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Il quinto Stato (Teadue)


Ferdinando Camon Libri


"Il quinto stato" è il primo romanzo del cosiddetto "Ciclo degli ultimi", la saga contadina che Camon ha dedicato agli umili della campagna veneta in cui è nata. L'epopea grandiosa e miserabile degli "ultimi", del "quinto stato", popolato di uomini, angeli, diavoli, animali, travolti in un vorticoso intreccio di fame e di sesso, di paura e di fede, di amore e di morte.
 
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Comera la civilt contadina
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Nei campi dei Frati si trova il cimitero col quale comincia il paese di San Marco, e il cimitero consiste in un quarto di campo che per ora non coltivato ma lasciato l per le tombe, e le tombe si distinguono per i piccoli rialzi di terra smossa nella quale son piantati dei fiori da morto. Il cimitero non recintato e cos i morti come se non avessero una sede obbligata, e infatti la loro presenza la si sente massiccia e ingombrante un po dovunque, tanto che mio padre ci raccontava al focolare che uno dei nostri antenati passando di notte davanti al cimitero sent qualcuno piangere e disperarsi ma guardando bene non vide nessuno anche se cera luna grande, e poich il pianto gli savvicinava tanto che ormai gli era a un passo, per lo spavento si fece il segno della croce per arrestarlo e disse:<< Anema del Purgatorio, dime chi te s, che te fo dir na messa>>. Ma ormai era troppo tardi, il pianto gli era addosso anzi era come se glielo versassero dentro le orecchie, e allora lantenato butt via il tabarro e scapp saltando i fossi e le siepi, piomb in casa, sprang la porta, e subito sent come un tonfo contro di essa: certo doveva trattarsi di unanima del purgatorio o dellInferno, comunque arsa nel fuoco, perch al mattino dopo aprendo la porta vi scopr limpronta bruciacchiata di due ossa incrociate.




