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C un famoso detto che recita che non c il due senza il tre. Sono modi di dire che si trascinano nella tradizione popolare, per giustificare una certa catena di eventi, di cui poi magari si verificano solo i primi due, mentre il terzo viene rinviato sine die. Non il caso delle pubblicazioni di Cristina Bove, poich dopo Fiori e fulmini del 2007 e Il respiro della luna del 2008, fresca di stampa una terza silloge e, senza voler fare previsioni azzardate, sono dellidea che, data la prolificit dellautrice, ne seguiranno senza dubbio altre. Questa messe produttiva trova il suo motivo nel fatto che in lei ormai talmente connaturato il linguaggio poetico al punto che, per esprimersi sui pi svariati temi e comunque sempre cercando di fare un discorso approfondito, finisce con il ricorrere ai versi, una forma di esposizione che le risulta particolarmente congeniale, in particolar modo gi nellaspetto propedeutico dellelaborazione del pensiero. Che questo modo sia efficace dimostrato poi dalla qualit della sua produzione, costante, senza cadute, ma eventualmente in una continua evoluzione dello stile, dapprima pi semplice e ora appena un po pi complesso, con versi anche secchi, troncature e concentrazione del messaggio, il che finisce per avvicinarla ancor di pi alla corrente ermetica. Gi nel titolo, Attraversamenti verticali, c infatti la volont di pervenire a una scrittura meno corrente e comunque emblematica di un pensiero che va a cogliere ogni aspetto della societ e dellanimo umano. Del resto lintera silloge prende il nome da una delle poesie presenti che nella sua dinamica mi sembra supporti adeguatamente quanto ho fino ad ora scritto. ATTRAVERSAMENTI VERTICALI Modello a cera persa in fonderia dove tracima e scorre si lamenta nello sbuffo di scarico limpronta cavit mi contiene, io sono il segno dellavido contrarsi, il luogo e il tempo il mantice dintorno e sboccio come fiamma dalla brace unimmersione poi, raggio corrusco mi spengo nella sabbia del fondale. Lune dipinte erettili mi navigano il dorso e fluttuo lenta nellondeggiare delle posidonie. C indubbiamente il tentativo di andare oltre una normale forma espositiva per addentrarsi in unaltra dimensione, in parte ancora non del tutto conosciuta. Peraltro presente pure la tendenza a un ritorno alla forma stilistica precedente che ben conosciamo, forse anche perch non mai possibile troncare totalmente con il nostro passato e allora appare palpitante il cuore messo a nudo di Cristina Bove (Allora anchio mi chiedo se cos / che si fa poesia / se basta avere laria nella testa / un pulviscolo in petto / o una notte di lucciole in cantina /) oppure (La luna apre le braccia e chiama il mare / nei capelli dargento /). La creativit cos si armonizza bene con il concetto e il sentimento, la sensazione ha linnegabile vantaggio della traslazione immediata allanimo del lettore. Comunque questo insieme di stile consueto e di esperimento innovativo appare bene amalgamato e tale da accontentare sia chi gi conosce lautrice per il suo verseggiare sciolto e armonico, sia per chi cerca nuovi percorsi espressivi, che sono un segno di vitalit e di perpetuo rinnovamento in un autore che ha ancora da dire molto. Se mi consentito un paragone, dico solo che Cristina Bove come un roseto, che ogni anno si concede una fioritura di diversa scenografia, fermo restando loriginario colore. Renzo.Montagnoli
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