani dai testi con cui denuncia la presenza della mafia, la sua collusione con il potere politico ed economico e infatti occorrer arrivare al 1961 per poter leggere Il giorno della civetta, la sua opera forse pi nota in assoluto. Tuttavia, in una parentesi romana al Ministero della Pubblica Istruzione, matura in Sciascia lidea di scrivere alcuni racconti sullo sfondo della guerra ed cos che nascono le quattro prose che costituiscono Gli zii di Sicilia, unite da questo filo conduttore, anche se molto diverse fra di loro per ambientazione, per epoca e per messaggio. Il primo, Il secondo, La morte di Stalin, storia di un piccolo calzolaio antifascista, in preda al culto della personalit (il suo mito appunto Stalin), le cui certezze verranno messe a dura prova dai comportamenti del dittatore sovietico; questo fervente comunista cercher sempre di farsi una ragione di azioni e misfatti compiuti dal suo idolo, perdendo per poco a poco fiducia in lui e anche in se stesso. Qui lironia si veste anche di umorismo e non difficile ridere, anche se alla fine si passa al sorriso, un sorriso strappato e quanto mai amaro. Il terzo racconto, Il quarantotto, si svolge in Sicilia in periodo risorgimentale, appunto fra il 1848 e il 1860. La rivoluzione del 1848 e lunificazione del Regno dItalia sono visti dagli occhi di un giovane siciliano, un plebeo che sa ragionar di testa sua. In questa prosa emerge netto, incontrovertibile, il cinismo della classe dominante, di nobili e prelati decisi a contrastare con qualsiasi mezzo anche il minimo spirito liberale, ma poi pronti a cavalcare lidea risorgimentale, affinch tutto cambi per poi tornare uguale. E un racconto molto interessante, il cui significato si ritrova, come noto, nel Gattopardo di Tomasi di Lampedusa, pubblicato postumo lo stesso anno de Gli zii di Sicilia, una curiosa coincidenza, poich impossibile che Sciascia abbia potuto leggerlo prima di scrivere questo testo, mentre pi probabile che lui e appunto Tomasi abbiamo recepito linflusso di I Vicer, di Federico De Roberto, opera ben antecedente, risalendo alla fine del XIX Secolo. Lultimo racconto, aggiunto nel 1960 e intitolato Lantimonio, narra la storia di un minatore, che scampato a unesplosione di grisou (gli zolfatari siciliani lo chiamano antimonio), in preda alla miseria si arruola volontario per partecipare alla guerra civile spagnola. L, combattendo a fianco delle truppe franchiste, conoscer il vero volto del fascismo, al di l della tanta retorica e delle promesse non mantenute. Crudele, solo come pu essere lo scoprire una realt che sconvolge, questo racconto fornisce limmagine di un regime in decadenza, tuttavia inflessibile nel perseguire la sua opera di ammaliamento delle classi meno abbienti, carne da macello in miniera e da cannone in guerra. Questo libro si legge con grande piacere, anche perch tutti e quattro i racconti riescono ad avvincere; quindi non posso che consigliarlo, anzi ne raccomando vivamente la lettura. Renzo.Montagnoli
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