Il quinto stato il primo romanzo pubblicato da Ferdinando Camon, lo in assoluto, ma anche quale primo scritto di un ciclo, da lui definito Ciclo degli Ultimi (gli altri sono La vita eterna e Un altare per la madre), destinato a quello che era una civilt da non molto tempo scomparsa, quella contadina.
La sua una testimonianza diretta in quanto figlio di contadini, cresciuto in quellambiente, da cui poi emigrato, grazie agli studi, prima che tutto finisse, prima che una societ immobile da secoli fosse spazzata via, quasi in un lampo, sostituita da una vera e propria industria della terra, in cui la presenza, precedentemente pressoch totale del lavoro manuale, stata cancellata dal ricorso alle macchine, da sistemi di produzione ben diversi da quelli in passato utilizzati per millenni. un po ci che avvenuto con il passaggio dallattivit artigiana a quella industriale, dalla produzione singola o quasi a quella in grande serie, ma nel caso della campagna si verificato un cambiamento pi radicale del modo di vivere e di essere di colui che coltiva la terra, perch, a differenza dellartigiano che poteva trarre beneficio da continue innovazioni tecnologiche, il sistema produttivo era rimasto pressoch inalterato nei secoli. Per quanto io - ma ero ancora bambino - abbia potuto vedere questo mondo oggi estinto, ho ritratto pi che altro impressioni, poich non ne ero parte, provenendo dalla citt. Nel leggere questo libro mi sono reso conto di quanto inesatte fossero le mie conclusioni fondate su queste sensazioni, di quanto apparisse ridicolo un mio certo senso di superiorit con cui relegavo i contadini, bench parenti anche stretti, al rango di esseri alla periferia di un mondo, il mio, che appariva moderno, privo di pregiudizi, fondato su calcoli razionali e su una materialit che sembravano destinare lumanit a un futuro paradisiaco. Insomma, sentivo lontani i contadini, quasi parti di unaltra societ che non era cresciuta e si era evoluta come la mia. Il quinto stato mi ha aperto gli occhi, ha squarciato un velo di pregiudizio di cui dovrei provar vergogna, perch non mi pi possibile riparare, perch quelle genti non esistono pi, morte e sepolte a causa dellavanzata et, oppure letteralmente trasformate, e spesso con un processo assai rapido, in netto contrasto con limmobilismo di secoli.
Camon sa ben descrivere quel mondo, con un linguaggio, che senza scendere al loro, non il nostro corrente, ma un abile artificio in cui il ricorso alla parola, anche dialettale, consente al lettore di calarsi meglio nell ambiente, in unatmosfera unica e irripetibile.
Uomini e donne che si sfiancano dalla mattina alla sera a lavorare quella terra che al contempo amano e odiano, arature lunghe avvalendosi come traino del bue, un paesaggio piatto, assolato destate, brumoso in inverno, i cui abitanti si muovono e si agitano da millenni, con una ripetitivit tale che il futuro si pu identificare benissimo con il presente e con il passato. C una religiosit che promana da quel legame con la natura, in un intreccio con un cristianesimo permeato di superstizioni, di antichi riti una volta forse condotti da sciamani e pi avanti invece da preti. I concetti stessi di famiglia e di propriet risultano atavici, anche se non per questo errati, con curiosit del tutto particolari, come i rituali consentiti per il corteggiamento, quelli per il matrimonio, come linveterata abitudine di attribuire ai nati i nomi di avi defunti che con il tempo svilupperanno le stesse malattie di chi han preso il nome.
E un mondo popolato di spiriti, anzi in cui la presenza del diavolo costante, in cui pertanto il ricorso allesorcista assai frequente, un mondo che a prima vista potrebbe sembrare quello dellantica Arcadia, con la quiete dei campi, le lente processioni per reclamare la pioggia o per evitare la grandine, ma anche un mondo di grandi odi e di grandi amori, un mondo estremo, in cui violenze bestiali si accompagnano a grandi slanci di solidariet, una societ chiusa in un vago concetto di paese, i cui abitanti tutti si conoscono, si guardano spesso in cagnesco, ma anche si aiutano.
Ci sono volute forse la guerra, la seconda, le violenze delloccupante tedesco, le distruzioni e poi limmancabile ricostruzione, con lo sviluppo industriale, a minare questa immobilit e come un coccio troppo vecchio la civilt contadina ha cominciato a incrinarsi, con i giovani attirati irresistibilmente dalla citt, dal lavoro nellindustria, meno pesante di quello dei campi, e poi, pi velocemente di quanto non si pensi, il vaso si rotto, perch chi rimasto a lavorare la terra ha dovuto, in mancanza di braccia, ricorrere alle macchine, ha dovuto scoprire nuove colture e nuovi metodi di coltivazione, gli stato necessario programmare, investire, diventando cos un vero e proprio imprenditore.
La mentalit poco a poco cambiata, mantenendo tuttavia qualche tratto di quella vecchia, tenendo sempre ben in evidenza il diavolo, quellentit oscura che rappresenta il male in noi tutti, anche nei santi. S, lesorcista non sparito, ma ora contro la grandine si usano i cannoni, contro la siccit lirrigazione artificiale e la famiglia, ormai di numero ridotto, non pi legata alla stretta gerarchia del tempo andato. Gli odi sono diventati inimicizie e la solidariet si limita per lo pi a poche parole di circostanza.
Com lontano il mondo in cui trascorse la sua giovinezza Camon, ma come appare vicino leggendo il suo libro, come si avverte la fatica del duro lavoro, lemozione che accompagna la narrazione quando si parla di una giovinetta ospitata a seguito della famosa alluvione del Po del 1951, quel contatto con una cittadina che apriva lallora giovane scrittore a unaltra realt, sconosciuta e pertanto mitizzata. Ecco allora che sincrina un modo di vivere immutabile, si sogna una vita diversa e quindi comincia, dapprima lenta, lerosione di una civilt; sono pagine intense di quello che non si pu chiamare romanzo, ma quasi una confessione, il ricordo, con una punta di rimpianto, di ci che era e poi spar.
Il libro molto bello, con pi di una pagina in cui emerge una vena poetica sincera senza essere accorata, con tante figure, molte senza un nome, in quanto emblematiche di un certo modo di vivere, ma che destano curiosit, anche simpatia, immagini indistinte, ombre ormai relegate a memoria per chi scrive e a esemplari protagonisti di una societ scomparsa per il fortunato lettore che vorr scoprire radici ormai per sempre sepolte.



Renzo.Montagnoli

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