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Basterebbe gi lo sfolgorante incipit con quella corriera che sta per partire nella piazza di un paese siciliano, che anzi si avvia fra sussulti vari e poi si ferma perch il bigliettaio si accorge che un ritardatario richiama lattenzione correndo; ecco, si apre la porta del mezzo, luomo vestito di scuro si appresta a salire, ma due colpi squarciati lo fermano un istante a mezzaria e infine lentamente, quasi al rallentatore, il corpo finisce per afflosciarsi. Dico basterebbe, perch la scena talmente viva che sembra di essere presenti, l in unalba livida con le sfilacce di nebbia, e questo non che linizio di un romanzo che avvince, costringe il lettore a convivere con i personaggi, a respirare laria di paura, ad annusare il pericolo a ogni svolta, immerso nellatmosfera quasi rarefatta della realt di unisola soffocata e dominata dalla mafia. La scrittura di Sciascia volutamente tralascia il superfluo, essenziale, precisa, ritaglia i protagonisti con la precisione di un bisturi nelle mani di un chirurgo estetico. Nulla lasciato al caso e tanto meno al compiacimento, affinch latmosfera sia resa nel modo pi esatto possibile. Le pagine scorrono, le dita le girano impazienti e anche intimidite; il viaggio allinterno di un inferno di apparente normalit quanto di pi grande al riguardo sia mai stato scritto. Fantasia, invenzione? Certamente, ma un castello costruito su elementi oggettivi, su situazioni presenti, dove cambiano solo i nomi, magari anche gli eventi, ma la sostanza resta e con essa quel patema danimo che prende chi si appresta a diventare vittima, chi riesce a mettere le mani sui colpevoli, con la certezza che, nonostante le prove, questi non espieranno mai le proprie colpe. Tutto questo in un mondo che pare in preda al torpore, dove un capo mafioso si ritiene membro di un ordine cavalleresco, quasi un paladino al punto di tributare al suo avversario investigatore lonore delle armi, considerandolo degno di essere chiamato uomo per la sua onest, la sua correttezza, per essere in pratica un nemico che sta vincendo una battaglia, pur consapevole di perdere tutta una guerra. Ci sono i legami con la politica, per non definirli addirittura, pi che convivenze, identificazioni, c tanta amarezza nelle figure di chi chiamato al dovere di servitore dello stato e che lo pratica fino in fondo, fra mille difficolt, continui ostacoli da parte di esponenti di quello stesso stato per il quale lui si sacrifica. Il romanzo di per s un capolavoro, ma ha anche un pregio di carattere storico, perch uscito in unepoca in cui il governo negava esplicitamente che esistesse la mafia, definiva certi omicidi come frutto s della malavita, ma non di una struttura sorta come unistituzione dentro allo stato e in antitesi allo stesso, e ci nonostante levidenza dei fatti, a chiara dimostrazione che la cupola dellorganizzazione non stava a Palermo, ma a Roma. Dal 1960, quando fu scritto questo romanzo, sono passati quasi dieci lustri, ma purtroppo rimasto di drammatica attualit. Da leggere, perch stupendo e perch si sappia veramente che cos la mafia. Renzo.Montagnoli
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