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La morte si sconta vivendo
Stanca la Morte, stanco il suo cavallo: altro che il cavallo del Trionfo della morte e di Guernica. E la Morte, nonostante i minacciosi orpelli delle serpi e della clessidra, era espressiva pi di mendicit che di trionfo. < Scritto da Leonardo Sciascia, quando gi era ammalato di un male che poi lo port alla morte, un racconto crepuscolare, in cui svela le sue naturali paure e i suoi istinti emotivi. E un ritorno alla narrativa poliziesca, ma sempre inserita in un contesto di un potere corrosivo, un mostro dai mille tentacoli che qualunque cosa tocchi diventa essa stessa un simbolo del male. Il protagonista, in cui in fondo si riflette Sciascia stesso, un vice commissario di polizia che indaga sullomicidio dellavvocato Sandoz. E un uomo solo, malato, che sa che la morte si avvicina e che svolge la sua attivit in modo apparentemente dimesso, in contrasto aperto con il suo diretto superiore, che dalla vita si aspetta molto come gratifiche e che non osa toccare un potente, lindustriale Aurispa, prendendo anzi subito per buono un indizio del tutto inconsistente, ma che pone il principale sospetto al riparo dalla giustizia. Il vice commissario non ha prove, ma sicuro che il colpevole sia proprio lintoccabile, grazie ai colloqui avuti con due donne e con un amico, ex agente dei servizi segreti. Scopre anche cos che quel delitto non stato fortuito, ma che il suo autore anche coinvolto in altri ancora insoluti. E la tradizionale lotta fra il bene e il male, fra la giustizia e lingiustizia, fra un uomo che osa anche perche perch sa che la sua vita sar in ogni caso breve e che forse meglio lasciare il mondo sotto i colpi di una pistola, piuttosto che languire a lungo e soffrendo in un letto dospedale. In una nazione in cui il potere corrosivo si espande come una metastasi, omologando chiunque, il vice commissario, quasi un nuovo Ges, si oppone, per quanto possibile e bench sia consapevole che la sua battaglia persa in partenza; tutto e tutti gli sono contro, anche quella morte di cui avverte il fiato sul collo, ma lui prosegue imperterrito, facendo leva sulla sua intelligenza e su una sottile ironia che gli impedisce di essere compassionevole con se stesso. Ha sempre sotto gli occhi una riproduzione di unopera di Durer, Il cavaliere, la morte e il diavolo, una metafora della sua situazione, una certezza che nei tempi sempre stata una lotta fra il bene e il male, fra quel cavaliere che lui e quel diavolo che Aurispa. Fra loro c solo la morte, che alla fine, come per tutti, paregger i conti. La narrazione coinvolgente, anzi in questo scritto lo ancora di pi, proprio perch fra autore e personaggio si riscontra pi che mai una grande identit, entrambi straziati da un tumore, amanti delle sigarette, del caff forte, del fascino e della personalit delle donne. Sciascia non poteva lasciarci con un addio migliore di questo. Renzo.Montagnoli
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