Biografia Carlo E. Gadda |
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Nato nel 1893 a Milano da una famiglia della media borghesia, compie nella città natale i suoi studi, iscrivendosi nel 1912 alla facoltà di ingegneria del Politecnico. Partecipa, volontario, alla prima guerra mondiale: fatto prigioniero, trae dall'esperienza spunto per un “Giornale di guerra e di prigionia”, che sarà pubblicato nel 1955. Laureatosi, svolge la propria professione in Italia ed all'estero. Dal 1926, inizia a collaborare con la rivista “Solaria”, per le cui edizioni escono “La Madonna dei filosofi” (1931) e “Il castello di Udine” (1934), sue prime opere narrative. Nel 1940 si trasferisce da Milano a Firenze e vi resta per un decennio: è del ‘44 “L'Adalgisa”, raccolta di racconti a carattere satirico sulla borghesia meneghina dei primi del secolo. Dal 1950 è a Roma, dove lavora per un lustro ai servizi culturali del terzo programma radiofonico: nel corso di questo periodo, escono “Il primo libro delle favole” (1952) e “Novelle dal ducato in fiamme” (1953), grottesco sul periodo terminale del fascismo.
Nel 1957 (ma era già apparso a puntate, su “Letteratura”, nel 1946-47), dà alle stampe il suo primo capo d'opera, “Quer pasticciaccio brutto de via Merulana”. Adoperando l'ossatura del giallo, Gadda compone uno straordinario ritratto dell'urbe capitolina immersa nel clima di debilitazione morale e ferocia endogena instaurato da Mussolini, “Il Facciaferoce col pennacchio, il Testa di Morto in Feluca”: di assoluta originalità il linguaggio, che ibrida magistralmente vari dialetti con lemmi e termini della lingua colta, in un impasto d'efficacia e potenza ineguagliabile. Seguono i saggi, le divagazioni, le note a carattere autobiografico riunite ne “I viaggi la morte” (1958) e “Le meraviglie d'Italia” (1964), oltre a “I racconti. Accoppiamenti giudiziosi 1924-1958” (1963). Nello stesso anno, compare in volume “La cognizione del dolore”(della quale su “Letteratura”, tra il 1938 ed il 1941, si erano potuti leggere dei brani), che si aggiudica il premio internazionale Formentor e viene accolta da entusiastici giudizi della critica. Ambientata in un immaginario paese sudamericano che lascia vedere in filigrana la toponomastica brianzola, la trama verte sulla figura dell'hidalgo Don Gonzalo - trasparente proiezione dell'autore medesimo - e del suo tormentato rapporto con la madre, altalenante fra il disprezzo ed una dolente forma di affetto. Espresso con le consuete pirotecnie linguistiche, il nucleo dell'opera risiede nel distacco dalla falsità della società neocapitalistica, raffigurata nei vuoti riti dei “beati possidentes”, cui si contrappone la pena figliata dalla consapevolezza, quel “male oscuro di cui le storie e le leggi e le universe discipline delle gran cattedre persistono a dover ignorare la causa, i modi: e lo si porta dentro di sé per tutto il fulgurato scoscendere d'una vita, più greve ogni giorno, immedicato”. Tra i molti lavori minori successivi, spicca “Eros e Priapo” (1967), folgorante pamphlet sui miti del ventennio fascista. Nel 1973, all'età di ottant'anni, Carlo Emilio Gadda si spegne a Roma.
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